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Eredità: gli svizzeri di Francia non nascondono il loro timore

Centinaia di migliaia di persone potrebbero essere toccate dalla nuova convenzione sulle successioni tra Svizzera e Francia. Ex-press

Se sarà ratificata dai rispettivi parlamenti, la nuova convenzione franco-svizzera sulle successioni renderà ampiamente servizio al fisco francese. Gli svizzeri di Francia rischiano di dover passare alla cassa.

«Questa è soltanto l’ultima di una lunga serie di cattive notizie che hanno colpito negli ultimi anni gli svizzeri di Francia», si rammarica Jean-Michel Begey presidente dell’Unione delle associazioni svizzere di Francia (UASF). «Abbiamo appena finito di digerire la decisione delle banche svizzere di tassare i clienti esteri dal 2010 ed ecco che si profila una nuova minaccia all’orizzonte per gli espatriati».

La revisione della convenzione in materia d’imposte sulle successioni, sottoscritta da Berna e Parigi, non toccherà unicamente i duemila milionari francesi residenti in Svizzera.  Il suo impatto va ben oltre e potrebbe coinvolgere centinaia di migliaia di persone, tra cui alcuni dei 170’000 cittadini svizzeri espatriati in Francia.

Nessuna distinzione

Finora, nell’ambito della convenzione del 1953, gli eredi residenti in Francia venivano tassati dai cantoni elvetici nel caso in cui la persona deceduta viveva in Svizzera. Un’imposta che varia dallo zero per cento di Ginevra al sette del canton Vaud.

Il testo, reso pubblico dal quotidiano romando Le Temps (vedi link a fianco), capovolge la prassi attuale. «Quando un erede […] è domiciliato in Francia al momento di un decesso, e lo è stato per almeno sei anni nei dieci precedenti quello in cui riceve i beni, la Francia tassa l’eredità ricevuta».

Il fisco francese ha la mano ben più pesante di quello svizzero. In Francia, le successioni vengono tassate in modo progressivo, a partire dal 5 fino al 45 per cento, per importi superiori a 1,8 milioni di euro. L’aliquota arriva fino al 60% quando non vi è nessun legame di parentela.

La notizia è stata divulgata qualche giorno prima del congresso degli svizzeri all’estero, tenutosi a Losanna dal 17 al 19 agosto e non ha mancato di alimentare dibattiti e timori. Jean-Paul Aeschlimann, membro del comitato dell’Organizzazione degli svizzeri all’estero (OSE), ha sollevato la questione in seduta plenaria e il plenum ha deciso di dare un chiaro segnale della sua preoccupazione, attraverso una risoluzione.

«Possiamo capire che la Francia cerchi di frenare l’esilio fiscale verso la Svizzera, attraverso questo espediente, spiega Jean-Paul Aeschlimann. Ma bisognerebbe fare una distinzione tra queste persone e le migliaia di svizzeri residenti all’estero».

L’articolo 14 del documento (intitolato “non discriminazione”) esclude tuttavia ogni differenziazione fondata sulla nazionalità dei contribuenti. E ciliegina sulla torta: Parigi tasserà anche i beni immobiliari detenuti in Francia dai residenti svizzeri via una società immobiliare, in proporzione alle quote di proprietà.

Scetticismo a destra

Un projet à «sens unique»? «La Suisse accepte l’impérialisme français!», fustige dans les colonnes du Temps l’avocat fiscaliste Philippe Kenel. Le paraphe du texte par Berne, l’approbation par la Conférence des directeurs cantonaux des finances ont provoqué un tollé, notamment à droite.

Entre-temps, le conseiller d’État vaudois Pascal Broulis s’est dit «très dubitatif» à propos du projet de convention, se démarquant ainsi de ses collègues ministres cantonaux des finances. «Ce n’est qu’un paraphe, on est loin d’une signature», a affirmé pour sa part le 14 août le député valaisan Christophe Darbellay.

Peut-être. Mais quelle est la marge de manœuvre de la Suisse? «Il est difficile de revenir sur un texte accepté par les autorités fédérales et cantonales, estime Nicolas Zambelli, avocat fiscaliste à Genève, spécialisé dans les questions franco-suisses. D’autant que Paris a menacé de résilier l’accord en vigueur si les négociations n’aboutissaient pas.»

Seule petite ouverture, suggère Me Zambelli: les modalités d’entrée en vigueur. Le projet d’accord mentionne 2014. Peut-être y aurait-il moyen de limiter la portée de l’accord aux héritiers des Français arrivés en Suisse après le 1er janvier 2014? »

La nouvelle convention va-t-elle dissuader de riches contribuables français de s’installer en Suisse? «Pas sûr. L’effet pourrait même être inverse, selon Me Zambelli. Certains clients, qui m’avaient fait part de leur souhait de se délocaliser, envisagent aujourd’hui de venir avec toute leur famille!» Et les Suisses réfléchiront désormais avant d’investir dans l’immobilier en France, ajoute l’avocat.

Una realtà in chiaro-scuro

 «Imperialismo francese» dunque? Prima dimostrazione di una campagna anti ricchi del neoeletto presidente socialista François Hollande? Le grandi parole nascondono realtà più complesse.

Da una parte, i negoziati sulla nuova convenzione sono stati lanciati nell’era dell’ex presidente di centro-destra Nicolas Sarkozy.

D’altra parte, «Parigi ha perfettamente diritto a rinegoziare delle convenzioni fiscali con i paesi vicini, sottolinea il consigliere nazionale ecologista Antonio Hodgers. Soprattutto quando queste hanno più di 50 anni». In un mondo in cui la popolazione è sempre più mobile è piuttosto normale, continua il deputato ginevrino, che un paese attinga alla maggior parte delle imposte dei cittadini residenti sul suo territorio.

La presidente della Confederazione Eveline Widmer-Schlumpf dovrebbe incontrare questo autunno il suo omologo francese François Hollande, per discutere in particolare della convenzione in materia d’imposte sulle successioni, così come di un eventuale accordo fiscale Rubik.

Il Consiglio federale (governo elvetico) sperava di organizzare questo incontro in Svizzera. L’ultima visita ufficiale di un presidente francese risale infatti a 14 anni fa, all’epoca di Jacques Chirac.

Stando al quotidiano romando Tribune de Genève, la riunione dovrebbe invece svolgersi a Parigi.

(Traduzione dal francese, Stefania Summermatter)

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