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Quanto c’è di vero e di falso negli stereotipi sulla Svizzera

Perché si suppone che le mamme svizzere restino a casa?

A woman and two young children sit on the waterfront of Lake Zurich
La maggior parte delle donne con figli in Svizzera lavora a tempo parziale. Sono a tutti gli effetti casalinghe per una parte della settimana lavorativa. Keystone / Walter Bieri

Un lettore ha chiesto se è vero che le donne svizzere, una volta diventate mamme, tendono a restare a casa. Anche se i dati mostrano chiaramente che non è più il caso, è anche vero che le donne si fanno carico della maggior parte dei lavori domestici e della cura dei bambini e all'arrivo di un figlio sono più propense a rinunciare alla loro carriera professionale.

Negli ultimi 30 anni le cose sono molto cambiate. Se nel 1991 circa il 40% delle madri non aveva un lavoro retribuito, oggi solo una piccola percentuale di donne con figli – circa una su cinque – sono mamme a tempo pieno. È una fotografia dell’Ufficio federale di statistica. 

Sempre lo stesso Ufficio federale riferisce che la maggior parte delle donne, specialmente quelle con un’istruzione post-obbligatoria, ritorna al lavoro entro anno dal parto.

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Detto questo, la maggior parte delle madri lavoratrici in Svizzera sono impiegate a tempo parziale (vedi infografica seguente), mentre la media dell’Unione europea è di circa il 37%.Collegamento esterno

In effetti, la soluzione più comune per le coppie svizzereCollegamento esterno con figli ricorda in modo impressionante il modello tradizionale di famiglia in auge decenni fa, con il padre che lavora e la madre che rimane a casa. Anche se non è più l’unico “procacciatore di cibo”, il padre tende ancora a lavorare a tempo pieno, mentre la madre lavora a tempo parziale. Al contrario, pochi papà (11%) hanno un lavoro part-time, mentre nella maggior parte delle coppie senza figli, entrambi i partner lavorano a tempo pieno.

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I dati, in altre parole, rivelano una sorta di paradosso: in una società progressista, le donne sono delle lavoratrici, ma anche mamme e casalinghe a tempo parziale e dunque queste donne si accollano pure la responsabilità principaleCollegamento esterno per i lavori domestici e la cura dei bambini. In un’intervista con la ricercatrice capo di un’analisi globaleCollegamento esterno della vita familiare in Svizzera, una giornalista è stata costretta a chiedersi: “Sembra una scena degli anni Cinquanta… La mamma svizzera deve ancora stare dietro i fornelli? La risposta della ricercatrice dell’Università di Ginevra, Clémentine Rossier, è chiara: “Ad ogni modo, la donna è molto meno emancipata di quanto ci piacerebbe credere”.

Lavoratrici a tempo parziale, madri casalinghe a tempo parziale

Per gli svizzeri come per gli stranieri, l’associazione di Svizzera e famiglia tradizionale rimane un cliché difficile da superare. Più di un terzo degli uomini e circa un quarto delle donne ritiene che un bambino soffraCollegamento esterno quando la madre lavora fuori casa, come dimostrano i dati dell’Ufficio federale di statistica. 

Tale pensiero può essere uno shock per gli espatriati, che negli ultimi anni hanno valutato negativamente la Svizzera per quanto riguarda l’equilibrio tra lavoro e vita privata. Un padre zurighese ha scritto per swissinfo.ch che “la stragrande maggioranza delle persone è molto sorpresa nel sentire che io rimango a casa ed è ancor più sorpresa quando scopre che mia moglie lavora a tempo pieno”.

Le ragioni per cui madri e padri in Svizzera continuano a seguire il modello tradizionale legato ai ruoli di genere possono essere ricondotte all’approccio storicamente liberale e non interventista della politica familiare, in base alla quale lo Stato lascia rigorosamente alla sfera privata la cura dei bambini. 

“Le strutture sociali ed economiche, nate quando il cosiddetto ‘modello del capofamiglia maschile’ era alla base della vita familiare e lavorativa, sono ancora fortemente presenti nella nostra società e continuano a veicolare l’idea che avere o volere un figlio, resta una questione privata”. Così racconta Francesco Giudici dell’Ufficio di statistica del Canton Ticino.

Gli effetti di questo approccio si fanno sentire sul posto di lavoro e nella società in senso lato, aggiunge Giudici. Ad esempio, il fatto che l’attuale legislazione preveda un congedo maternità di 14 settimane ma un solo giorno per i padri incoraggia sin dall’inizio una distribuzione non equa della cura dei figli all’interno della coppia, scriveva Giudici in un’analisi del 2017Collegamento esterno sulla situazione delle madri lavoratrici.

In settembre il Parlamento ha approvato un congedo paternità di due settimane. Non è ancora sicuro che verrà introdotto, dato che un comitato interpartitico ha lanciato la settimana scorsa un referendum. Francesco Giudici ritiene che questo cambiamento non muterà il modo in cui uomini e donne si dividono il lavoro e le responsabilità familiari.

