“L’Europa non è più al centro degli interessi americani”
Barack Obama ha appena terminato il suo primo viaggio in Europa da presidente americano. Alfred Defago, già ambasciatore svizzero a Washington, spiega a swissinfo la fragilità della relazione tra i due continenti.
Il libro di Alfred Defago Die USA, Barack Obama und der Amerikanische Traum (gli Stati Uniti, Barack Obama e il sogno americano) sarà fra presto nelle librerie. Il volume, che raccoglie diversi contributi di Degafo, dà spazio alle analisi sulle relazioni tra Europa e USA e getta anche uno sguardo sul ruolo che la Svizzera potrà giocare in questo nuovo ordine mondiale.
Professore di relazioni internazionali all’Università del Wisconsin, Alfred Defago spiega quali sono le opportunità che si presentano a Obama, quali sono i potenziali pericoli che dovrà affrontare, quale tipo di relazioni potrà sviluppare e quali malintesi potrebbe essere chiamato a dissipare.
Defago conosce bene gli Stati Uniti, dove ha esercitato la funzione di ambasciatore in piena bufera dei fondi ebraici in giacenza. Anni in cui, dunque, le relazioni tra Svizzera e USA erano particolarmente tese.
swissinfo: Come mai questo libro?
Alfred Defago: Perché si sa molto poco di ciò che accade oltre Atlantico. Con l’avvento alla Casa Bianca di Barack Obama, gli europei sono improvvisamente più aperti nei confronti degli Stati Uniti. Pensano che Obama possa cambiare quasi tutto. Proprio per questo è spesso oggetto di una cieca ammirazione da parte di quegli europei che hanno apparentemente una visione ottimistica dell’America.
Ho l’impressione che, paradossalmente, il culto di Obama sia una reazione all’odio nutrito per Bush e per l’ “altra America”. Nei due casi, gli europei sono ben lungi dall’avere una visione realista ed equilibrata degli Stati Uniti.
swissinfo: Il libro sarà tradotto in inglese?
A.D.: No, perché ha senso solo per un pubblico europeo. Se avessi voluto parlare anche agli americani, avrei dovuto scrivere un libro totalmente diverso, nel quale avrei spiegato agli americani ciò che a volte considerano come una stranezza da parte degli europei.
swissinfo: Gli indici di fiducia in Barack Obama sono sempre piuttosto alti, che se ha vissuto alcune settimane difficili. Quali sono le sfide più grandi che dovrà affrontare in futuro?
A.D.: Intanto dovrà cercare di mantenere le promesse fatte in campagna elettorale. È stato il candidato delle speranze e delle promesse, ci sono pertanto molte aspettative. Ma ci sono anche le difficoltà con cui ora deve fare i conti per realizzare ciò che ha promesso.
Staremo a vedere. La speranza è sempre molto diffusa, ma questo stato di grazia non durerà per sempre. Credo che la gente sia ancora disposta a portare pazienza. Ma se prima dell’inizio dell’inverno non si produrranno i primi reali cambiamenti – sul piano economico, morale o intellettuale – allora rischia di dover confrontarsi con qualche serio grattacapo, poiché la gente si rivolgerà altrove per cercare soluzioni. Non dimentichiamoci che nel 2010 ci saranno delle elezioni, che rischiano di trasformarsi in una Waterloo per i democratici.
swissinfo: I padri fondatori degli Stati Uniti hanno definito il sogno americano come espressione della vita, della libertà e della conquista della felicità. Una definizione ancora attuale?
A.D.: Si, certamente. Ma, come per tutti i sogni, la definizione è molto vaga. È un sogno opportunista per tutti coloro che desiderano raggiungere una prosperità materiale. Possiamo anche leggervi un certo senso spirituale. Credo pertanto che questo lato vago sia nel contempo una forza e una debolezza.
Negli Stati Uniti questo concetto è sempre stato al centro di controversie, perché molti americani lo considerano un sogno irrealizzabile. Nonostante molti siano stati delusi, il sogno resta vivo e l’elezione di Barack Obama alla presidenza del paese ha certamente portato una ventata di freschezza al sogno americano.
swissinfo: Nel suo libro ci sono capitoli dedicati anche alla politica estera. Perché allora non intitolarlo “Il sogno mondiale”?
