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Aerei da combattimento: il governo svizzero torna alla carica

Modellino dell'aereo da combattimento svedese Gripen, il cui acquisto è stato bocciato dal popolo nel 2014. Keystone

A due anni dal "no" popolare ai cacciabombardieri Gripen, il Dipartimento federale della difesa torna alla carica con un altro progetto d’acquisto di aerei da caccia. Il popolo ancora avrà voce in capitolo?

Se tutto andrà come previsto, nel 2017 al Parlamento verrà sottoposto un credito per la progettazione, il collaudo e la preparazione dell’acquisto di un velivolo moderno. I primi apparecchi verrebbero consegnati nel 2025, ha precisato mercoledì una nota del dipartimento.

Il neoeletto ministro “Guy Parmelin non intende però bruciare le tappe” e “avanza con una prudenza da Sioux”, scrive il quotidiano ‘24 Heures’. Anche perchè il suo predecessore Ueli Maurer, anch’egli esponente dell’Unione democratica di centro (UDC, destra conservatrice), aveva registrato una sonora sconfitta non meno di due anni fa

Contro il parere di governo e parlamento, il popolo elvetico aveva infatti respinto col 53,4% dei voti l’acquisto di 22 cacciabombardieri Gripen.

Come evitare dunque che il governo elvetico inciampi nuovamente, si chiede ’24 Heures’. “Il dipartimento cerca ora di associare tutte le parti politiche nelle discussioni. Le divisioni in seno alla destra, in particolare sulla scelta del tipo di velivolo, avevano fatto naufragare il Gripen. Ecco perché Parmelin vuole  creare un ‘gruppo di accompagnamento’, composto tra l’altro da un membro di ogni partito”, scrive il quotidiano romando.


“Un capriccio?”

Il fronte rosso-verde non ha tardato a reagire, ribadendo che la Svizzera non ha bisogno di un nuovo aereo da combattimento, ritenuto troppo caro, troppo rumoroso e essenzialmente inutile. 

“Un capriccio?” No, rispondono in un editoriale comune ‘Der Bund’ e il ‘Tages Anzeiger’.  Perché gli attuali 54 Tiger F-5, un aereo degli anni ’70 e da 30 anni al servizio dell’esercito svizzero, “sono già storia”. E anche i 31 F/A-18 “sono in fin di vita”. La Svizzera rischia così di ritrovarsi ben presto senza un’aeronautica militare, affermano i due quotidiani.

“Chi solleva l’obiezione che non è poi così grave, perché il futuro appartiene ai droni e in Europa centrale non c’è da temere un conflitto militare in un prossimo futuro, dimentica due cose: chi dice ‘sì’ alla difesa nazionale deve anche dire ‘sì’ a una forza aerea. (…) Inoltre le forze aeree hanno anche compiti di polizia che non possono essere delegati. I droni sono troppo lenti”, scrivono ‘Der Bund’ e il ‘Tages Anzeiger’.  

Il popolo potrà dire la sua?

Ma il compito del governo non sarà facile, sottolineano i due quotidiani, “perché dopo il fiasco del Gripen una cosa è chiara: il sostegno all’esercito nelle urne fa parte del passato”. Mai prima di allora il popolo svizzero aveva infatti respinto una proposta d’acquisto di materiale bellico.

Non è però ancora chiaro se il popolo potrà esprimersi nuovamente sull’acquisto di nuovi aerei da combattimento, sottolinea il quotidiano ‘Blick’. “Il dipartimento della difesa afferma che la questione è ancora aperta. Ma secondo diverse fonti, il governo intende aggirare l’eventualità di un voto imprevedibile, utilizzando il budget ordinario dell’esercito per acquistare i nuovi velivoli”. In questo caso, un referendum popolare non sarebbe possibile.

Al popolo resterebbe l’arma dell’iniziativa popolare, nell’obiettivo di iscrivere nella Costituzione il divieto di acquisto di un particolare velivolo e dei caccia in generale. Una strada più difficile da percorrere. L’iniziativa richiede infatti la raccolta di 100’000 firme, il doppio rispetto a un referendum, e la doppia maggioranza alle urne di popolo e cantoni.

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