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Prima i nostri a Ginevra, anche le aziende si impegnano

Poggia mette un altro tassello nella sua costruzione volta a favorire la manodopera indigena. KEYSTONE/MARTIAL TREZZINI sda-ats

(Keystone-ATS) Novità sul fronte del lavoro a Ginevra, dove gli imprenditori prendono impegni in favore della manodopera locale.

La sezione cantonale della Federazione delle imprese romande (FER) ha firmato un accordo con l’Ufficio cantonale del lavoro (OCE) che invita le aziende a rivolgersi ai servizi dello stato, prima di cercare le maestranze oltre oltre confine.

“Si tratta di un partenariato senza precedenti a favore delle persone in cerca di lavoro”, ha dichiarato ieri in una conferenza stampa Mauro Poggia, consigliere di stato responsabile dell’occupazione.

Dalla sua elezione nel 2013 l’esponente del Mouvement citoyens genevois (MCG) ha fatto della preferenza indigena la pietra angolare della sua azione politica. È fra l’altro riuscito a imporre questo approccio a tutta l’amministrazione cantonale, alle entità sovvenzionate e alle imprese parastatali come l’aeroporto o l’azienda dei trasporti pubblici. In questi ambiti tutti i posti vacanti vanno annunciati all’OCE.

Ora Poggia affronta il settore privato, che per la prima volta si impegna a sensibilizzare e a incoraggiare i datori di lavoro ginevrini ad assumere lavoratori locali. Un’idea impensabile dieci anni or sono, ha sottolineato il politico con doppia cittadinanza svizzera e italiana. “Oggi c’è la volontà di tenere un discorso di partenariato tra lo stato e le aziende private”.

Per Poggia la questione è profonda. “È importante per la nostra economia, ma anche per la coesione sociale, non abbandonare sul ciglio della strada le persone che hanno perso il loro lavoro per andare a cercare gente che, purtroppo, viene da sempre più lontano”, ha argomentato il 60enne alla radio RTS. “A parità di competenze bisogna assumere localmente”.

Il partenariato si ispira proprio alle misure prese nell’ambito dell’amministrazione cantonale. “Ci si rende conto che l’approccio funziona, che ci sono competenze sul posto”. Il 77% delle persone assunte dallo stato erano infatti candidati presentati dall’OCE.

Firmando la carta in questione un datore di lavoro è soggetto a una serie di obblighi: deve pubblicizzare i posti vacanti all’OCE, ricevere i candidati proposti, se hanno il profilo desiderato, e valutarli, ha spiegato Poggia. Le aziende hanno però il diritto di di non assumere nessuno dei profili presentati dai servizi cantonali.

Da parte sua l’OCE si impegna a inoltrare fino a cinque candidature mirate entro cinque giorni lavorativi dal ricevimento dell’annuncio del posto vacante. Il dossier viene inoltre seguito da una sola persona. “L’OCE deve assurgere a ponte tra il settore privato e lo stato e diventare la più grande agenzia di collocamento del cantone”, ha affermato il consigliere di stato con formazione di avvocato.

Il nuovo approccio dovrebbe anche permettere di individuare le esigenze delle imprese e quindi dei percorsi formativi che devono essere sviluppati nel cantone. “A medio termine, la nostra economia deve trovare nelle vicinanze le forze vitali di cui ha bisogno”, ha spiegato Poggia. In questo ambito è stato citato il settore sanitario, dove oggi è difficile trovare personale qualificato.

L’intesa di partenariato OCE-FER Ginevra, a cui è associata anche l’UAPG, l’unione degli organismi padronali del cantone, non è comunque vincolante o coercitiva, contrariamente alle direttive della fine del 2014 concernenti lo stato, che devono essere scrupolosamente rispettate. Può anche essere denunciata in qualsiasi momento.

La firma dell’accordo dimostra la buona volontà della FER Ginevra, che conta 28’000 membri, ha sottolineato il suo presidente, Ivan Slatkine. L’obiettivo è anche portare l’OCE a comprendere meglio le esigenze dell’economia, in modo che possa rispondervi in modo adeguato, ha aggiunto.

L’imprenditore ha peraltro ha ribadito il suo forte attaccamento agli accordi bilaterali. “La carenza di manodopera si fa sentire in settori sempre più ampi: da qui la necessità di un’economia aperta”, ha sostenuto Slatkine. A suo avviso non si può però nemmeno rimanere ciechi di fronte alle tensioni che questi movimenti possono causare. È naturale che gli imprenditori siano sensibili a questo aspetto e che cerchino di attingere al serbatoio di lavoratori locale, ha concluso.

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