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Officine FFS: il mediatore può attendere

Moritz Leuenberger ha ribadito che non è ancora giunto il momento per un intervento della Confederazione Keystone

Dopo il fallimento dei negoziati tra maestranze in sciopero e vertici dell'azienda, il ministro dei trasporti Moritz Leuenberger ha deciso lunedì di non nominare per ora un mediatore.

Il consigliere federale ha esortato i dipendenti delle officine delle ferrovie di Bellinzona a mettere fine all’agitazione e ha chiesto al consiglio d’amministrazione delle FFS di rivedere le sue decisioni.

“Comprendo le reazioni della popolazione ticinese e constato il fallimento della mia proposta per una tavola rotonda”, ha dichiarato martedì Moritz Leuenberger. La nomina di un mediatore per risolvere il conflitto che si protrae da ormai più di due settimane non è quindi più all’ordine del giorno.

Il ministro dei trasporti non ha nascosto di aver preso dei contatti, pur non facendo nomi (erano stati avanzati quelli di Marco Solari, presidente di Ticino Turismo, e di Franz Steinegger, ex presidente del Partito liberale radicale).

Per avere una mediazione occorre che le due parti la accettino, ma ciò “non sembra essere il caso”, ha affermato il consigliere federale.

Riesaminare la situazione

Moritz Leuenberger ha pure esortato il consiglio d’amministrazione delle Ferrovie federali svizzere a rivedere i suoi piani. Per il ministro dei trasporti si tratta ora di riesaminare la situazione alla luce delle nuove cifre presentate da ticinesi e grigionesi.

“Non bisogna escludere a priori delle soluzioni migliori”, ha sottolineato, aggiungendo che il fallimento dei negoziati non significa che l’ex regia federale possa procedere ora alle delocalizzazioni e alle soppressioni di impieghi previste.

Leuenberger ha pure lanciato un appello agli scioperanti, affinché pongano fine all’agitazione. Il ministro socialista ha sottolineato che l’azione costituisce una violazione del contratto collettivo di lavoro e ha avvertito che eventuali blocchi dei binari – come minacciato dalla Lega – non rimarranno senza seguito.

Il comitato di sciopero delle Officine di Bellinzona ha dal canto suo preso atto con soddisfazione dell’invito rivolto da Leuenberger ai vertici delle FFS affinché rivedano le loro decisioni. “Se il consiglio d’amministrazione delle FFS deciderà in tal senso – si legge in una nota – si apriranno evidentemente nuovi spazi di manovra per una ripresa delle trattative”.

Lo sciopero continua

Lunedì sera, i rappresentanti dei dipendenti delle Officine FFS di Bellinzona e la direzione delle FFS non sono riusciti a trovare un accordo. L’azienda ha poi comunicato di aver interrotto le trattative, rimproverando ai sindacati di essersi ostinati a chiedere alle FFS garanzie sul mantenimento della manutenzione delle locomotive a Bellinzona e l’annullamento delle soppressioni degli impieghi.

Le Ferrovie federali avrebbero accettato di partecipare a negoziati nel quadro di una tavola rotonda. Venerdì, le FFS avevano proposto alle parti un bozza di risoluzione che avrebbe permesso la sua convocazione. L’ex regia afferma di essere pronta a riprendere i negoziati se le condizioni poste dal Consiglio federale saranno soddisfatte.

Dal canto suo, il coordinatore del sindacato UNIA Saverio Lurati ha affermato di essersi trovato di fronte a una “chiusura completa” da parte delle Ferrovie federali. Il sindacalista ha detto di attendersi che il dibattito riprenda all’interno del consiglio d’amministrazione delle FFS, in modo da poter ragionare su proposte concrete. In queste condizioni, ha concluso Lurati, lo sciopero continua.

Manutenzione

Intanto, le FFS stanno valutando alternative in Svizzera e all’estero per i lavori di manutenzione che normalmente vengono svolti alle officine di Bellinzona, nonché per i pezzi di ricambio. Lo ha indicato il portavoce Jean-Louis Scherz, che non ha però voluto essere più preciso riguardo alle località che potrebbero essere interessate. Vi sono però aziende private pronte a subentrare, ha aggiunto.

Secondo il caporedattore della “Schweizer Eisenbahn-Revue”, Walter von Andrian, queste imprese potrebbero essere, in Svizzera, le officine BLS di Spiez (Berna) e la Stadler Winterthur. Anche all’estero non è difficile trovare alternative, ha affermato.

Stando alle FFS lo sciopero di Bellinzona non pone perciò alcun problema: vi sono sufficienti locomotive in circolazione per trasportare le merci, ha detto Scherz. Nel corso di un anno a Bellinzona vengono sottoposte a revisione 90 locomotori: “finora solo una piccola quantità di essi non ha potuto essere trattata per via dell’agitazione”, ha aggiunto Scherz.

Sempre secondo Scherz le FFS temono di più l’impatto dello sciopero sulla manutenzione dei vagoni di proprietà di società private. “Speriamo di non perdere questi clienti, ma la nostra priorità rimane quella di portare gli scioperanti a sedersi al tavolo delle trattative”.

swissinfo e agenzie

Il 7 marzo il responsabile delle FFS Andreas Meyer ha presentato un vasto programma di ristrutturazione per FFS Cargo, per riportare l’azienda nelle cifre nere. La società, che fa parte del gruppo FFS, impiega 4’435 persone in Svizzera e nel 2007 ha registrato perdite per 190 milioni di franchi.

Complessivamente, il piano prevede la soppressione di 401 impieghi. La manutenzione delle locomotive dovrebbe essere progressivamente concentrata a Yverdon (Vaud). La manutenzione dei vagoni merce dovrebbe invece essere affidata ad un partenariato tra FFS Cargo e il settore privato.

Le FFS vogliono poi concentrare a Basilea il centro d’informazione ai clienti e i servizi per le ordinazioni e gli appalti. I piani prevedono pure la soppressione del centro di servizio alla clientela di Friburgo e la sua integrazione nella centrale di FFS Cargo.

All’annuncio di questa ristrutturazione, gli operai delle Officine FFS di Bellinzona hanno indetto uno sciopero ad oltranza. A Friburgo le azioni di protesta sono state sporadiche.

Prima di Pasqua, la vicenda è approdata anche in parlamento. Il Controllo federale delle finanze condurrà un’indagine sulle cause delle perdite di FFS Cargo negli ultimi anni.

Lo stesso giorno del dibattito parlamentare, il 19 marzo, circa 5’000 persone hanno manifestato a Berna contro la ristrutturazione.

Durante il fine settimana pasquale le parti si sono incontrate più volte, senza però raggiungere un’intesa.

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