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Per i mussulmani di Svizzera le armi non risolvono i problemi di fondo

Uno scorcio del cortile interno della moschea di Ginevra Keystone

Così come aveva condannato gli atti terroristici dell'11 settembre commessi contro gli USA, la comunità mussulmana svizzera, molto ben integrata, disapprova ora gli attacchi americani in Afghanistan. Prima di bombardare un paese già distrutto da vent'anni di guerra, gli Stati Uniti avrebbero dovuto mostrare non solo ai governi ma anche alle popolazioni arabe e islamiche le prove materiali della colpevolezza di Bin Laden.

Per l’Imam della Moschea di Zurigo, Youssef Ibram, i media occidentali hanno commesso un errore: Bin Laden nel famoso video-proclama della grotta teletrasmesso in tutto il mondo non ha in effetti rivendicato le stragi di New York e Washington. Le ha giustificate con quella che definisce l’arroganza della politica imperialistica americana. Questo non corrisponde ad un’ammissione di responsabilità negli attentati, e non basta per l’opinione pubblica di molti paesi arabi e mussulmani per scatenare una guerra contro l’Afghanistan.

Mostrare le prove a tutti

Anche il direttore dell’Associazione degli amici della cultura araba di Ginevra, Mohamed Abourrob ha ancora dei forti dubbi sul fatto che Bin Laden sia riuscito ad organizzare un attacco così grande contro gli Stati Uniti. E la sua opinione è condivisa da molti mussulmani e arabi, in Svizzera e nel mondo. “L’America avrebbe potuto tentare di aprire un dialogo con il nemico, trovare una soluzione politica.” Le operazioni militari contro l’Afghanistan sono vissute invece come un atto di vendetta che rischia tra l’altro di essere inefficace.

“Il lancio di bombe misto al lancio di sacchi di farina è uno spettacolo desolante e lo condanniamo” – dichiara Hafidh Ouardiri, portavoce della fondazione islamica di Ginevra. Non è con la violenza, dice in altre parole Ouardiri, che si risolveranno i problemi all’origine della violenza, come l’ingiustizia, la frustrazione, la mancanza di diritti, di rispetto per l’identità, l’economia e la cultura mussulmana. “Noi condanniamo il terrorismo – prosegue – ma se vogliamo veramente vivere in pace, bisognerebbe mettere fine agli aiuti dati ai vari dittatori che regnano sulla maggior parte dei paesi mussulmani.” Ovvero lasciare che le popolazioni siano davvero libere di scegliere i propri governanti e coloro che gestiscono le loro economie.

Religione e integrazione

In Svizzera bisogna dire che la comunità mussulmana è estremamente ben integrata. A parte qualche isolato episodio di lancio di pietre e di insulti subito dopo gli attentati dell’11 settembre, non ci sono stati gravi episodi di intolleranza razziale o religiosa. Con le sue quattro lingue e culture il nostro paese è abituato alla convivenza con “l’altro”; in particolare in una città internazionale come Ginevra.

Anche a Zurigo l’integrazione è buona, ma è avvenuta con la collaborazione e la fiducia tra le autorità cantonali e i responsabili delle comunità mussulmane, un esempio che secondo l’Imam della moschea di Zurigo dovrebbe essere imitato da altri paesi europei. “Il nostro primo dovere come mussulmani svizzeri è di rispettare il paese in cui viviamo” e l’Imam conclude dicendo che il suo compito e quello dei suoi colleghi è in questo momento di indirizzare la rabbia e le emozioni che suscita la guerra in Afghanistan nella direzione giusta: che per il buon mussulmano è prima di tutto la preghiera e la pazienza.

Raffaella Rossello

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