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Mario Botta alla conquista del mondo

Mario Botta continua a progettare e realizzare splendide opere con il piacere di un bambino Keystone

A sessant'anni appena compiuti, l'architetto ticinese è più attivo che mai. Da un concorso all'altro, allinea i progetti prestigiosi un po' ovunque nel mondo.

swissinfo lo ha incontrato al suo ritorno da Pechino, dove è stato incaricato di realizzare un nuovo museo d’arte.

Gli anni che passano sono stati generosi con Mario Botta, nato a Mendrisio il 1 aprile 1943. Giovanile, il viso tondo privo di rughe, i capelli folti anche se quasi del tutto bianchi, gli occhialetti rotondi dai quali non si separa mai.

Il suo entusiasmo e la sua frenesia contagiano la sua trentina di collaboratori. Il suo studio, nel palazzo rotondo di mattoni rossi costruito nel 1990 sulle sponde del fiume Cassarate, è un vero vespaio.

In Europa, America e Asia, diversi paesi si contendono l’architetto ticinese. Intensa la sua attività anche in Italia, pensiamo soltanto alla Scala di Milano, al centro di congressi di Pietrelcina, il paese natale di Padre Pio, o al vecchio porto di Trieste.

swissinfo: Dopo il Giappone, lei costruisce in Cina per la prima volta. Che impressione fa lavorare in quell’immenso paese?

Mario Botta: Effettivamente è la mia prima volta in Cina. L’anno scorso stavo effettuando un ciclo di conferenze quando sono stato avvicinato dai responsabili dell’Università Quinghua di Pechino, la più importante del paese.

Mi hanno proposto di partecipare ad un concorso per la realizzazione di un museo d’arte, nel campus dell’ateneo. Ho raccolto la sfida, ho vinto il concorso e ne sono felicissimo. Ciò che mi ha particolarmente colpito di Quinghua è la sua grande tradizione nelle discipline scientifiche.

Al museo – che sorgerà su un’area di 25’000 m2 e costerà circa 30 milioni di dollari – si affiancherà una scuola d’arte che sarà costruita da un gruppo di architetti americani.

E la Cina?

La Cina sta vivendo una grande euforia, una vera frenesia di costruire, di svilupparsi, di avvicinarsi a nuovi stili architettonici. Prendiamo l’esempio di Shangai, una città che sta esplodendo.

Questo paese ha le risorse numeriche e le speranze per riuscire la sua svolta. I Cinesi però si sentono sconvolti per via di quel loro grande passato, di quella loro memoria storica che potrebbero perdere se la loro trasformazione fosse troppo rapida. Devono imparare a lavorare in un mondo nuovo.

Dopo Pechino lei è stato a Shanghai, dove è stato presentato il primo libro in cinese sulla sua carriera. Com’è stato accolto?

Il libro mi è piaciuto molto anche se non lo potrò leggere visto che è interamente in cinese. E’ corredato da foto molto belle delle mie realizzazioni. E’ stato presentato ad un pubblico scelto, su invito, e mi pare che sia piaciuto…

Lei vince un concorso internazionale dopo l’altro e sta lavorando molto all’estero, specialmente in Italia in questi tempi. E in patria?

È vero lavoro molto in Italia. La rinnovazione del teatro alla Scala dovrebbe essere ultimata entro la fine del 2004, il progetto della ristrutturazione del vecchio porto di Trieste ha subito una battuta d’arresto e potrebbe addirittura essere sospeso, per il centro di Pietrelcina si va avanti…

Ho appena disegnato i piani di due chiese, una a Seriate vicino a Bergamo – la costruzione è appena iniziata – e una a Torino. Sto anche progettando una grande cantina vinicola a Suvereto in Toscana. Vi sarà prodotto un nuovo vino, il “Petra”.

Sempre in Italia, sto preparando una grande mostra che sarà aperta alla fine dell’anno a Padova. Ripercorrerà gli ultimi dieci anni del mio lavoro, compresi gli oggetti e mobili disegn.

Sto anche disegnando la pianta di un museo che verrà costruito a Charlotteville, nella Carolina del nord (Stati Uniti).

In Ticino, ho firmato i piani dell’autosilo lacustre di Morcote, in riva al lago di Lugano. Il progetto è dapprima stato ostacolato dagli ambientalisti ma la domanda di costruzione è appena stata inoltrata. Dovrà comunque intervenire anche la Confederazione poiché Morcote è iscritto nell’elenco dei siti protetti.

Alla fine del 2002, è stato aperto il ristorante di alta montagna
che ho progettato in cima alla stazione sciistica vodese di Les Diablerets per il progetto “Les Diablerets 3000.”

La copia in legno della chiesa San Carlino di Roma, che lei ha disegnato in occasione del 400esimo anniversario della nascita di Francesco Borromini, verrà smantellata. Cosa ne pensa?

È l’unica soluzione possibile. Interessava anche a un gruppo di imprenditori milanesi che voleva trasferirla a Milano, ma l’operazione sarebbe stata troppo costosa.

Il “San Carlino” era stato concepito per durare alcuni mesi, è rimasto al suo posto per quasi quattro anni…

Negli anni novanta, lei è stato molto impegnato a favore dei richiedenti l’asilo, tra l’altro accanto a Padre Cornelius Koch, deceduto nel 2001. Le è rimasto tempo per praticare la solidarietà?

È vero, man mano che passano gli anni, ho sempre meno tempo però ritengo che l’impegno sociale sia importante nella vita di un uomo. Faccio quanto posso, nella misura delle mie possibilità.

Alcuni anni fa, aveva detto in un’intervista che era importante vivere nel centro storico delle città per far sì che non si spopolino e perché l’uomo ha bisogno di vivere il rapporto con la storia, la memoria dei luoghi. Lo pensa sempre?

Lo ridirei nello stesso modo. Più passa il tempo e più mi convinco che l’architetto lavora sul territorio della memoria.

Dopo tanti anni di proficua carriera e tanti successi, sono venuti meno l’entusiasmo, la frenesia, la creatività dell’inizio, è subentrata una certa qual «routine»?

No, tutt’altro. Non trovo mai pace, non ho cali. Ad ogni nuovo progetto, torno ad essere bambino. Si riparte da zero ad ogni volta con la stessa frenesia…

Lei ha appena festeggiato i 60 anni. E’ nonno?

Premetto che 60 anni non si festeggiano, si sottaciono! Detto ciò no, purtroppo, non sono ancora nonno. I miei tre figli, una femmina e due maschi di 31, 28 e 26 anni, tutti e tre architetti che lavorano con me, non hanno fretta… Un giorno chissà…

swissinfo, intervista a cura di Gemma d’Urso, Lugano

Mario Botta è nato a Mendrisio il 1° aprile 1943.

Dopo le scuole elementari e medie in Ticino, ha frequentato il Liceo artistico a Milano e l’Istituto di architettura dell’Università di Venezia.

Ha sollevato l’interesse mondiale già con i primi edifici realizzati in Ticino negli anni ’70 e ’80 (case private, scuole, banche, biblioteche, ecc.).

Dagli anni ’90 ha firmato numerose opere in tutta la Svizzera e in diversi paesi di tutto il mondo, disegnando tra l’altro il Museo d’arte moderna di San Francisco, la Cattedrale di Evry in Francia, la Sinagoga e centro dell’eredità ebraica a Tel Aviv.

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