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Pollack: “Onorato e un po’ nervoso”

Pollack ha chiesto ad alta voce: "Perché fate il Festival quando piove?" swissinfo.ch

Il Festival di Locarno rende onore al grande cinema americano. Il regista, produttore e attore Sydney Pollack premiato per la carriera.

Sono pochi i registi del circuito di Hollywood che sono riusciti a conciliare le esigenze commerciali con l’impegno, l’estetica e la qualità. Fra questi si distingue Sydney Pollack che ha saputo offrire al grande pubblico delle perle in celluloide in quasi quarant’anni di carriera. Disponibile, commosso e anche un po’ nervoso il regista si è presentato al pubblico europeo che lui stesso ha definito “molto esigente”.

“Ho lavorato soprattutto nel circuito commerciale – ammette Sydney Pollack all’incontro con la stampa di Locarno – ma ho sempre cercato uno spazio per delle idee ragionevolmente intelligenti”.

Sperimentatore

Pollack ha anche giocato con i generi. Puntualmente la storia si inserisce in un contesto diverso, urbano o esotico, bellico o sentimentale, ma sempre autentico. Si possono ricordare i più famosi: “Tootsie”, “I tre giorni del Condor”, “Come eravamo”, e soprattutto “La mia Africa”, premiato con sette Oscar.

Pollack è anche cosciente del ruolo attuale degli Stati Uniti e dell’immagine della superpotenza nel mondo. Un’immagine determinata anche dal film ‘made in USA’ che inonda le sale del pianeta. “Non è possibile essere ricchi e potenti ed essere amati. Per questo gli americani devono munirsi di un particolare senso di responsabilità”, dice il regista cosciente del suo ruolo.

Ma tematizzare il tempo presente in un film non è cosa facile, lo ammette senza mezzi termini: “Ci sono voluti dieci anni perché Hollywood producesse un film importante sulla Guerra del Vietnam. Ci vorrà ancora tempo per riuscire a dare un’espressione agli anni Novanta”.

Inoltre un film deve essere una storia, una vicenda umana che coerentemente si rispecchia in un contesto. “Per la lettura di uno stato sociale ci vuole un prisma che separi i colori e permetta una selezione chiara – spiega il regista – non basta un vetro che riflette. Altrimenti sarebbe un documentario o propaganda”.

Produttore

Pollack non è solo un protagonista della guida dei attori e immagine, come ha sottolineato Teresa Cavina vice-direttrice del Festival di Locarno, ma anche un promotore del cinema di qualità.

E l’illustre ospite di Locarno precisa: “Ci sono diverse qualità che distinguono un produttore: la capacità di trovare i soldi, la capacità di unire storia e regista, raramente si trova anche un produttore con un senso per l’estetica oppure uno che sappia dare la costanza alla realizzazione fino al montaggio finale. Il mio interesse è soprattutto diretto alla gestione del messaggio del film”.

Un impegno dimostrato come produttore, ma anche come promotore del Festival del cinema indipendente americano, il Sundance Film Festival.

Omaggio a metà

Per festeggiare il suo premio, Pollack ha scelto un film del 1969, “They shoot horses, don’t they?” (“Non si uccidono così anche i cavalli?”). Un film ambientato durante la crisi economica degli anni Trenta in cui la necessità spinge uomini e donne ad azioni impensate. Proprio una di queste è riletta in veste cinematografica da Pollack a distanza di trent’anni, in un clima emozionale e politico completamente diverso.

Strana la vicenda, rinchiusa in una sala, dove la cinepresa rincorre vorticosamente i personaggi. Si tratta di una maratona di ballo. Chi non molla vince e si porta a casa un pugno di dollari. Nell’insistente sfondo musicale si delineano nuove amicizie, destini caratteri. Un manifesto per il cinema promosso dal regista americano. Costante nella filmografia è infatti lo sviluppo umano, il percorso che porta alla conoscenza o al cambiamento interiore.

Si tratta del terzo lungometraggio e Pollack ha auspicato fortemente una proiezione in Piazza Grande: “Sono vent’anni che non vedo questo film. Inoltre non ho mai visto una mia opera proiettata su uno schermo così grande e di fronte a tanta gente”. Il regista ha colto lo spirito di Locarno e sembra gustarlo fino in fondo. Gli sembra di incontrare quel pubblico giovane, interessato e forse anche impegnato, come al festival del film indipendente americano Sundance.

Il pubblico è accorso a gremire la Piazza e applaude la consegna del premio con uno scroscio di applausi. Ma il tempo non è clemente; dopo gli applausi è la pioggia a farla da padrone. La proiezione è trasportata al chiuso. A Pollack l’onore del Pardo, ma non la magia della Piazza.

Daniele Papacella, Locarno

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