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La tessera di un partito? No, grazie

Delegati del Partito liberale radicale del canton Zugo al termine di una riunione. Per decenni, il PLR è stato il più importante partito svizzero. Oggi a livello nazionale arriva solo in terza posizione, dopo Unione democratica di centro e Partito socialista. Keystone

Come un po‘ in tutta Europa, anche in Svizzera i partiti tradizionali sono confrontati con un’erosione del numero di aderenti. Un’erosione confermata da alcuni studi, ma che non sempre traspare dalle cifre comunicate dai partiti. Questa evoluzione preoccupa, in particolare perché si traduce in una maggiore instabilità politica.

Fino agli anni ’70 erano circa 50’000, alla fine del 2013 poco più di 30’000. Di chi stiamo parlando? Dei membri del Partito socialista svizzero (PS), che nello spazio di quarant’anni ha perso circa il 40% degli aderenti.

Il PS sembra essere in buona compagnia. «È un fenomeno che tocca tutti i partiti in Svizzera e in Europa», osserva Michael Sorg, responsabile della comunicazione del PS. In un recente articoloCollegamento esterno, la BBC indicava che tra il 1980 e il 2009 la regressione del numero di iscritti ai partiti era compresa in una forchetta che va dal 30% in Germania al 65% nel Regno Unito. La Svizzera si situa a metà classifica, con una proporzione di poco superiore al 40%.

In Svizzera, il PS è uno dei pochi partiti a disporre di cifre affidabili, anche perché aderire al partito significa pagare una quota annua, calcolata in base al reddito.

Altri sviluppi

Conteggi discutibili

Partito liberale radicale (PLR, centro-destra) e Partito Popolare democratico (PPD, centro) asseriscono dal canto loro di poter contare su circa 100’000 membri ciascuno. L’Unione democratica di centro (UDC – destra conservatrice) – che non ha risposto alle nostre sollecitazioni – indica sul suo sito di annoverare 90’000 membri. Il Partito ecologista svizzero ha invece 18’500 membri, che pagano una quota di 50 franchi l’anno a livello nazionale. «La cifra è rimasta stabile in questi ultimi quattro anni», ci dice la segretaria generale Miriam Behrens, precisando però che si tratta di un’approssimazione, poiché i dati sono gestiti dai partiti cantonali.

Una stabilità che sembra caratterizzare anche il PPD, stando a quanto indica Thomas Jauch, segretario generale del partito. Quando chiediamo spiegazioni su come si diventa membri del partito e su come vengono conteggiati, Jauch ci rinvia alle sezioni cantonali e locali, «responsabili» di questo genere di questioni.

Per il politologo Andreas LadnerCollegamento esterno, professore all’Istituto di alti studi d’amministrazione pubblica di Losanna e autore di alcuni studi sul tema, questi dati vanno presi con le pinze. In ogni cantone o addirittura in ogni distretto e a seconda del partito, vigono infatti regole diverse. Fino a poco più di un anno fa, ad esempio, la sezione solettese del PLR considerava membro del partito chiunque nel cantone si riconoscesse nelle idee liberali.

«Gli stessi partiti non sanno esattamente quanti membri hanno. I conteggi sono fatti in maniera poco seria. Una persona paga una volta, poi magari non paga più l’anno dopo e continua ciò malgrado ad essere considerata un membro», osserva Ladner.

Declino

Dalle ricerche che sono state fatte «è comunque emerso che i grandi partiti, in particolare il PLR e il PPD, sono veramente in declino», aggiunge Ladner. In uno studio che aveva condotto nel 2005, il politologo era giunto alla conclusione che dal 1990, PPD e PLR avevano perso rispettivamente il 27 e il 25% di membri. Un po’ meglio era andata a PS e UDC, con cali del 15 e del 13%. Dopo la non rielezione di Christoph Blocher in governo nel 2007, l’UDC aveva registrato un aumento degli iscritti. «Dubito però che siano riusciti a conservarli tutti», rileva Ladner.

“La gente continua ad essere interessata alla politica, ma ha altre cose da fare e non vede bene quali siano i vantaggi ad essere membri di un partito”.

L’evoluzione preoccupa. Da un lato per le difficoltà nel trovare persone disposte ad occuparsi della cosa pubblica. «Sino alla fine degli anni ’80 vi era una rete locale che funzionava piuttosto bene. Da allora, è andata scomparendo, in particolare nei comuni più piccoli. La gente continua ad essere interessata alla politica, ma ha altre cose da fare e non vede bene quali siano i vantaggi ad essere membri di un partito», rileva Ladner. Non è raro che in certi comuni si faccia fatica a trovare persone disposte a farsi eleggere nei legislativi ed esecutivi locali.

Per il PS, che da sempre conta sulle quote versate dai suoi membri per finanziarsi, invertire la tendenza è vitale. «Abbiamo dei segnali incoraggianti, soprattutto dalla Gioventù socialista [più di 3’000 membri, ndr], che è il più grande partito giovanile in Svizzera e non aveva mai avuto così tanti membri», osserva Michael Sorg.

«Avere un numero sempre più grande di membri è importante per garantire la perennità del partito», sottolinea dal canto suo Aurélie Haenni, portavoce del PLR. «Un obiettivo ancor più essenziale è però di riuscire a mobilitare questi membri. Non basta avere sulla carta un numero elevato di membri. Bisogna anche che questi si rechino alle urne e partecipino alla vita politica».

Maggiore instabilità

«Quando negli anni ’90 ho pubblicato i miei primi articoli scientifici, affermavo che se questa emorragia fosse continuata, saremmo stati confrontati con una maggiore instabilità politica, con la nascita di nuovi partiti e così via. È quello che vediamo oggi. I partiti sono meno radicati nella società e la gente cambia molto più facilmente orientamento politico», rileva Andreas Ladner.

Per il politologo, è difficile immaginare la politica senza partiti, poiché questi incarnano un’idea della società. «Se tutto diventa troppo istantaneo, troppo individualista, diventa molto più difficile capire quali sono i grandi dibattiti di società. È un’evoluzione che mi preoccupa».

Michael Sorg solleva un altro problema: «La Svizzera non ha mai avuto un’élite politica che si è allontanata dal popolo ed è stata pagata dall’economia. Questo scenario rischia però di diventare realtà se i partiti non saranno più capaci di adempiere ai loro compiti nel sistema politico. È assolutamente necessario che restino delle organizzazioni ampie, radicate e sostenute dalla popolazione. A più o meno lungo termine, la Confederazione dovrà prendere delle misure per garantire il finanziamento dei partiti. Altrimenti saremo confrontati con ‘condizioni all’americana’, dove un piccolo gruppo di milionari regge il destino dei partiti e della politica».

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