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Piano di Magadino: un collegamento che divide

Per quasi due terzi dei granconsiglieri ticinesi bisogna sacrificare terreni agricoli a favore di maggiore mobilità. swissinfo.ch

Potrebbe essere tagliata in due la distesa che fornisce alla Svizzera Italiana l’80% di tutta la sua produzione ortofrutticola.

Sul futuro del Piano di Magadino si addensa una nuvola di cemento, sottolinea WWF Svizzera. Sostenuto dagli ambientalisti italiani.

Tra proteste, preoccupazioni varie sul futuro e discussioni-fiume, mercoledì il Parlamento ticinese ha dato al Governo luce verde per realizzare l’impegnativo progetto stradale che dovrà collegare la zona di Locarno, conosciuto centro turistico, e la frequentatissima autostrada A2.

Il pomo della discordia: 20 chilometri quadrati di rara pianura coltivabile quasi inimmaginabile in una Svizzera di sole montagne, strappata al paludismo e alla malaria nel XIX secolo e ora vasta distesa pianeggiante, che si apre sorprendentemente allo sguardo di chi attraversa il Paese.

Una specie a rischio estinzione: i contadini

Entro 10, 15 anni una superstrada – detta Variante 95 – potrebbe tagliare la zona in due, rischiando di sconvolgere la fragile economia delle aziende agricole e le numerose aree naturali di rilevanza internazionale.

“Il Piano di Magadino”, spiega a swissinfo Francesco Maggi di WWF Svizzera, “è tra le regioni a più elevata biodiversità in Svizzera”. Il che significa che centinaia di specie animali – in pericolo d’estinzione – vivono qui. Le Bolle di Magadino hanno inoltre un’importanza internazionale per la migrazione degli uccelli sull’asse nord-sud. Ma non è tutto.

In Parlamento i contrari alla realizzazione della superstrada sono sostanzialmente i socialisti, che minacciano di ricorrere alle massime istanze svizzere. Fuori dalle mura della politica invece, troviamo contadini – che nei giorni scorsi hanno manifestato davanti al Governo ticinese con tanto di trattori – organizzazioni ambientaliste e associazioni dei consumatori.

“Ne va anche della sopravvivenza dell’agricoltura. Nel Piano di Magadino si coltiva l’80% dei prodotti ortofrutticoli che arrivano sulle tavole della Svizzera Italiana”, prosegue Maggi. Senza dimenticare la produzione di latte che sostiene le aziende di montagna. Basta una strada, insomma, per mettere a rischio la sorte di strutture agricole e cooperative.

In più, “la superstrada porta cemento in modo definitivo”, spiega Maggi. La sottrazione di terreno agricolo non si limita infatti alla superficie cementificata del collegamento viario: vanno considerate anche perse le superfici lungo il tracciato. E va considerato il tasso di inquinamento più elevato, cagionato dall’aumento del traffico stradale.

È un compromesso

Soppesati aspetti economici, sociali ed ecologici, si tratta di un compromesso sopportabile. Questa la tesi dei fautori del si durante gli interventi che hanno preceduto la votazione in Parlamento. Bisogna sacrificare terreno coltivabile alla mobilità.

Il progetto si inserisce nelle opere viarie sul congestionato asse europeo Nord-Sud, come constatano ogni anno durante i grandi esodi festivi migliaia di turisti dal Nord e dal Sud dell’Europa, incolonnati per ore ed ore sulle strade svizzere in un’accozzaglia di auto e mezzi pesanti. Tutto ciò che può quindi agevolare la mobilità è ben accetto.

Il traffico porta anche turismo. L’equazione sta in piedi? “La divisione stradale de facto della zona rischia di compromettere questo importante settore”, si sfoga Maggi. “Come offrire ai turisti un ambiente integro e tranquillità con una superstrada che ci falcia in due? Senza contare la crescente richiesta di prodotti biologici. Il turista chiede l’abbinamento tra territorio e qualità nel mangiare.”

Ormai i prodotti Bio o dell’agricoltura integrata fanno parte della gamma abituale degli acquisti dei consumatori. Un tracciato che taglia in due il Piano può tranquillamente mettere in crisi un settore agricolo emergente.

Anche la confinante Italia si è mobilitata per la salvaguardia della zona: già un anno fa Legambiente invitava a scrivere al responsabile del Dipartimento del Territorio del Canton Ticino Marco Borradori, affinchè si adoperasse “per preservare soprattutto la regione delle Bolle di Magadino, una delle zone umide più importanti a livello internazionale.”

Un commercio…parallelo

“Ma quale agricoltura, qui oramai si coltiva solo canapa”: anche questa è una delle argomentazioni dei sostenitori della superstrada.

“È vero”, spiega a swissinfo Francesco Maggi, “la canapa fiorisce nella Piana di Magadino dal momento che i proprietari dei terreni guadagnano di più affittando i fondi ai canapari piuttosto che ai contadini. Ma è una questione politica. Come mai nel resto della Svizzera la polizia distrugge i canapai mentre qui vengono tollerati?”.

Il giro è milionario e fa sempre più gola. “In ogni caso il nostro nemico è il cemento della superstrada, che toglie ogni tipo di verde. Il problema della canapa invece è risolvibile.”

swissinfo, Maddalena Guareschi, Lugano

In gioco circa 20 chilometri quadrati di superficie coltivabile
Da qui proviene l’80% della produzione ortofrutticola della Svizzera Italiana
La superstrada metterebbe in serio pericolo i settori agricolo e ecologico, secondo WWF Svizzera
Per il fronte del si verrebbero sacrificati non troppi terreni coltivabili, in nome di una migliore viabilità

Il Piano di Magadino è da anni al centro di interessi e conflitti. Il Governo ticinese propone di risolvere i forti problemi di viabilità della zona proponendo una soluzione che taglia in due il Piano con una strada, sollevando l’indignazione di ambientalisti e contadini.

Il Gran Consiglio ha dato via libera alla progettazione viaria per collegare la zona di Locarno all’autostrada A2. I contrari minacciano di portare la “guerra” alle più alte istanze di ricorso svizzere.

Il Piano di Magadino è conosciuto a livello internazionale per la sua biodiversità: ex-zona paludosa, ospita centinaia di specie animali e vegetali a rischio. In Svizzera è considerato l’orto del Ticino, vista la sua ampia superficie coltivabile.

Ultimamente è conosciuto anche per il boom della coltivazione della canapa, che va a scapito dei terreni agricoli.

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