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Più giornalisti arrestati a causa di internet

Una protesta organizzata a Parigi da Reporters sans frontièrs per chiedere la scarcerazione di 23 giornalisti cubani Keystone

Associazioni di tutela dei giornalisti si mobilitano anche in Svizzera in difesa dei blogger che che vivono in regimi repressivi. Se da noi la libertà d'espressione non è in pericolo, la verità di una notizia rischia però di annegare nella massa d'informazioni.

Il numero di giornalisti arrestati per via del loro lavoro è aumentato in tutto il mondo: uno su tre è titolare di un blog, è un editor online o un reporter che lavora esclusivamente sulla rete.

Sono ancora i giornalisti e i fotoreporter della carta stampata ad essere i più arrestati nel mondo, ma secondo il Comitato per la protezione dei giornalisti (Committee to Protect Journalists CPJ, New York) aumentano i giornalisti di internet imprigionati.

L’annuale rapporto del comitato mette in evidenza che al primo dicembre del 2006 erano 134 i giornalisti in prigione, con la Cina, Cuba, l’Eritrea e l’Etiopia ai primi posti dell’elenco.

Per il direttore esecutivo del Comitato per la protezione dei giornalisti, Joel Simon: “Siamo ad uno snodo cruciale nella lotta per la libertà di stampa perché gli stati autoritari hanno fatto di internet il principale fronte nel loro sforzo per il controllo di tutta l’informazione”.

Una lista un po’ diversa dei paesi nemici della stampa è quella stilata da Reporter senza frontiere, ma sono diversi anche i criteri di valutazione. Al primo posto figura la Corea del Nord, seguita dal Turkmenistan, e dall’Eritrea. L’associazione fa per altro notare una costante degradazione della libertà di stampa anche in paesi apparentemente molto liberi, come gli Stati Uniti, la Francia e il Giappone.

Fare affari con chi imbavaglia la libertà

La Svizzera, depositaria di una lunga tradizione di salvaguardia dei diritti umani, non esita a fare commerci con paesi dove la libertà di stampa è violata, anche brutalmente, come la Cina.

Cosa ne pensa Stéphane Koch presidente dell’Internet Society di Ginevra? “Tutti i paesi sono ormai dipendenti da un unico modello economico, quello liberale. Più che esercitare un controllo sul modello, ne siamo controllati”.

“Ma ho più ‘fiducia’ – Koch mette tra virgolette questo suo ottimismo – che la Cina un giorno diventi una democrazia, piuttosto che paesi come la Tunisia, la Malesia o certi stati africani”.

“Almeno la Cina è entrata in un modello economico dinamico – prosegue Koch – e sarà obbligata, anche solo per aver accesso a certe tecnologie dell’informazione, a lasciare spazi di libera espressione. Ci sono troppe persone in Cina che vorranno esprimersi. Ma ci vorrà ancora un po’ di tempo”.

Siamo tutti giornalisti?

In un paese democratico come la Confederazione elvetica, in cui internet è largamente utilizzato, non esiste praticamente nessuna censura dell’informazione in rete. Una situazione destinata a cambiare in futuro? Risponde ancora Stéphane Koch.

“Il solo rischio che corre l’informazione in Svizzera è che sempre più privati cittadini si proclamano giornalisti online. La verità di una notizia rischia dunque di venire annegata dalla massa d’informazioni, costantemente in aumento. Ciò rende più difficile per il giornalista riuscire a far passare un messaggio su internet, mentre per l’utente diventa più complicato orientarsi”.

Insomma secondo Koch la proliferazione di blog e di media indipendenti – la cosiddetta informazione dal basso – pur essendo di per sé è un fatto positivo – può generare confusione.

“Spesso non si capisce più sui blog qual è la fonte di un’informazione, che può essere stata ripresa da un altro blog e così via. Oggi non esiste nulla che distingua chiaramente un giornalista, che ha comunque una formazione, da un semplice blogger. Questo è per me un problema di internet,” sottolinea Stéphane Koch.

Quando un paese nega lo statuto di giornalista

Una prospettiva un po’ diversa quella di Reporter senza frontiere, che difende i giornalisti professionisti in tutto il mondo. L’associazione ha operato negli ultimi anni un’apertura nei confronti dei blogger: “Ci siamo resi conto che in molti paesi, come Cuba o l’Iran, lo statuto stesso di giornalista viene rifiutato ad alcune persone che ne avrebbero diritto”.

“Per questo la nostra associazione” – dice a swissinfo Michael Roy, segretario esecutivo della sezione svizzera – difende oggi anche blogger che non sono legati a nessun media specifico, che non hanno una tessera. Quello che ci interessa difendere è il principio che ognuno possa esprimersi liberamente”.

Secondo Roy, la difficoltà di riuscire a scegliere nella massa dell’informazione a disposizione dell’utente occidentale è un problema molto meno grave del fatto di vedersi negato l’accesso stesso all’informazione.

“Da noi vi è una pedagogia di internet, si può imparare ad orientarsi sulla rete, mettere in guardia le persone. Ma il problema, dal punto di vista della libertà d’espressione, è molto più grave quando un’autorità decide cosa può andare in rete o no”.

swissinfo, Raffaella Rossello

Secondo il rapporto annuale di CPJ, nel mondo al 1° dicembre 2006 erano 134 i giornalisti in carcere, 9 in più rispetto all’anno precedente.

Tra i giornalisti arrestati nel mondo, quelli della carta stampata costituiscono tuttora il gruppo più numeroso, con 67 arresti nel 2006.

I giornalisti che lavorano esclusivamente su internet erano in crescita, con 49 arresti.

Dei 24 Paesi in cui i giornalisti vengono incarcerati, secondo CPJ i 4 peggiori sono Cina, Cuba, Eritrea ed Etiopia.

Le imputazioni più comuni sono attività sovversiva, divulgazione di segreti di stato e azioni contrarie all’interesse dello stato.

La Svizzera ha giocato un ruolo centrale e controverso nel vertice ONU sulla società dell’informazione. La prima parte si è svolta a Ginevra nel dicembre 2003, la seconda nel novembre del 2005 a Tunisi.

Nella conferenza di Tunisi l’allora presidente svizzero in carica, Samuel Schmid, era stato onorato dalla società civile internazionale e censurato dal governo tunisino per essere stato l’unico capo di stato a criticare il mancato rispetto dei diritti umani in Tunisia.

In occasione del primo Forum Mondiale ONU sul governo di internet, conclusosi ad inizio novembre 2006 in Grecia, e al quale ha partecipato anche la Svizzera, Amnesty International ha consegnato una petizione all’ONU affinché contribuisca ad eliminare la censura all’accesso alla rete, che l’organizzazione considera una violazione dei fondamentali diritti umani.

In Cina, secondo mercato mondiale per internet, compagnie come Google e Microsoft forniscono alla polizia strumenti di alta tecnologia per limitare la libertà di movimento in rete.

I blog sono diari in rete.

Danno a tutti la possibilità di pubblicare documenti su Internet.

Il loro scopo è anche quello di creare delle comunità online, in cui i lettori partecipano alla nascita o al commento di una notizia.

Esemplare il blog del comico ed opinionista italiano Beppe Grillo: è ormai tra i primi 20 del mondo con una media di 200’000 contatti al giorno.

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