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Lo «stalking», questo sconosciuto

Molestie, coazione, persecuzione: in merito al caso che ha coinvolto il capo dell'esercito svizzero, la stampa ha spesso parlato di «stalking», un concetto che il codice penale elvetico però non contempla.

È già capitato che la polizia municipale di Zurigo arrestasse degli «stalker». Non a caso, la sezione delitti violenti della stessa polizia ha pubblicato un opuscolo informativo sul suo sito internet.

Ma in questi giorni, in merito allo stalking le bocche sono cucite. Nessuno vuole dare l’impressione di esprimersi sul caso del capo dell’esercito Roland Nef, che per mesi avrebbe molestato la sua ex compagna con e-mail e telefonate arrivando addirittura a lasciare l’indirizzo, la foto e il numero di telefono di lei su siti dedicati ad incontri sessuali, con il risultato di esporre la donna alle fastidiose attenzioni di altri uomini.

Anche se la polizia non parla e i centri specializzati sono difficili da contattare, chi è alla ricerca d’informazioni non farà fatica a trovarle, soprattutto nella Svizzera tedesca, dove da qualche tempo il tema dello «stalking», o delle «molestie assillanti», è oggetto di dibattito. L’interesse è dato dal fatto che Germania e Austria, lo scorso anno, si sono dotate di una legge in materia.

Il gergo dei cacciatori

Senza equivalente perfetto in tedesco o in italiano, lo stalking rappresenta, in inglese, l’atto di avvicinare furtivamente la selvaggina da parte del cacciatore. Il nuovo significato è arrivato dagli Stati uniti alla fine degli anni Ottanta, quando una star della televisione, Rebecca Schaeffer, fu uccisa da un ammiratore.

Nel 1993, in seguito ad altri omicidi, tutti gli Stati uniti d’America si sono dotati di una legge anti-stalking. In Europa, i primi a seguire l’esempio sono stati i paesi scandinavi.

L’Ufficio federale per l’uguaglianza fra donna e uomo ha pubblicato una scheda informativa che definisce lo stalker (nell’80% dei casi i persecutori sono degli uomini, spesso degli ex partner) come l’autore di «persecuzioni e molestie ripetute e intenzionali».

Non di rado, gli stalker arrivano a minacciare l’integrità fisica e psichica della loro vittima. I loro atti possono sfociare in aggressioni fisiche o a sfondo sessuale o, ancora, in un assassinio.

Can che abbaia… morde

Il fenomeno in Svizzera è ancora poco studiato. In un articolo apparso nel 2000 nel giornale della Federazione svizzera degli psicologi, Henriette Haas (psico-criminologa) e Yolande Schori (criminologa) hanno cercato la correlazione tra minacce e passaggio alle vie di fatto. Basandosi su un’inchiesta svolta tra le reclute nel 1997, le due autrici avevano rilevato che tra coloro a cui era capitato di proferire delle minacce verbali, il 40% aveva ammesso di essere passato in seguito a degli alterchi violenti o di aver minacciato la vittima con un’arma da fuoco. Nel 6% dei casi avevano ferito qualcuno. Non sempre can che abbaia non morde, avevano concluso le autrici.

A prima vista, lo stalker può sembrare una persona gentile. Spesso una delle manifestazioni della sua presenza è l’invio di mazzi di fiori. Ma i suoi gesti sono eccessivi, ripetuti e, soprattutto, non desiderati dalla vittima.

Ci sono poi SMS, messaggi di posta elettronica e telefonici, i pedinamenti, il furto della posta, le violazioni di domicilio. Non di rado il molestatore passa alla violenza fisica.

Se lo stalker compie atti gravi, contemplati dal codice penale, come le minacce, la coazione o le violazioni di domicilio, l’inchiesta penale è possibile, a volte addirittura aperta d’ufficio. La legge però sembra ignorare le molestie meno evidenti.

Come sporgere denuncia se si ricevono quindici mazzi di fiori la settimana? «Il compito dei tribunali non è facile», ammette un avvocato di Zurigo. «Questo perché lo stalking non esiste come delitto penale. I casi, però, si moltiplicano».

Modifica del codice civile

Il 1° luglio 2007 è entrato in vigore l’articolo 28b del codice civile svizzero. Si tratta di un’aggiunta che permette ai giudici di obbligare i molestatori ossessivi a mantenere una determinata distanza dalle loro vittime. Sono però queste ultime a dover fare il primo passo chiedendo protezione al giudice.

E alla vittima spetta anche il compito di provare che è effettivamente insidiata. Inoltre, la protezione accordata attraverso l’ordinanza di un giudice non è che provvisoria, anche se può essere prolungata. Per molti specialisti, che non si stancano di denunciarla, questa è una lacuna legale.

È per colmare questa lacuna che l’ex deputato Bernhard Hess, lui stesso vittima di molestie assillanti, aveva depositato, il 21 marzo 2007, una mozione che chiedeva una legge anti-stalking. Il governo, citando il nuovo articolo del codice civile, aveva raccomandato di respingere la mozione.

In autunno Hess, membro dei Democratici svizzeri (un piccolo partito della destra nazionalista), non è stato rieletto e il suo intervento è stato archiviato. Così come vengono archiviate almeno la metà delle procedure per violenza domestica.

swissinfo, Ariane Gigon
traduzione, Doris Lucini

In origine il termine significava «appostarsi», «avvicinarsi di soppiatto». Oggi indica il fatto di molestare in modo assillante e per un lungo periodo (in media più di due anni) una persona.

Le vittime sono spesso costrette a cambiare le loro abitudini, a volte anche il lavoro. Molte arrivano ad aver paura di uscire di casa.

In più dell’80% dei casi, gli stalker sono uomini, spesso ex partner delle vittime (50% dei casi).

Stando ad una ricerca tedesca, il 40% delle vittime subisce anche aggressioni fisiche.

Gli Stati uniti, i paesi scandinavi, l’Austria e la Germania dispongono di leggi anti-stalking.

In Svizzera, dal 1° luglio 2007, il codice civile prevede misure di protezione per le vittime. Il giudice può ad esempio proibire al molestatore di avvicinare la vittima.

Lo stalking in quanto tale non è riconosciuto sul piano penale. Lo sono però molti degli atti che lo possono caratterizzare (per esempio coazione, violazione di domicilio, lesioni corporali).

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