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Ombre cinesi sul palcoscenico del mondo

"Occidente verso la Cina": un'esposizione alla Biblioteca cantonale di Lugano swissinfo.ch

Se questa forma d'arte di antichissime tradizioni è stata esportata in tutto il mondo senza timori, oggi la Cina fa paura per la sua forza, per le sue zone d'ombra e per le sue contraddizioni. Una mostra a Lugano fa luce sulla storia.

Alla fine uno sguardo critico, anche se molto aperto, si è posato sull’orizzonte cinese. È quello di Giuseppe Richeri, decano della Facoltà di Scienze della comunicazione dell’Università della Svizzera italiana (USI) e direttore dell’Osservatorio sui media e le comunicazioni in Cina.

“Non bisogna demonizzare la Cina, anzi. Occorre imparare a conoscerla senza pregiudizi attraverso dialogo, collaborazione e relazioni in diversi settori. Dobbiamo tuttavia avere uno sguardo critico – sottolinea Richeri – non solo su quanto accade all’interno del paese, ma anche sulle sue strategie internazionali, come in Africa e in Afghanistan”.

Una riflessione che chiude la presentazione della mostra “Occidente verso la Cina” allestita presso la Biblioteca cantonale di Lugano e aperta al pubblico fino al 25 maggio. Perché mai iniziare dalla fine? Perché al momento dell’inaugurazione dell’esposizione era impossibile ignorare il ritratto a tinte fosche della Cina, dalla cruenta repressione in Tibet, all’arresto di attivisti dei diritti umani.

Un paese complesso tutto da decifrare

Alla luce degli eventi e delle notizie che entrano prepotentemente nelle nostre vite, la mostra sulla Cina va, in un certo senso, controcorrente. Ma quello che deve interessare – sottolineano gli organizzatori – è soprattutto l’obiettivo: offrire strumenti conoscitivi per decifrare un paese complesso, erede di una cultura antichissima e ricchissima.

“Lo sappiamo bene – afferma il direttore della Biblioteca cantonale di Lugano Gerardo Rigozzi – che in questo momento la Cina ci ricorda il Tibet, l’inquinamento, la Sars. Sappiamo bene che è un paese complesso, alle prese con grandi contraddizioni. Ma questa mostra offre l’occasione per confrontarci con questa realtà in modo intelligente, con curiosità e apertura”. E aggiunge: “Il paese che negli anni del ’68 era considerato un punto di riferimento, oggi viene ritenuto il luogo di ogni nefandezza”.

Le immagini e gli interrogativi che suscita questo paese sono, probabilmente, lo specchio di molti timori: è forse un drago rosso pronto a fagocitare l’Occidente? o forse un eldorado orientale da conquistare? Oppure, come suggerisce Rigozzi, “un magma capital-comunista privo di diritti umani e pronto a far esplodere i consumi energetici ed alimentari”?

Forse nella Cina di oggi si può trovare un po’ di tutto questo e sicuramente nella Cina di oggi ci sono molte questioni non risolte. “Ma è solo attraverso il dialogo interculturale – evidenzia Riccardo Scartezzini, professore ordinario di Sociologia delle relazioni internazionali all’Università di Trento – che si tessono relazioni costruttive”. Ci vogliono insomma solidi ponti di bambù per favorire la contaminazione culturale, intesa in senso positivo, fra i due mondi.

Il punto di vista dell’altro

Non è facile rovesciare il proprio punto di vista, quando la concorrenza rappresentata dalla Cina fa tremare i mercati, generando crepe nel mondo del lavoro con la sua manodopera a basso costo. Ma accanto alle cifre della conquista economica cinese – che ha un prezzo altissimo anche per migliaia di lavoratori e lavoratrici cinesi – ci sono anche donne e uomini.

