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OMC: delicato vertice blindato a Doha

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Da venerdì l'Organizzazione mondiale del commercio (OMC) si riunisce nel Qatar per la propria conferenza ministeriale. Sul posto anche una delegazione svizzera.

In principio il timore erano i no global. E forse anche per questo è stato scelto il Qatar, dove gli ingressi sono rigidamente regolati dai visti, come sede della quarta conferenza ministeriale dell’OMC. Ma dopo l’11 settembre e più ancora dopo la sparatoria martedì nella base aerea di Al-Adid, anche il vertice dell’Organizzazione mondiale del commercio viene blindato. Le maschere antigas, anziché essere indossate dai contestatori, fanno parte del kit dei delegati di diversi Paesi.

La riunione di Doha, che deve cancellare il fallimento di Seattle, si apre nel pieno di una crisi internazionale senza precedenti, in un periodo di rallentamento dell’economia e nella consapevolezza che un nuovo insuccesso potrebbe segnare la fine della stessa organizzazione. Al centro dei negoziati vi saranno tre dossiers: l’agricoltura, l’accesso alle medicine e la dimensione ambientale e sociale.

Nel suo rapporto d’apertura, il direttore generale dell’OMC Mike Moore mette in guardia contro la proliferazione di accordi regionali a danno del multilateralismo. Secondo Moore, un nuovo round negoziale per favorire il commercio internazionale è “urgente”. “Gli scambi internazionali sono un fattore di crescita ma, in questo periodo difficile, stanno stagnando” dichiara il direttore generale.

La chiave che l’organizzazione tenta di imprimere al vertice è quindi quella dello sviluppo, del coinvolgimento dei Paesi poveri in una nuova fase di crescita internazionale. E da qui la decisione di non rinviare, né spostare di sede, la riunione. Non è un caso che Doha sia quindi l’unico degli appuntamenti internazionali, previsti in questo scorcio d’anno, che si svolge regolarmente – quanto a data e luogo – dopo gli attentati a New York e Washington.

Il mandato negoziale di Couchepin

Più attenzione ai temi ambientali e sociali in seno all’OMC: è quanto chiederà il ministro dell’economia Pascal Couchepin ai delegati presenti a Doha. A suo parere, dopo l’esito negativo di Seattle due anni fa la situazione è nettamente migliorata, ciò che fa ben sperare per il futuro. Le posizioni dei paesi in via di sviluppo sono state prese maggiormente in considerazione, mentre Unione europea e Stati Uniti sono più vicini su certi dossier.

Un nuovo ciclo di negoziati potrebbe durare da 3 a 5 anni e altrettanti saranno necessari per l’applicazione degli accordi raggiunti. Una conclusione positiva a Doha, ha detto Couchepin, avrebbe anche un buon effetto psicologico, visti i rischi di recessione economica che incombono. Da paese esportatore, la Svizzera ha quindi interesse a una conclusione positiva del vertice, tanto più che l’agenda prevede meno tasse doganali sui prodotti industriali nonché procedure amministrative alleggerite e maggior trasparenza dei mercati.

Un collante tra Nord e Sud

Far svolgere la conferenza nel cuore del mondo arabo, nel momento in cui l’integralismo islamico ha dichiarato guerra all’Occidente, rappresenta una sfida sulla capacità di trovare un collante tra nord e sud del mondo. Ma, oltre ai difficili temi di confronto (agricoltura, ambiente, standard lavorativi, accesso ai medicinali), alla vigilia della riunione l’attenzione è puntata anche sulle misure di sicurezza.

Assenti i no global, anche se la nave Rainbow Warrior di Greenpeace è già al largo del Qatar, il rischio attentati ha spinto la gran parte dei Paesi a ridurre nel numero le delegazioni (che saranno pur sempre 4.500 in totale). Mentre le autorità di Doha – che hanno fatto sapere di aver speso 30 milioni di dollari per l’accoglienza e la sicurezza – hanno assicurato che è tutto sotto controllo.

Dal punto di vista delle manifestazioni anti-global, la situazione a Doha dovrebbe comunque rimanere tranquilla. In Qatar saranno presenti soltanto alcuni dimostranti indigeni. Altrove le cose potranno essere più complicate: ad esempio a Ginevra, dove per sabato è prevista una manifestazione anti-OMC che, stando alle prime valutazioni, dovrebbe riunire tra 5’000 e 30’000 manifestanti.

Critiche dall’Unione europea

D’altro canto, il Qatar (600.000 abitanti e al terzo posto al mondo per riserve di gas) gioca la carta dell’OMC proprio per presentarsi sullo scenario internazionale e mostrare l’ambizioso programma di industrializzazione lanciato dall’emiro Hamad Ben Khalifa Al-Thani, salito al potere nel 1995.

Le previsioni indicano quindi una cinque giorni (la conferenza si chiude martedì 13 novembre) fitta di trattative, incontri, ricerca di alleanze, documenti. Anche se i più ottimisti affermano che l’80 per cento del lavoro è stato fatto, il rischio che quel rimanente 20 per cento faccia saltare tutto non è irrealistico.

I tre documenti preparati hanno già incontrato critiche da parte dell’Unione europea (UE) e da altri Paesi. La scommessa è riuscire a formularli in modo da ottenere il consenso di tutti; ma non sarà facile.

swissinfo e agenzie

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