“Anche se fosse introdotto un congedo parentale paritario – afferma Giudici – ci sono altri fattori che potrebbero continuare a favorire norme e pratiche tradizionali nella divisione del lavoro tra madri e padri”.

Uno di questi fattori è la tassazione progressiva delle coppie sposate, sottolinea Giudici, che di fatto scoraggia entrambi i partner dal lavorare a tempo pieno, perché avere un reddito combinato più alto significa pagare più tasse.    

E considerato che spesso le donne guadagnano meno degli uomini, sono proprio le donne che solitamente riducono il tempo di lavoro o smettono del tutto di lavorare. 

Una realtà prestabilita

Secondo l’ultimo sondaggio sulle famiglieCollegamento esterno in Svizzera, circa il 70 per cento delle giovani donne teme che avere un figlio abbia conseguenze negative sulle loro prospettive di carriera. La ricercatrice Clémentine Rossier ritiene che il sistema modella le aspettative delle donne sull’equilibrio tra lavoro e vita familiare. 

“Le donne scelgono professioni ‘femminili’ e percorsi di carriera meno retribuiti che sono più facili da riprendere [dopo aver avuto figli]”, dice ancora la professoressa dell’Università di Ginevra a swissinfo.ch. “Poi, quando si pone la domanda chi dovrebbe passare del tempo con i bambini, la risposta è sempre la stessa, la donna, perché guadagna meno ed è abituata a questo tipo di scelte”.

Un altro risultato dell’approccio liberale alla politica familiare è la mancanza di strutture dedicate alla cura dei bambini (vedi asilo nido), e avviarne dei nuovi è un’operazione decisamente costosa.

“La gran parte della popolazione è ancora contraria a che i bambini piccoli vengano accuditi al di fuori della famiglia”, racconta Clémentine Rossier, anche se il giudizio diventa tendenzialmente positivo una volta che l’accudimento esterno dei bimbi è ben consolidato e di alta qualità. Questo è il caso in particolare nelle città e nella Svizzera romanda, continua la professoressa di demografia.

In Svizzera, il 30% dei bambini al di sotto dei tre anniCollegamento esterno frequenta un qualche tipo di struttura per la cura dei bimbi. Un dato che è appena al di sotto della media Ue del 34%, ma ben al di sotto di paesi come la Danimarca (70%) e la Svezia (57%). Molte famiglie con bambini al di sotto dei 13 anni (42%), per l’assistenza dei loro figli si affidano invece al loro entourageCollegamento esterno, come i nonni.

L’età dei figli che restano a casa ha anche un impatto significativo sulla partecipazione delle madri al mondo del lavoro. Quelle con bambini in età prescolare hanno un po’ meno probabilità di essere professionalmente attive: circa tre quarti delle madri con un bambino di età inferiore ai quattro anni lavora, rispetto all’85% delle madri di adolescenti. 

Le madri di bambini piccoli lavorano anche meno ore (spesso meno del 50% della settimana lavorativaCollegamento esterno) rispetto alle donne con figli più grandi.

Altri sviluppi

La ricerca di Francesco Giudici ha rivelato che più figli ha una donna, meno sono le probabilità che sia attiva professionalmente. Il costo della cura dei bimbi, che aumenta ad ogni figlio, è probabilmente uno dei fattori disincentivanti.

Anche quando i bambini diventano più grandi, i genitori che lavorano devono comunque trovare soluzioni per la cura dei figli, perché la giornata scolastica è più breve di quella lavorativa e molti comuni non offrono mense scolastiche o doposcuola, aggiunge Giudici.

Un equilibrio sfuggente

Date queste strutture sociali e politiche, non c’è da stupirsi che trovare un giusto equilibrio tra responsabilità professionali e responsabilità familiari sia difficile per entrambi i genitori, riconoscono Rossier e Giudici.

La conciliazione tra lavoro e vita familiare in Svizzera è così difficile nella pratica, sottolinea Clémentine Rossier, che le uniche donne che tendono a lavorare a tempo pieno sono quelle che sono costrette a farlo a causa del basso reddito familiare. Le madri sole, ad esempio, hanno un tasso lavorativo più elevato rispetto alle madri con un partner, e sono anche meno propense a lavorare a tempo parziale (vedi infografica sopra). 

A differenza di Francesco Giudici, Clémentine Rossier vede qualche speranza nel previsto nuovo congedo paternità. Quei primi giorni sono cruciali per il futuro, aggiunge Rossier, e un congedo più generoso permettere a entrambi i genitori di familiarizzare con i loro neonati e “condividere equamente i nuovi compiti”.

“Altrimenti, i padri non acquisiranno mai familiarità con il piccolo – spiega Rossier – mentre le madri, per contro, diventeranno sempre più delle super esperte”.

E questo – aggiunge – è un modello che può persistere anche quando il bambino diventa grande.


Questo articolo è parte di una serie di verifiche fattuali suggerite dalle nostre lettrici e dai nostri lettori. Potete ricuperare i contributi passati nelle storie correlate più in basso. 

(tradotto dall’inglese da Riccardo Franciolli)

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