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“La collera degli svizzeri all’estero dev’essere presa sul serio”

La direttrice dell'OSE Ariane Rustichelli al Congresso degli svizzeri all'estero 2019, svoltosi lo scorso agosto a Montreux Adrian Moser

Niente più voto elettronico, nessun candidato internazionale eletto e partecipazione in calo. Per gli svizzeri all'estero, il bilancio delle elezioni federali del 20 ottobre è meno incoraggiante che nel 2015. È la prova che occorre trovare una soluzione per rilanciare l'e-voting, afferma Ariane Rustichelli, direttrice dell'Organizzazione degli svizzeri all'estero (OSE).

Quest’anno, la Quinta Svizzera non ha ripetuto l’impresa di far eleggere uno dei suoi rappresentanti al parlamento elvetico. Nel 2015 l’ex ambasciatore Tim Guldimann, residente a Berlino, è stato il primo svizzero all’estero a sedere in una Camera federale, prima di dimettersi nel 2018.

Tutti privati di un sistema di voto online in seguito alla sospensione delle prove decisa dal governo elvetico, gli svizzeri all’estero hanno anche partecipato meno di quattro anni fa alle elezioni federali. A titolo di esempio, nel cantone di Ginevra il tasso di partecipazione è sceso dal 32 al 21%. Una situazione inaccettabile per la direttrice dell’OSECollegamento esterno Ariane Rustichelli.

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swissinfo.ch: Quest’anno nessuno dei candidati della Quinta Svizzera è stato eletto. Perché?

Ariane Rustichelli: Tim Guldimann, che era rinomato come ex ambasciatore, è stato un’eccezione. Era spesso sui media ed era conosciuto anche nel suo cantone, Zurigo, ciò che è essenziale per essere eletto. Quest’anno, non c’era una figura sufficientemente conosciuta all’interno del Paese per attirare abbastanza voti. La gente tende ad eleggere persone di cui ha sentito parlare o a votare per dei partiti.

In futuro l’elezione di uno svizzero o una svizzera all’estero al parlamento federale sarà ancora possibile?

Spero che accada di nuovo. È stato un bene avere in parlamento uno svizzero all’estero che potesse testimoniare direttamente le difficoltà incontrate. Con lo sviluppo di nuove tecnologie e la crescente importanza dei nuovi media, è immaginabile che tra due o tre legislature sarà più facile condurre una campagna a distanza.

Quando ha rassegnato le dimissioni, Tim Guldimann aveva detto che è “difficile vivere da qualche parte e fare politica altrove”. È possibile adempiere correttamente al proprio mandato parlamentare vivendo all’estero?

Ci sono certamente degli ostacoli, ma si possono prendere in considerazione degli aggiustamenti. Un modo sarebbe quello di partecipare alle sedute delle commissioni parlamentari, che riuniscono una quindicina di persone, in videoconferenza. All’OSE utilizziamo già questo sistema per le riunioni del nostro comitato, i cui membri vivono in maggioranza all’estero. D’altro canto, per quanto riguarda le sessioni del Consiglio nazionale, sarebbe difficile istituire tale sistema.

I tassi di partecipazione degli svizzeri all’estero sono in calo rispetto alle elezioni del 2015 in quasi tutti i Cantoni in cui sono disponibili dati. Come si spiega questa tendenza?

A mio parere, le ragioni sono tre. Ovviamente, la prima è la scomparsa del voto elettronico. Nel 2015 in quattro cantoni era disponibile. In questi quattro cantoni, anche il tasso di partecipazione della Quinta Svizzera è nettamente inferiore a quello di quattro anni fa. La possibilità di votare online influenza quindi direttamente la partecipazione degli svizzeri all’estero.

“La possibilità di votare online influenza direttamente la partecipazione degli svizzeri all’estero.”
Ariane Rustichelli 

C’è anche un fenomeno di scoraggiamento. Le prime prove di e-voting sono state effettuate nel 2003. Nel 2015 erano disponibili tre sistemi di voto online e ora nulla. Il voto elettronico sta retrocedendo.

Inoltre, la campagna non è stata molto emotiva. A parte il clima, non c’era un tema specifico su cui gli svizzeri all’estero sentissero il bisogno di intervenire. Se la questione europea fosse stata più tematizzata, è immaginabile che avrebbero partecipato di più perché sono direttamente interessati.

Le cifre mostrano che la diaspora ha votato in maggior misura per i Verdi. Perché è così ambientalista?

Non credo che gli svizzeri all’estero siano più ambientalisti. Tuttavia, in molti dei paesi in cui vivono, i partiti verdi si sono stabiliti da più tempo che in Svizzera. Fanno maggiormente parte del panorama politico e mediatico. Forse ritengono che questa problematica dovrebbe essere maggiormente rappresentata anche nel loro paese d’origine.

La vittoria dei Verdi è una buona notizia per l’OSE?

Non posso dire se sia una buona o una cattiva notizia. Tuttavia, abbiamo già ottimi contatti con parlamentari verdi o verdi liberali. Non siamo d’accordo su tutto, come del resto con tutti i partiti politici. Per quanto riguarda il voto elettronico, non siamo ancora riusciti a trovare un’intesa. Comprendiamo le loro preoccupazioni riguardo alla sicurezza del voto online, che è fondamentale anche per noi. Tuttavia, non è accettabile che 180’000 persone non possano esercitare i loro diritti politici. Dobbiamo quindi avviare con loro un dialogo diretto e pragmatico.

C’è grande frustrazione tra gli svizzeri all’estero che di nuovo non hanno potuto votare perché non hanno ricevuto la documentazione in tempo utile. Alcuni hanno perfino detto di voler presentare ricorso per invalidare il voto. È una minaccia da prendere seriamente in considerazione?

Un ricorso non avrebbe quasi nessuna possibilità di successo. Dobbiamo rimanere realisti. Tanto più che il governo ha rifiutato di riconoscere l’e-voting come terzo canale ufficiale di voto, al pari del voto alle urne o per posta.

Tuttavia, la collera degli svizzeri all’estero che non possono esercitare il diritto di voto dev’essere presa sul serio. Immagino che le persone che si lamentano desiderino piuttosto far valere la dimensione simbolica della loro azione. Vogliono dire: “Non accettiamo che le condizioni regrediscano!”.

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(Traduzione dal francese: Sonia Fenazzi)

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