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Ostacoli a sinistra per la libera circolazione

In ottobre Unia era scesa in piazza per chiedere misure contro il dumping salariale Keystone Archive

Dopo la destra, anche alcuni ambienti di sinistra lanciano il referendum contro l'estensione della libera circolazione delle persone ai nuovi paesi Ue.

Fra i promotori del referendum vi sono anche alcuni esponenti dei sindacati. L’assemblea dei delegati di Unia si esprimerà sabato. Un no al referendum è scontato.

«Siamo molto preoccupati per quanto sta avvenendo. La situazione ci sta sfuggendo di mano». Così si esprimeva in ottobre, in un’intervista a swissinfo, il co-presidente del sindacato Unia Renzo Ambrosetti.

I suoi timori erano rivolti agli effetti dell’apertura del mercato del lavoro elvetico ai cittadini dei vecchi paesi dell’Unione europea, conseguenza degli accordi bilaterali sulla libera circolazione delle persone.

Unia, il più grande sindacato svizzero, minacciava di ricorrere al referendum contro l’estensione dell’accordo ai nuovi paesi dell’Ue se il parlamento non avesse votato misure più incisive per evitare il dumping salariale e garantire i diritti dei lavoratori.

«Misure minime, ma sufficienti»

In dicembre le due camere del parlamento hanno ritenuto che la posta in gioco fosse troppo alta per rischiare di scontrarsi con l’opposizione dei sindacati e hanno accettato un pacchetto di misure di accompagnamento, contro la volontà della destra antieuropeista.

«Si tratta di un pacchetto minimo, ma che fornisce a nostro avviso garanzie sufficienti per i lavoratori», ritiene oggi Ambrosetti. «Del resto era difficile ottenere di più, nell’attuale costellazione politica».

La direzione di Unia ha perciò abbandonato l’idea del referendum, al pari delle due federazioni Unione sindacale svizzera (USS) e Travail.Suisse. Ma con una riserva: «Il nostro impegno nella campagna per l’estensione della libera circolazione sarà commisurato all’impegno dei cantoni e del padronato nella messa in atto delle misure di accompagnamento», avverte Ambrosetti.

Referendum da sinistra

A sinistra c’è però chi non è d’accordo con la posizione dei vertici sindacali. Sotto l’egida del piccolo Movimento per il socialismo (MPS), un comitato ha lanciato un referendum, ritenendo che le misure di accompagnamento sono solo una «farsa».

Il comitato, che raggruppa esponenti dell’estrema sinistra e anche alcuni membri di Unia, ritiene che per evitare i rischi di dumping le aziende dovrebbero essere obbligate a rendere pubblici salari e contributi sociali dei lavoratori stranieri impiegati.

In precedenza un referendum era stato lanciato dall’estrema destra (Democratici svizzeri), con l’appoggio dell’Azione per una Svizzera neutrale e indipendente (ASNI) e della Lega dei ticinesi. La settimana scorsa anche l’Unione democratica di centro (UDC) ha deciso di sostenere il referendum.

Timori nei sindacati

Gli effetti della libera circolazione delle persone suscitano timori soprattutto nei cantoni di frontiera, in particolare in Ticino e a Ginevra, dove la pressione sui salari è molto sentita.

Nella città romanda il referendum ha ottenuto il sostegno dell’Alliance de Gauche, anche se SolidaritéS, una delle componenti della coalizione di estrema sinistra, si è dissociata, ritenendo che respingere la libera circolazione vada a scapito dei migranti.

In Ticino, il pacchetto sulla libera circolazione delle persone si scontra con l’opposizione della sezione cantonale di Unia. «Nell’assemblea dei delegati di sabato difenderemo l’idea del referendum.», conferma a swissinfo Saverio Lurati, segretario di Unia Ticino.

«I lavoratori chiedono una risposta»

«La nostra esperienza sui luoghi di lavoro ci dice che i lavoratori chiedono risposte alla pressione sui salari causata dalla libera circolazione», osserva Lurati. «Se i sindacati non reagiscono, molti lavoratori finiranno nelle braccia della destra xenofoba».

Per il funzionario di Unia Ticino, le misure decise dal parlamento sono chiaramente insufficienti. «150 ispettori in tutta la Svizzera non bastano a controllare la situazione sul mercato del lavoro. E non c’è nessuna misura che risponda ai problemi legati alle agenzie interinali e ai lavoratori indipendenti».

La probabilità che Unia accetti di sostenere il referendum sono però praticamente nulle, come ammette lo stesso Lurati. «In quanto sezione di Unia, rispetteremo la decisione della maggioranza».

«Campagna durissima»

Per Renzo Ambrosetti, i promotori del referendum sbagliano quando pensano che un no alla libera circolazione delle persone risolva il problema del dumping salariale e dello smantellamento sociale.

«Un no darebbe ragione agli ambienti della destra xenofoba, che sono i primi ad attaccare lo Stato sociale», osserva il co-presidente di Unia. «Quella dei referendisti mi sembra una battaglia di carattere ideologico».

Ambrosetti non nasconde però la preoccupazione per l’esito della votazione. «Sarà una campagna durissima. Nella popolazione vi sono molte paure. Tocca al padronato dare segnali positivi».

swissinfo, Andrea Tognina

In occasione dell’estensione dell’accordo sulla libera circolazione delle persone ai dieci nuovi Stati membri dell’Unione europea, i sindacati hanno vincolato il loro sostegno all’adozione di nuove misure di accompagnamento, che andassero oltre quelle adottate nel 1999.

Nella sessione di dicembre, il parlamento ha deciso che i contratti collettivi di lavoro (CCL) potranno essere estesi più facilmente in caso di dumping salariale «ripetuto ed abusivo», purché la metà dei lavoratori del settore goda già di un CCL.

I cantoni dovranno inoltre assumere complessivamente 150 ispettori per controllare il mercato del lavoro, che si affiancheranno alle commissioni tripartite già istituite.

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