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Nuove tensioni fra Svizzera e Turchia

Su questo cartellone sono affissi i visi di 90 sopravvissuti al genocidio armeno. Keystone Archive

L’inchiesta avviata dalla magistratura di Winterthur contro un noto storico turco per negazione del genocidio armeno provoca l’irritazione di Ankara.

In passato, la stessa questione aveva già provocato tensioni fra i due Paesi. Nel 2003, infatti, la Turchia aveva criticato la decisione del Consiglio nazionale di riconoscere il genocidio.

Il periodo di «idillio» fra Svizzera e Turchia è durato poco. A riaccendere le tensioni è ancora una volta la questione armena, in merito alla quale i due Paesi hanno opinioni divergenti.

Il «casus belli» in questo caso è un’inchiesta preliminare avviata dalla magistratura di Winterthur – nel Canton Zurigo – contro lo storico Yusuf Halacoglu per presunta negazione del genocidio armeno.

Irritato, il ministero degli esteri turco ha convocato l’ambasciatore svizzero, mentre l’ambasciatore turco a Berna ha protestato presso il Consiglio federale.

Le assicurazioni elvetiche sembrano però aver calmato le acque.

Opinioni divergenti

I primi dissapori diplomatici fra Berna e Ankara erano nati nel 2003, quando la Camera bassa del Parlamento svizzero aveva riconosciuto il genocidio armeno. A livello cantonale, anche Ginevra e il Canton Vaud hanno riconosciuto il genocidio. Decisioni che il governo turco aveva giudicato «inadeguate».

Durante il viaggio ufficiale che la consigliera federale Micheline Calmy-Rey ha effettuato lo scorso mese di marzo in Turchia, le tensioni si erano però allentate. Pur rimanendo fermi sulle loro posizioni divergenti, la ministra degli esteri elvetica e il suo omologo turco Abdullah Gül erano riusciti a trovare un accordo sulla necessità di affrontare una ricerca storica per appurare cosa sia realmente accaduto fra il 1915 e il 1918.

Ma la decisione del Procuratore di Winterthur, Adrej Gnehm, di avviare un’indagine in seguito a una relazione tenuta da Halacoglu il 2 maggio 2004 nella vecchia caserma cittadina davanti a un’associazione turca, ha fatto rinascere le tensioni fra i due Paesi.

Durante il suo pubblico intervento, lo storico turco avrebbe nuovamente negato il genocidio armeno.

Discriminazione razziale o libertà d’opinione?

Halacoglu è uno dei più illustri difensori delle tesi turche sui fatti accaduti fra il 1915 e il 1918. A lui il governo di Ankara ha recentemente fatto capo nell’ambito di un dibattito parlamentare sulla questione.

Secondo lo storico non c’è stato genocidio degli armeni, ma soltanto deportazioni, che a loro volta sono state una reazione delle autorità alla ribellione di questo popolo durante la Prima guerra mondiale.

Causa principale di morte fra gli armeni, a suo avviso, sarebbe stata la precaria situazione dei rifornimenti durante il conflitto. Lo storico sostiene d’altro canto che ci furono anche molti musulmani uccisi da armeni (di religione cristiana).

Il procuratore zurighese ha ricordato che disconoscere, minimizzare o giustificare un genocidio è un reato che il codice penale svizzero prevede di perseguire d’ufficio, ragione per cui ha dovuto promuovere un’indagine.

Dopo aver chiesto informazioni su Halacoglu, Gnehm vorrebbe interrogarlo, direttamente o per iscritto, in modo che possa prendere posizione. Solo in seguito deciderà se formalizzare il procedimento per discriminazione razziale o archiviare il caso.

Numerose proteste

L’ambasciata svizzera ad Ankara ha smentito le notizie apparse sulla stampa turca secondo cui la magistratura elvetica avrebbe spiccato un mandato di cattura internazionale contro Halacoglu.

Secondo la missione diplomatica, la procura della Svizzera tedesca ha semplicemente chiesto via Interpol maggiori informazioni sullo storico. L’informazione è stata poi confermata a Berna da Folco Galli, portavoce dell’Ufficio federale di giustizia.

Il ministro degli esteri turco Abdullah Gül, come pure storici e personalità di spicco della comunità armena in Turchia, hanno manifestato via stampa la loro disapprovazione.

«Protestiamo. Le autorità elvetiche stanno facendo un grave errore», ha detto il ministro degli esteri turco al quotidiano «Hürriyet», accusando la Svizzera di violare, con questo mancato rispetto dalla libertà di opinione, i valori fondamentali europei.

Anche il noto giornalista turco-armeno Hrant Dink ha deplorato l’azione giudiziaria elvetica. Lo stesso hanno fatto altri giornalisti e storici che si sono occupati dei massacri commessi dai turchi contro gli armeni durante la Prima guerra mondiale.

Turchia rassicurata

Già la scorsa settimana, il ministero degli esteri turco ha indicato di aver convocato l’ambasciatore elvetico Walter Gyger mentre l’omologo turco è intervenuto a Berna presso il governo svizzero.

«Le autorità elvetiche si sono mostrate pienamente disposte a cooperare», ha detto un portavoce del ministero ad Ankara.

«Il governo turco – ha aggiunto il portavoce – si è tranquillizzato dopo le spiegazioni svizzere sulla semplice inchiesta preliminare e sull’assenza di un mandato di cattura internazionale contro Halacoglu, di modo che lo studioso, presidente della Società turca di storia, rimane libero di viaggiare all’estero».

In conclusione, il portavoce turco ha sottolineato che sugli sviluppi del caso e per «risolvere il problema» è stata decisa una stretta cooperazione tra i due Stati.

swissinfo e agenzie

In Svizzera vivono ca. 80’000 cittadini turchi e ca. 6000 persone di origine armena.
Nel 2003, la Camera bassa del parlamento svizzero ha riconosciuto il genocidio degli armeni da parte della Turchia.
A livello cantonale, Ginevra e Vaud hanno compiuto lo stesso passo.

Nel 2004, le esportazioni svizzere verso la Turchia hanno raggiunto 1,9 miliardi di franchi (17% in più rispetto al 2002.

Alla fine del 2003, gli investimenti elvetici in Turchia raggiungevano 1,1 miliardi di franchi (84 milioni in più rispetto al 2002).

La Svizzera si situa così al 6° posto fra i Paesi investitori in Turchia.

Tra la metà del 2003 e la metà del 2004, si sono installate in Turchia 42 società elvetiche. Tra queste: Novartis, Nestlé, ABB, Ciba, Roche, Givaudan e Syngenta. In totale, queste società occupano 9000 persone.

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