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Votazione federale 27.9.2020: iniziativa per un’immigrazione moderata

Svizzeri all’estero più ostili all’iniziativa “per la limitazione”

documenti di voto.
Keystone / Anthony Anex

Come spesso accade, il comportamento di voto degli espatriati si è distinto da quello dell'insieme dei cittadini svizzeri nello scrutinio popolare del 27 settembre. Il rifiuto degli svizzeri all'estero all'iniziativa "per un'immigrazione moderata" è stato più categorico e il sostegno al congedo di paternità più massiccio.

Il no all’iniziativa “per un’immigrazione moderata” – chiamata anche “per la limitazione” – uscito domenica dalle urne elvetiche è stato chiaro. Più del 61% dei votanti ha rifiutato l’abolizione della libera circolazione delle persone con l’Unione europea chiesta dall’iniziativa dell’Unione democratica di centro (UDC, destra conservatrice).

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Il no degli svizzeri all’estero è stato ancor più netto. È quanto emerge da un sondaggio realizzato dall’istituto gfs.bern per conto della Società svizzera di radiotelevisione SRG SSR, di cui fa parte swissinfo.ch. Secondo l’indagine demoscopica, 7 votanti all’estero su 10 si sono opposti all’abolizione della libera circolazione. “Uno sguardo sulla Svizzera dall’estero porta ad una criticità leggermente superiore nei confronti dell’iniziativa”, sintetizza l’istituto di ricerche.

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Questo risultato complessivo si è verificato in tutti i cantoni nei quali i voti degli svizzeri all’estero sono conteggiati separatamente e dunque si dispone dei dati reali. E il divario tra il risultato complessivo del cantone e quello del voto dei suoi espatriati è talvolta molto ampio. È il caso, ad esempio, di Appenzello Interno, dove l’iniziativa dell’Udc è stata approvata da oltre il 54% dei votanti, mentre gli appenzellesi all’estero l’hanno bocciata nella misura dell’80%.

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L’Organizzazione degli Svizzeri all’estero (OSE), “portavoce” ufficiale nella Confederazione della diaspora elvetica, ha accolto con soddisfazione e sollievo questi risultati. “Era fondamentale per gli svizzeri all’estero, e più in particolare per i 460’000 concittadini residenti in un Paese dell’Unione europea e i loro familiari, che fosse mantenuta la via bilaterale”, si è rallegrata la direttrice dell’OSE Ariane Rustichelli in un comunicato stampa.

Tra gli altri elementi emersi dal sondaggio, da notare che l’Udc è stata seguita con forza dal suo elettorato, ma non è riuscita a convincere al di fuori delle sue fila.

Soprattutto, dall’indagine demoscopica è risultato che gli svizzeri non erano disposti a rischiare l’accesso al loro mercato più importante in tempi di crisi economica. “L’iniziativa è fallita principalmente a causa dei timori che il suo successo significasse anche la fine dei negoziati bilaterali”, si legge nel rapporto del gfs.bern.

Secondo il sondaggio, il rifiuto è fondato anche su un’esperienza positiva. Il 61% dei partecipanti all’inchiesta, ritiene che gli accordi bilaterali con l’UE siano per lo più positivi e solo una minoranza esprime un giudizio prevalentemente critico.

Ciononostante, il dibattito su un accordo quadro è tutt’altro che concluso. Sebbene ci siano visibilmente più sostenitori per un accordo quadro che oppositori, nessuna delle due parti ha la maggioranza assoluta. Circa una persona su cinque afferma di non essere attualmente in grado di avere un’opinione precisa.

Maggiore apertura

Per Thomas Milic, politologo presso l’Università di Zurigo, un tale divario di voto non è sorprendente per un argomento di questa natura. “Nella politica europea, gli svizzeri all’estero generalmente votano in modo più aperto”, ha spiegato a swissinfo.ch.

Per questo specialista del profilo politico della diaspora svizzera, il fenomeno si spiega certamente, da un lato, dal fatto che gran parte degli svizzeri espatriati vive nei Paesi europei vicini e quindi loro stessi beneficiano della libera circolazione.

Poiché sono loro stessi migranti, gli svizzeri all’estero tendono a considerare la migrazione in modo più favorevole rispetto ai loro connazionali in patria. D’altronde, avevano respinto in modo schiacciante l’iniziativa dell’UDC “contro l’immigrazione di massa” nel 2014.

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A ciò si aggiungono fattori legati alla tipologia della diaspora. “Molti svizzeri vivono all’estero per motivi economici”, il che significa che sono “in generale favorevoli a un sistema economico liberale e votano anche in modo più aperto sulle questioni di società rispetto agli svizzeri nel loro insieme”, benché ci siano ovviamente delle eccezioni, aveva analizzato Thomas Milic in una precedente intervista a swissinfo.ch.

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Perché gli svizzeri all’estero votano in modo diverso?

Questo contenuto è stato pubblicato al Il politologo Thomas Milic ha studiato da vicino il profilo politico della Quinta Svizzera. Lavora presso l’istituto SotomoCollegamento esterno dove si occupa di tematiche legate alle votazioni, di ricerca parlamentare e di psicologia politica. Collabora regolarmente con il Centro per la democrazia di AarauCollegamento esterno. Questo è il primo contributo di Democracy Lab, una serie…

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Un ampio divario tra gli svizzeri all’estero e i loro connazionali in patria si è registrato domenica anche nel voto sul congedo di paternità. Gli espatriati hanno letteralmente plebiscitato la riforma, con oltre il 75% di sì in quasi tutti i cantoni analizzati, mentre nel risultato complessivo uscito dalle urne elvetiche i sì si sono collocati al 60%.

Anche in questo caso, Thomas Milic considera questo risultato coerente. “Gli svizzeri all’estero tendono a votare più a sinistra e più verde rispetto al resto della Svizzera”, osserva. Il politologo ritiene che l’adesione degli svizzeri all’estero alla riforma per introdurre il congedo paternità sia probabilmente soprattutto ideologica, ma forse anche motivata dal fatto che ne beneficiano nel loro Paese di residenza, e/o vorrebbero averne diritto se per caso rientrassero in patria.

Nonostante che i divari siano meno significativi, la maggioranza degli svizzeri all’estero ha invece detto sì all’aumento delle deduzioni fiscali per figli e alla legge sulla caccia, che erano combattute dalla sinistra e che alla fine non ha superato l’esame delle urne.

Thomas Milic lo vede come un’espressione della tendenza degli espatriati a seguire in genere le raccomandazioni di voto del governo. Ovviamente sono meno raggiunti dalle campagne di affissione e la loro principale fonte di informazione in materia di votazioni rimane l’opuscolo delle spiegazioni del Consiglio federale, precisa.

La differenza di comportamento di voto più esigua tra gli svizzeri all’estero e quelli in patria si è registrata sul rinnovo della flotta di aerei da combattimento. Poco più del 51% degli svizzeri all’estero ha votato contro il credito di 6 miliardi di franchi per l’acquisto di nuovi aviogetti militari, mentre nel risultato globale i sì si sono situati al 50,1%.

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Traduzione dal francese: Sonia Fenazzi

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