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La Svizzera continuerà a vivere in una «gabbia dorata»

I deputati del parlamento hanno rifiutato l'entrata in materia sulla revisione della Legge federale sui cartelli. Keystone

La Camera bassa del Parlamento ha affossato la revisione della legge federale sui cartelli, che avrebbe dovuto permettere di lottare contro i prezzi troppo alti in vigore in Svizzera. La stampa svizzera reagisce tra delusione e comprensione. 

«In Svizzera si ha l’impressione di vivere in una gabbia dorata. Dorata, perché viviamo in uno dei paesi più ricchi e costosi del mondo. Una gabbia, perché i patrioti autoproclamati considerano antipatriottico se i consumatori svizzeri cercano di migliorare il loro potere d’acquisto all’estero», scrive il Tages Anzeiger.

Una legge sui cartelliCollegamento esterno esiste già da anni in Svizzera, ma era considerata da più parti troppo complessa e poco efficace. Da qui la volontà di una revisione, sostenuta dal governo e in particolare dal ministro dell’economia Johann Schneider-Amman.

Malgrado la lotta ai cartelli e ai prezzi alti sia stato un tema caldo in parlamento per quattro anni, mercoledì la revisione della legge è stata definitivamente affossata. Con una sempre meno insolita alleanza tra destra e sinistra, per la seconda volta nello spazio di pochi mesi, il Consiglio nazionale ha rifiutato per 99 voti a 80 (e 12 astenuti) l’entrata in materia sul progetto di modifica, archiviandolo così definitivamente. 

Alleanza tra destra e sinistra

La nuova legge avrebbe dovuto vietare «sia gli accordi cartellari orizzontali (intese tra concorrenti per fissare prezzi minimi o ripartizioni territoriali) sia quelli verticali (tra il produttore e i distributori, anche in questo caso per spartirsi il mercato e impedire importazioni parallele)», afferma sul “Corriere del Ticino” l’ex parlamentare Fulvio Pelli, che aveva difeso la revisione.

«Oggi spetta alla Commissione della concorrenza (COMCO) dimostrare che la presenza di un accordo di questo genere crea […] aumenti artificiali dei prezzi. Ciò rende le procedure difficoltose e lunghissime. Secondo la modifica proposta dal governo, la COMCO avrebbe subito potuto dichiarare illegali tali accordi, sarebbe poi spettato alle aziende provare che l’intesa non era ai danni del mercato ma una forma di organizzazione interna al settore», osserva Pelli. Il progetto iniziale prevedeva inoltre di istituire una nuova autorità di vigilanza sulla concorrenza, ma le due Camere non hanno voluto spingersi così lontano.

Le divergenze tra le Camere e i partiti vertevano anche su altri aspetti della revisione. I rappresentanti della destra economica hanno ritenuto che la nuova legge avrebbe rappresentato un onere troppo grande per le imprese, in un momento in cui la congiuntura mondiale non è proprio favorevole. Timori amplificati dalle minacce di Coca-Cola e Toblerone di lasciare la Svizzera in caso di accettazione della revisione. Le conseguenze sugli impieghi hanno fatto leva anche su parte della sinistra, in particolare quella vicina ai sindacati.

Un obiettivo troppo ambizioso e poco chiaro

All’indomani della decisione del Nazionale, diversi editorialisti sottolineano certo l’importanza di una lotta più energica contro i cartelli e i prezzi alti, ma criticano la direzione presa dal parlamento. «Il ministro dell’economia Johann Schneider-Amman, il Consiglio degli Stati e la commissione del Nazionale volevano risolvere troppi problemi in un colpo solo», afferma la “Berner Zeitung”.

La legge sui cartelli dovrebbe protegge la concorrenza tra gli attori del mercato, sottolineano dal canto loro il St. Galler Tagblatt e la “Neue Luzerner Zeitung”. «Né più, né meno. Durante i lavori parlamentari si è completamente perso di vista questo obiettivo».

Il rifiuto del Nazionale di ridiscutere un testo «ritenuto superfluo e dannoso, ha un primo merito: evitare anni di deliberazioni per poi arrivare a un veto finale», sottolinea “L’Agefi”. «Per le imprese, così come per i consumatori, lo status quo è preferibile, anche se non ideale. La pretensione illimitata di poter indovinare i mercati da parte di una commissione della concorrenza rimpicciolita avrebbe comportato rischi troppo grandi di arbitrarietà e insicurezza giuridica».

Quattro anni al vento

Ciò non toglie che, secondo diversi giornali, il parlamento ha appena «gettato nella spazzatura quattro anni di lavori». «Il fiasco era però programmato», scrive la “Tribune de Genève”. Perché la lotta contro i prezzi alti ha pesato meno del timore condiviso tra sindacati e padronato di penalizzare le imprese locali.

Per il “Tages Anzeiger”, i 99 parlamentari di destra e sinistra che hanno deciso di affossare la revisione sono come «pugili invisibili» della politica. «Invece di battersi per l’interesse comune, in realtà rappresentano interessi particolari». 

La decisione del Nazionale rappresenta una sconfitta per il ministro dell’economia Johann Schneider-Amman, ma soprattutto per le associazioni dei consumatori, che da anni si battono per una riduzione dei prezzi in Svizzera.

Dal canto loro, gli imprenditori hanno invece brandito la necessità di difendere il modello svizzero, che il “Tages Anzeiger” rimette però in questione: «Appartiene al modello svizzero il fatto che spendiamo quasi 10 miliardi di franchi all’anno per la carne o i cosmetici nei paesi vicini? O che in Svizzera spendiamo 20 miliardi di franchi in più per gli stessi prodotti?».

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