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Vista da Pechino, l’etica svizzera convince sempre

Stephan Rothlin nel suo ufficio di Pechino. Alain Arnaud

L’anno che si è appena concluso è stato piuttosto movimentato per la Svizzera: UBS, Libia, Polanski, minareti… Quale impatto per l’immagine elvetica? swissinfo.ch ha interpellato diversi svizzeri all’estero tra cui Stephan Rothlin, professore di etica economica a Pechino.

Da Pechino, dove risiede, lo specialista di etica Stephan Rothlin segue da molto vicino l’attualità cinese. Il professore, che padroneggia perfettamente la lingua, legge tutti i giorni la stampa e constata che i casi scottanti che hanno scosso la Svizzera nel 2009, non sono né evocati, né tantomeno commentati.

swissinfo.ch: UBS ha aggirato la legge per attirare clienti americani e aiutarli a frodare il fisco del loro paese. Un brutto colpo per la piazza finanziaria elvetica e il segreto bancario. Lo scandalo ha avuto ripercussioni in Cina? A che conclusioni si è giunti?

Stephan Rothlin: Sono convinto che l’eccellente reputazione di cui gode la Svizzera in Cina non abbia sofferto a causa di questo scandalo. La Svizzera e il suo sistema finanziario, le sue banche, vengono viste in Cina come modelli. La Cina presta molta attenzione alla reputazione della propria piazza finanziaria, basti vedere l’esempio di Hong Kong.

Trenta, quarant’anni fa, la città era conosciuta per essere estremamente corrotta. Oggi serve da modello, soprattutto grazie alla IAC (Independant Commission Against Corruption), che non si è accontentata di interventi cosmetici superficiali.

swissinfo.ch: Per dare seguito a una domanda di estradizione degli Stati Uniti, la giustizia svizzera ha proceduto all’arresto del cineasta franco-polacco Roman Polanski, posto successivamente agli arresti domiciliari nel suo châlet di Gstaad. Quali sono state le reazioni e come viene giudicato l’atteggiamento della Svizzera?

S. R.: Intanto confesso di nutrire una grande ammirazione per il cineasta Polanski. Ma analizzando le reazioni oltraggiate e un po’ precipitose dopo l’arresto, da parte di una sedicente classe intellettuale in Francia, non possono non vedere un certo velo di ipocrisia.

D’accordo, siamo liberali, siamo laici ad ogni costo. Ma ci sono comunque dei limiti. Si può essere celebri come Polanski, o portare il nome di Mitterrand, ma le leggi valgono per tutti e si applicano a tutti, anche a coloro che hanno i mezzi di risiedere a Gstaad. La piega che ha preso questa vicenda ha fatto perdere la faccia a certi intellettuali francesi, sempre pronti a rivendicare il monopolio della morale. Per me si tratta di una sorta di modesto trionfo.

swissinfo.ch: Due cittadini svizzeri sono bloccati in Libia da quando la polizia ginevrina ha posto in stato di fermo il figlio di Gheddafi. Un caso che ha tenuto banco tutto l’anno e che ha spinto il presidente della Confederazione a scusarsi con Tripoli. In Cina come viene giudicata la Svizzera e la sua incapacità di trovare una soluzione alla crisi?

S. R. : In Cina è semplicemente inimmaginabile che il numero uno faccia da tiro al bersaglio. Il rischio di perdere la faccia balza all’occhio. In ogni caso, secondo me, il figlio di Gheddafi in Cina potrebbe fare ciò che gli pare senza correre nessun rischio, dal momento che lui e soprattutto suo padre sono considerati “amici della Cina”. In Svizzera, ancora una volta, la legge è uguale per tutti, il che non è per nulla il caso in Cina, malgrado enormi progressi negli ultimi trent’anni.

swissinfo.ch: La maggioranza del popolo svizzero ha deciso di scrivere nella Costituzione il divieto di costruire nuovi minareti. In Cina come è stata accolta questa decisione? Si immaginano conseguenze particolari?

S.R.: Pechino esiterebbe molto a criticare a Svizzera. In Cina si percepisce una certa reticenza rispetto all’Islam. Ma penso soprattutto che i cinesi, come gli svizzeri, siano estremamente pragmatici.

Personalmente ho votato no. Ma non credo che le persone che si sono espresse a favore del divieto abbiano voluto negare ai musulmani il diritto di praticare la loro religione. È stato soprattutto un modo di dire: “Sei libero di fare ciò che vuoi, fintanto che non interferisci con la mia libertà”.

swissinfo.ch: Qual è il suo giudizio personale su tutti questi eventi e in che misura hanno modificato la sua situazione di svizzero all’estero?

S.R.: In tutti questi eventi vedo la conferma dell’importanza etica. La Svizzera e l’UBS sono state fortemente scosse nelle loro certezze e ciò ha innescato una serie di reazioni positive. Ora non è più possibile nascondersi dietro una lettura molto ristretta delle leggi e si può criticare il mondo della finanza. Prima era una vacca sacra.

Ad ogni modo, continuo a provare rispetto e un amore profondo per la Svizzera. Queste vicende non la mettono in discussione, sottolineano al contrario il livello di trasparenza che regna in Svizzera, infinitamente più elevato della Cina.

Alain Arnaud, Pechino, swissinfo.ch
(traduzione dal francese di Françoise Gehring)

Città tentacolare, la capitale cinese si estende su un territorio grande come il Belgio.

Il comune conta circa 18 milioni di abitanti e la tendenza è al rialzo. Il traffico è infernale, il parco auto aumenta di 2’000 unità ogni giorno, incidendo sull’inquinamento atmosferico, principalmente alimentato dalle fabbriche delle vicine province e dalle centrali a carbone.

Malgrado gli sforzi messi in campo per i Giochi Olimpici del 2008 in vista di ridurre le emissioni nocive, le concentrazioni delle sostanze inquinanti oltrepassano regolarmente i livelli di allarme.

Le estate pechinesi si sviluppano sotto il segno della canicola. Malgrado l’asprezza degli elementi e delle condizioni di vita, la maggioranza degli abitanti si distingue per un ottimismo e una gentilezza fuori da comune.

Stephan Rothlin è dottore in etica degli affari e in sociologia.

Originario di Svitto, si è trasferito a Pechino nel 1998 dopo aver insegnato all’Università di Zurigo. Nella capitale cinese ha insegnato i principi dell’etica economica agli studenti delle principali università del paese, come pure alla Scuola centrale del partito.

Nel 2004 ha fondato il Centro internazionale per l’etica negli affari (CIBE – Center for International Business Ethics), di cui oggi è il segretario generale. Il suo obiettivo è di sostenere le élite cinesi nella lotta contro la corruzione e di diffondere i principi della morale economica nel mondo degli affari in Cina.

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