A.D.: Pongo l’accento sulle relazioni tra Europa e USA e mi baso sul fatto che, fino ad un certo punto, il sogno americano resta unico. Gli europei sono terribilmente influenzati dalla storia e dunque hanno un approccio al sogno molto concreto, a tratti persino cinico o sarcastico. Penso che siano affascinati dal percorso di Obama, poiché nella maggior parte dei paesi d’Europa non sarebbe stato possibile.
Gli Stati Uniti sono una nazione fondamentalmente ottimista. Le persone pensano sinceramente che si possa uscire dalla crisi e che fra due o tre anni tutto sarà come prima.
swissinfo: E lei? È ottimista?
A.D.: Sono piuttosto scettico, perlomeno per quel che riguarda i piani economici di Obama. Le sue proposte per risolvere i problemi sono forse troppo dettagliate. Osservando la reazione degli europei rispetto alle misure di rilancio economico americane, ecco che le vecchie tensioni riaffiorano. Il 26 marzo scorso, per esempio, il primo ministro ceco Mirek Topolanek ha dichiarato che i rimedi americani per risolvere la crisi mondiali sembravano alla “strada verso l’inferno”.
swissinfo: Inferno a parte, come vede le relazioni con l’Europa?
A.D.: Penso che le relazioni saranno migliori, ma dopo l’era Bush non è difficile. Tuttavia le vecchie ‘querelles’ resteranno latenti, in particolare poiché l’Europa non è più al centro degli interessi americani. Non è infatti un caso se i primi contatti di Barack Obama hanno interessato l’Asia e il Medio Oriente. Del resto la segretaria di Stato Hillay Clinton ha compiuto il suo primo viaggio nel Sud-est asiatico. Insomma l’Europa deve prepararsi a giocare, al meglio, secondi ruoli.
swissinfo: Le relazioni tra Svizzera e USA sono piuttosto tese. È sorpreso delle pressioni americani sul segreto bancario svizzero?
A.D.: Non molto. Già a gennaio avevo previsto che la situazione sarebbe diventata molto spinosa per la Svizzera, se USA e Europa avessero coordinato i loro sforzi per scardinare il segreto bancario. Ed è quanto si è prodotto.
swissinfo: Come viene vista la Svizzera negli USA?
A.D.: Generalmente molto bene, ma gli americani hanno una visione della politica che tende ad inserire le relazioni in compartimenti stagni. Cosi possono dire che in otto compartimenti le relazioni sono eccellenti, nel nono sono buone mentre nel decimo – che contiene il segreto bancario – c’è qualche problema da risolvere.
Gli svizzeri, invece, tendono a considerare le relazioni nella loro globalità. E se qualcosa va storto, pensano allora che tutto sia compromesso. Noi svizzeri dovremmo imparare a considerare le relazioni come un grosso contenitore pieno di scatole. E risolvere i problemi, aprendo scatola dopo scatola.
Intervista swissinfo, Thomas Stephens
(traduzione e adattamento dall’inglese Françoise Gehring)
Alfred Defago è nato a Coira (Grigioni) nel 1942. Ha conseguito il dottorato in storia e in germanistica all’Università di Berna. Dal 2001 è professore invitato di relazioni internazionali alla University of Wisconsin-Madison e alla Florida Atlantic University.
Dal 1997 al 2001 è stato ambasciatore svizzero a Washington. In precedenza, dal 1994 al 1997, era stato console generale di Svizzera a New York. Nell’amministrazione federale aveva pure assunto la direzione dell’Ufficio federale della cultura dal 1986 al 1993.
Uomo di grande cultura, ha al suo attivo diversi soggiorni di studi all’estero, tra cui Roma, Vienna e Berkley (California).
Il suo ultimo libro, analizza gli scenari del futuro degli USA sotto la guida del nuovo presidente. Si chiede, in particolare, se Obama riuscirà a portare fuori dalla crisi gli USA e se riuscirà a non tradire le enormi aspettative. Un capitolo del libro è anche dedicato alle future relazioni con l’Europa.
Gli USA sono uno dei partner più importanti della Svizzera a livello mondiale soprattutto dal punto di vista economico. Sono il partner commerciale più importante al di fuori dell’Europa e il maggiore destinatario degli investimenti diretti svizzeri all’estero
Nel 2007 le esportazioni svizzere hanno raggiunto la somma di 18,32 miliardi di franchi, mentre le importazioni americane 9,43 miliardi.
Nel 2007 vivevano negli Stati Uniti 73 mila 978 svizzeri.
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