“Per gettare le basi del dialogo – osserva Giuseppina Marchionne, professore di lingua e cultura cinese all’Università cattolica di Milano – occorre fornire anche le coordinate culturali e più sentitamente umane, che spesso mancano nel momento dell’incontro. Le coordinate che ci servono per costruire ponti, ponti di bambù, appunto, sospesi, flessibili ma durevoli nel tempo”. E ricorda Confucio: “Amico che viene da lontano, è fonte di allegria”.

Le differenze tra i due mondi hanno comunque un peso non indifferente: la Cina esercita un controllo ferreo sulle libertà fondamentali dei cittadini che contrasta con le democrazie occidentali. “Ma l’Occidente farebbe bene a non scordare – suggerisce il corrispondente in Estremo Oriente della NZZ, Urs Schoettli – la sua devastante presenza in Cina nel XIX e XX secolo. Su una civilizzazione ferita, oggi in piena espansione, pesa anche il carico della storia”.

Pechino-Berna-Lugano

Non contrastano, ma sorprendono, le relazioni tra l’Impero Celeste e una piccola porzione di cielo come Svizzera e Ticino. Berna fu tra le prime capitali a riconoscere formalmente la Cina popolare. E il primo trattato di amicizia tra i due paesi, risale addirittura al 1918. Ecco dunque spiegati decenni di buone relazioni con Pechino, che ancora continuano.

Che dire del Ticino e, soprattutto, di Lugano, che da alcuni anni ha sviluppato un’intensa rete di contatti sulla base di progetti e obiettivi ben definiti, anticipando molte altre città. Stesso dinamismo all’Università della Svizzera italiana, sede dell’Osservatorio sui media e le comunicazioni in Cina, e alla SUPSI (Scuola Universitaria professionale della Svizzera italiana), che con l’Università cinese di Dongguan creerà un master sulle tecniche di produzione e di precisione.

All’ingresso della Biblioteca cantonale di Lugano, il pubblico congiungerà inevitabilmente i propri passi con le effigi di Confucio e Guglielmo Tell, stampate sull’asfalto. E seguirà probabilmente le tracce di mucche e draghi bianchi in miniatura (questa la veste grafica della mostra), uniti in una spirale come simbolo di dialogo e relazioni sospese tra passato, presente e futuro.

swissinfo, Françoise Gehring, Lugano

Nella prima sezione della mostra, quella storica, viene proposta una ricca scelta di libri e documenti cinesi di epoca compresa tra il 1600 e il 1800 (proprietà della Biblioteca nazionale Braidense di Milano) e una selezione di materiali della Collezione Nessi di Massagno, tra cui soprattutto stampe.

Nella seconda sezione, l’obbiettivo si sposta sulla Svizzera e sulle sue relazioni con il Paese asiatico, dal punto di vista diplomatico, economico, culturale, missionario. Sono esposti documenti dell’Archivio Federale di Berna, dell’Archivio della Novartis di Basilea e dell’Archivio delle Missioni Betlemme di Immensee.

Nella terza sezione riflettori puntati sulle potenzialità racchiuse nell’avventura cinese per il Ticino contemporaneo, presentando esperienze in atto: le relazioni intavolate dalla Città di Lugano con diverse province cinesi, i master e i progetti lanciati dalla SUPSI, l’Osservatorio sui Media e le Comunicazioni in Cina dell’Università della Svizzera italiana, fino all’esperienza imprenditoriale della Mikron Machining Technology di Agno.

Un libro di approfondimento (“Occidente verso la Cina”, Le Ricerche , Biblioteca cantonale di Lugano, Losone 2008) con i contributi di 35 firme, completa il percorso di comprensione e di avvicinamento verso il Paese di Mezzo.

Il volume, curato da Gerardo Rigozzi, ospita testi di diverse personalità, tra cui: l’ambasciatore svizzero Dante Martinelli, l’ex sindaco di Zurigo Thomas Wagner, il corrispondente in Cina della NZZ Urs Schoettli e il sindaco di Lugano Giorgio Giudici.

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