Note per Orelli
Le giornate letterarie di Soletta hanno offerto venerdì un tributo a Giorgio Orelli. All'opera del "toscano del Ticino" hanno rivolto un "omaggio verbale" il cugino Giovanni Orelli e la linguista Alice Vollenweider. Sono state presentate inoltre una miscellanea in onore del "lettore minuzioso" e una prima musicale per il "critico dall'orecchio finissimo".
"Salva la Dama asciutta.Viene il Matto./Gridano i giocatori di tarocchi./Dalle mani che pesano cade avido il Mondo,/ Scivola innocua la morte." Con le parole di "Sera a Bedretto", uno dei primi testi di Giorgio Orelli poeta, si è aperta la serata solettese in suo onore.
"Versi carichi di significato simbolico - ha detto Giovanni Orelli rivolgendosi al pubblico - che travalicano il loro semplice valore semantico". Partendo da una realtà minuta del luogo d'origine, come la partita a carte, si crea, nella successione delle parole calcolata con acribia, una dimensione umana universale.
Nella ormai lunga carriera di Giorgio Orelli il riconoscimento è arrivato da subito. Già la sua prima raccolta di poesie del 1944, intitolata "Né bianco né viola", raccolse il riconoscimento della critica italiana. Già perché la sua poesia non è locale o lombarda.
"Toscano del Ticino" lo chiamava il suo maestro e primo estimatore all'Università di Friburgo, Gianfranco Contini. Quasi ad indicare, hanno sottolineato più volte i relatori della serata, quell'indipendenza formale e tematica della sua poesia. Orelli è saldamente noto in Italia come uno tra gli autori più attenti di poesia contemporanea e da poco, anche grazie ad alcune traduzioni, la sua poesia ha valicato le Alpi.
Adesso arriva il suo ottantesimo compleanno. Un'occasione di bilancio, forse, anche se l'interessato non sembra aver esaurito le sue risorse. Ma a Soletta è stata offerta soprattutto una festa a cui far accedere anche le altre culture linguistiche del paese che meno conoscono l'opera del leventinese.
In questo gioco di scambi è stato affidato a Hans Ulrich Lehmann, uno dei più noti musicisti svizzeri, il compito di musicare alcuni testi dell'Orelli. Un'interpretazione fedele ad un'estetica della musica classica contemporanea, in cui i testi, tratti da "Partita di ritorno" e interpretati da un baritono, si trovano incastonati in un tessuto fonico per violoncello e clarinetto basso.
A Soletta è stata presentata inoltre la miscellanea a lui dedicata per gli ottant'anni. Una raccolta eclettica, ma organica nella sua aderenza alla personalità di Orelli. "Il volume raccoglie poesia e critica: ci sono giovani poeti e vecchi maestri della critica letteraria, e tutti sono, in qualche modo, legati a Orelli, sia perché svizzeri, sia perché critici delle lettere o perché traduttori".
Le quattro sezioni del volume sono dedicate ad altrettante sfaccettature dell'opera del festeggiato: la poesia, la traduzione, le prose e i contributi critici. Una miscellanea offre spazio ad un trentina di personaggi di rilievo che hanno risposto all'invito.
"Sono i suoi amici - sottolinea Pietro De Marchi, curatore dell'opera insieme a Polo Di Stefano - compagni di esperienza e di percorso". E fra questi sono molti i nomi eccellenti del mondo della letteratura del sud delle Alpi. Primi fra tutti Maria Corti e Cesare Segre. Fra i poeti brillano i contributi lirici originali di Luciano Erba e Mario Luzi, Alberto Nessi e Andrea Zanzotto.
Alice Vollenweider, italianista intervenuta ai festeggiamenti, segnala nella lirica dell'Orelli una grande propensione alla realtà ticinese: "Il poeta è osservatore preciso, attento al dettagli. Non parla di uccelli, ma di "ghiandaie", non si occupa di funghi, ma di "vesciche di lupo"; anche la neve, il camion dell'immondizia, o il delicato movimento delle orecchie delle mucche non esulano dalla sua percezione. E contemporaneamente la sua precisione è straniamento verso le cose che risultano inafferrabili e enigmatiche".
Tutti attestano al grande vecchio dalla memoria inossidabile, la capacità di pindarici collegamenti in un fondo di conoscenze impressionante che solca la letteratura italiana, come quella latina, tedesca o francese. Eppure Orelli non ha mai lasciato la sua terra natale, il Ticino.
Difendendosi dalle bonarie accuse di essere troppo attaccato alla sua terra, Giorgio Orelli risponde candidamente con tono montagnone: "Vivo mica male a Bellinzona". Probabilmente ha scelto il viaggio verso la poesia - e con successo - per rimanere a casa, tra le sue montagne.
Daniele Papacella

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