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Moda: lavoro a pessime condizioni in Europa est, rapporto ong

Le condizioni di lavoro nell'industria tessile nell'Est Europa sono pessime, denuncia un ong. KEYSTONE/GAETAN BALLY sda-ats

(Keystone-ATS) Un rapporto della Campagna Clean Clothes (CCC) mette in evidenza i salari da fame dell’industria tessile nell’Europa dell’est e sud-est.

Anche aziende svizzere, come ad esempio la Triumph, producono in Paesi quali l’Ucraina in pessime condizioni, denuncia oggi in un comunicato Public Eye (ex Dichiarazione di Berna).

Ciò che è emerso dall’analisi della catena di approvvigionamento delle grandi marche internazionali è allarmante, sottolinea l’organizzazione. Gli impiegati lavorano quotidianamente fino allo stremo per raggiungere gli obbiettivi di produzione. Nonostante le persone siano costrette ad accumulare molte ore supplementari, non guadagnano abbastanza.

Per farsi un’idea della situazione, la CCC ha intervistato oltre un centinaio di operai impiegati in fabbriche di abiti e scarpe fra Ungheria, Serbia e Ucraina. Molte aziende, viene evidenziato, sfruttano questi bassi salari e diverse marche utilizzano anche il “Made in Europe” come argomento di vendita, lasciando intendere che le condizioni di lavoro siano eque.

Nei Paesi presi in considerazione il salario mensile minimo legale è molto basso, fra 89 euro (circa 103 franchi) in Ucraina e 374 euro (circa 433 franchi) in Slovacchia. Per arrivare a uno stipendio che permetta di rispondere alle proprie necessità, i dipendenti dovrebbero però guadagnare cinque volte tanto. In pratica, in queste regioni il salario minimo è inferiore alla soglia di povertà.

Secondo Public Eye, nelle fabbriche ucraine che da anni riforniscono l’azienda di intimo svizzera Triumph, più della metà dei lavoratori interpellati deve accumulare numerose ore supplementari per cercare di arrivare al salario minimo legale. Molte delle sarte si sono inoltre lamentate del calore e dei prodotti chimici pericolosi.

Queste fabbriche, nelle quali vige un clima di paura con costanti minacce di licenziamento o delocalizzazione, riforniscono numerose aziende internazionali, come ad esempio Benetton, Esprit, GEOX, e Vero Moda, oltre alla già citata Triumph.

La CCC chiede a queste aziende di garantire che un salario dignitoso venga assicurato lungo tutta la catena di approvvigionamento e d’impegnarsi insieme ai propri fornitori affinché venga messa fine a questi “abusi inaccettabili”.

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