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Nuove sfide per il Museo della Quinta Svizzera

L'entrata del Museo al Castello di Penthes. SP

Passaggio di testimone presso la Fondazione per la storia degli svizzeri nel mondo ed il suo Museo: un ex ambasciatore ed uno storico ne assumono la guida.

Bénédict de Tscharner e Anselm Zurfluh vogliono portare nuovi visitatori al Castello di Penthes.

L’ex direttore, Jean-René Bory se ne va. Il « Museo degli svizzeri nel mondo » gli deve tantissimo: praticamente un mezzo secolo di passione.

Ma quando il diretto interessato ne parla, non fa che citare Gonzague de Reynold, lo storico friborghese con il quale aveva iniziato l’avventura.

Se saranno rispettati “i suoi caratteri permanenti”, dice Bory, il Museo resterà un luogo importante per integrare nel loro contesto gli interrogativi attuali sul posto della Svizzera nel mondo.

Il suo successore alla testa della Fondazione per la storia degli svizzeri nel mondo”, Bénédict de Tschaner, ex-ambasciatore a Parigi, oggi pensionato, sa che dovrà ispirarsi allo spirito pionieristico dei suoi predecessori e preservare le collezioni di cui eredita la responsabilità.

Lo stesso discorso vale per Anselm Zurfluh, nuovo direttore del Museo. Il suo credo si riassume in poche parole: “Il castello di Penthes è un luogo della memoria ed un laboratorio del sapere”.

La pedagogia dei destini individuali

Bénédict de Tscharner ha dei progetti. Ma la loro realizzazione non dipende solo da lui. Per portarli a buon fine, dovrà bussare a diverse porte generose: “Ogni centesimo sarà importante”. Delle condizioni sine qua non per l’ampliamento ed il rinnovo.

Ampliamento della tematica innanzi tutto. Ad esempio, l’ex diplomatico specializzato in questioni economiche, vedrebbe di buon occhio degli spazi dedicati all’epopea degli imprenditori svizzeri partiti alla conquista di mercato stranieri.

All’interno del Castello, de Tscharner desidererebbe inoltre creare una “specie di galleria virtuale” dove artisti svizzeri che hanno mantenuto pochi legami con il paese natale possano farsi meglio conoscere dai loro compatrioti.

Il “fil rouge” della nuova galleria potrebbe riguardare degli aneddoti riguardanti i diversi personaggi, incitando quindi a meglio conoscerne gli itinerari gloriosi o tragici.

“Attraverso i destini personali, ci si avvicina alla storia in un altro modo”, rileva Bénédict de Tscharner.

Un passato che si coniuga al presente

Anselm Zurfluh sembra invece voler cancellare un mito. Quello degli svizzeri emigrati per necessità.

“Non era la povertà a farli emigrare, ma la ricerca di qualcosa di nuovo”, dice il responsabile. Un bel tema su cui riflettere proprio mentre si accende il dibattito sulla nuova legge sull’asilo!

Zurfluh pensa anche ad uno dei suoi compatrioti urani del XVII secolo, una specie di “Richelieu svizzero”, che si era battuto fino alla morte per impedire un’alleanza confederata con la Francia.

Precisazione importante dello storico: “All’epoca, gli argomenti erano già quelli che sentiamo ancor oggi contro l’adesione della Svizzera all’ONU o all’UE”.

Anselm Zurfluh cita questo esempio per dimostrare che il Museo di Penthes offre anche un ampio potenziale di ricerca a tutti gli universitari in carenza di temi.

Bernard Weissbrodt, swissinfo

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