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Per adattare la legge alla realtà

Una consultazione obbligatoria dal medico non basta; i referendisti vogliono un secondo colloquio in un consultorio famigliare Keystone Archive

La soluzione dei termini, approvata dal Parlamento, consente l'aborto nei primi tre mesi della gravidanza. Due referendum la combattono.

Le disposizioni legali attuali sono restrittive, ma la pratica in materia di aborto è piuttosto liberale in quasi tutti i cantoni: una situazione che genera ineguaglianza e insicurezza giuridica.

Nel 1993, per cercare di colmare finalmente questo fossato tra l’arsenale legislativo e la pratica quotidiana, la deputata socialista Barbara Haering-Binder trasmette un’iniziativa parlamentare per la depenalizzazione dell’aborto durante le prime 14 settimane di gravidanza.

Un compromesso sofferto…

Il Consiglio nazionale accoglie l’iniziativa e il dibattito si fa subito passionale e tempestoso. Dopo una lunga estenuante staffetta tra le due Camere, il compromesso finale stabilisce che l’aborto non è punito se eseguito durante le prime 12 settimane. È però necessaria una richiesta scritta della donna che fa valere uno stato di angustia. Il medico curante deve avere un colloquio approfondito con la donna e consigliarla. Deve inoltre mettere a disposizione della donna l’elenco dei consultori e delle associazioni che possono fornire aiuto morale e materiale. I Cantoni designano gli studi medici e gli ospedali che rispettano i requisiti necessari per praticare l’interruzione della gravidanza.

Non è invece accolta la proposta del Partito popolare democratico (PPD), in un primo tempo appoggiata anche dal Consiglio federale, di obbligare la donna a recarsi in un apposito consultorio.

…subito osteggiato

Il faticoso compromesso è subito attaccato da due referendum, lanciati dallo stesso PPD e da gruppi ultraconservatori.

Il PPD combatte la soluzione dei termini perché non prevede alcuna misura attiva di protezione della vita del nascituro e di sostegno materiale della madre e della famiglia. Per il partito dei valori cattolici, la libertà della donna finisce dove comincia quella del bambino.

Il PPD è d’accordo sul fatto che la situazione attuale è inaccettabile, perché la legge è completamente disattesa e ogni cantone ha liberalizzato a modo suo. Ma lo Stato ha il dovere di proteggere la vita, anche quella della persona non nata. A sorpresa, però, le donne PPD hanno finito per accettare la soluzione dei termini, ponendosi così in contrasto con l’indicazione di voto fornita dal partito.

Dal canto loro, le argomentazioni degli ambienti ultraconservatori tendono a drammatizzare il confronto. Per loro, “la soluzione dei termini legalizza la violenza sul bambino indifeso, perverte il grembo materno, che diventa una cella della morte, dove è permesso uccidere esseri umani senza fornire ragioni.” Per attirare l’attenzione, nella loro documentazione si trovano spesso immagini di feti ingrandite e ad uno stadio avanzato dello sviluppo.

Una libertà fondamentale della donna

Per i fautori della soluzione dei termini, quella di avere o no un bambino è una delle decisioni con le conseguenze più pesanti nell’insieme della vita di una donna. Il divieto dell’aborto significa una costrizione alla maternità. Viola tutta una serie di diritti della donna e lede l’essenza stessa delle sue libertà fondamentali. Le leggi restrittive spingono le donne nell’illegalità, mettendo a repentaglio la loro salute e la loro vita.

In Svizzera, fanno notare, l’80% delle interruzioni di gravidanza avvengono tra la sesta e la decima settimana, ossia da quattro a otto settimane dopo la fecondazione. L’embrione misura allora tra cinque millimetri e due centimetri. L’articolo 31 del Codice civile svizzero indica che la personalità comincia con la nascita compiuta del bambino vivente. Per il teologo Alberto Bondolfi, “un feto non è una cosa, né un tessuto, ma non può nemmeno essere assimilato a un essere umano dopo la sua nascita.”

La Bibbia non si pronuncia sull’aborto

Le argomentazioni dei gruppi antiabortisti fanno spesso riferimento ai valori cristiani. I fautori della soluzione dei termini fanno però notare come la Bibbia non dica niente sull’aborto. Nessun riferimento, né nel vecchio né nel nuovo Testamento, nemmeno a proposito della vita intra-uterina. La Federazione delle Chiese evangeliche svizzere approva d’altronde la soluzione dei termini.

I fautori della soluzione dei termini rilevano ancora che l’introduzione di un tale regime non porta a un aumento sensibile del numero di aborti e a trascurare la contraccezione. Lo dimostrano le statistiche in paesi come Germania, Belgio, Olanda, Norvegia, Svezia.

Il governo favorevole ai termini

Il Consiglio federale invita dal canto suo ad accogliere la soluzione dei termini per due ragioni principali. Da un lato, è assolutamente necessaria un nuovo ordinamento dell’interruzione della gravidanza. D’altro lato, le nuove disposizioni si basano sull’autodeterminazione della donna. Il governo promette che si adopererà con tutte le forze, qualunque sia il risultato della votazione, in favore della donna incinta e della famiglia per dare la possibilità a un nuovo essere di vedere la luce, ogni qualvolta questo sia possibile.

Il parlamento ha approvato la soluzione dei termini con 107 voti contro 69 alla camera bassa e 22 voti contro 20 in senato.

Mariano Masserini

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