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Sguardo svizzero nelle manifestazioni brasiliane

Zurigo, 20 giugno 2013: manifestanti brasiliani denunciano lo sperpero del loro stato per l'organizzazione dei Mondiali di calcio del 2014 Keystone

Le proteste in Brasile hanno messo in luce un’insoddisfazione diffusa. Ma i manifestanti faticano a formalizzare le loro rivendicazioni L’analisi del politologo svizzero Rolf Rauschenbach, ricercatore presso l’Università di Sao Paulo.

Molte città brasiliane sono state investite dalle manifestazioni. Il movimento ha suscitato forti emozioni, in Brasile e nel mondo, e ha elettrizzato le reti sociali, mettendo in scacco la copertura giornalistica tradizionale.

Cittadini comuni si sono alzati dal divano e sono scesi in strada con la bandiera bianca, chiedendo pace, chiedendo la riduzione delle tariffe dei trasporti pubblici, più sicurezza, educazione, salute e anche le dimissioni della presidente Dilma Rousseff.

Persino Zurigo, lo scorso 20 giugno, ha vissuto la prima manifestazione di brasiliani in Svizzera.

La moltitudine di manifestanti mostra una grande insoddisfazione, ma non sembra avere obiettivi chiari. Il politologo svizzero Rolf Rauschenbach, da quattro anni ricercatore presso facoltà di filosofia e scienze sociali dell’università di Sao Paulo, offre un’analisi degli avvenimenti, tracciando quella che potrebbe essere la via per tradurre la frustrazione generalizzata in proposte politiche concrete.

L’organizzazione Solidar Suisse ha consegnato il 24 giugno al presidente della FIFA (Federazione internazionale del calcio), Sepp Blatter, alla sede centrale di Zurigo, una petizione sottoscritta da 28’000 persone che esigono una “Coppa del mondo equa in Brasile”.

Si chiede in particolare che la FIFA si “assuma le sue responsabilità” e si impegni in Brasile per il rispetto dei diritti umani e contro lo sfruttamento nei cantieri.

Secondo Solidar Suisse, da quando sono cominciati i lavori almeno 200’000 persone sono state costrette con la forza a lasciare le loro case. Inoltre, decine di migliaia di commercianti ambulanti hanno perso la loro licenza.

Da notare che da due settimane i brasiliani manifestano denunciando le carenze dei servizi pubblici, mentre lo stato ha speso 13,5 miliardi di franchi in vista dei Mondiali di calcio del 2014. Finora la FIFA non ha reagito giudicando che si tratti di una problema interno, conclude l’organizzazione in una nota.

(Fonte: agenzia di stampa Ats)

swissinfo.ch: Quando furono annunciate le prima manifestazioni, si potevano immaginare le dimensioni che avrebbero raggiunto?

Rolf Rauschenbach: Ci sono continuamente proteste, ma di dimensioni minori. Per me è stata una sorpresa vedere tutta questa gente unita nelle manifestazioni. D’altra parte però mi aspettavo che qualcosa del genere accadesse. I problemi sono tanti e non riuscivo a capire perché non fosse successo prima.

swissinfo.ch: È possibile che i brasiliani stiano abbandonando la loro passività? Perché c’è voluto tanto tempo prima che si arrivasse a simili manifestazioni?

R. R.: Negli ultimi anni il Brasile ha fatto molti passi avanti. Tutti hanno guadagnato qualcosa. C’è stato un aumento del potere d’acquisto e anche rispetto a problemi come, per esempio, l’inquinamento e il traffico, il malessere non è ancora generalizzato. Ma mentre le condizioni materiali stanno migliorando, c’è ancora chi lotta per la sopravvivenza.

Quanto alle proteste, bisogna dire che in un paese di 200 milioni di abitanti, 200’000 persone che manifestano sono relativamente poche. Il movimento Diretas Jà (un movimento attivo nel 1984-85 a favore dell’elezione diretta del presidente del Brasile, NdT) portò in piazza circa un milione di persone. La situazione è segnata fino a oggi da frustrazione e sfiducia nei confronti della politica, si basa sull’idea che niente possa mai cambiare.

A Zurigo il 20 giugno scorso si è tenuta la prima manifestazione di brasiliani in Svizzera, con la partecipazione di circa 300 persone (stando agli organizzatori). La manifestazione, autorizzata, ha avuto luogo sull’Helvetiaplatz, nel centro della città. I dimostranti hanno inalberato striscioni simili a quelli visti in Brasile e hanno cantato l’inno nazionale.

swissinfo.ch: Pensa che la Primavera araba abbia avuto un influsso sulle manifestazioni brasiliane?

R. R.: Sì, ha avuto un influsso. Ma è difficile dire esattamente perché. Non è possibile quantificarlo, ma è chiaro che le immagini della Primavera araba continuano in qualche modo a essere una fonte d’ispirazione. Le persone capiscono che la protesta esiste e può funzionare, ma non sono molto consapevoli di quello che stanno facendo. Non voglio essere pessimista, ma la situazione politica globale non è delle migliori. Questo crea frustrazione e disorientamento.

La protesta è il modo più elementare di mostrare la frustrazione. Gli intellettuali non amano molto dirlo, ma c’è anche un elemento ludico nelle manifestazioni. C’è una volontà di stare insieme, un comportamento animale anche, quasi erotico. Sono forze molto potenti. Ne ha parlato il filosofo Elias Canetti in

Massa e potere

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Keystone

swissinfo.ch: Cosa ci si può attendere in futuro da questa ondata di proteste?

R. R.: In generale queste proteste sono effimere e per definizione non riescono a stabilire un potere formale. Finora hanno avuto successo, anche se a livello superficiale. I prezzi dei biglietti degli autobus sono scesi in varie città.

Ma ci sono motivi più importanti dei 20 centesimi risparmiati sul costo dei trasporti. E qui viene il difficile. È legittimo chiedere miglioramenti nell’educazione, nella sanità, nella sicurezza, nei trasporti pubblici. Ma per ottenerli non basta la protesta. Questa è la fase critica del movimento. Tutte queste cose toccano la nostra vita e sono interdipendenti.

swissinfo.ch: E ora, che fare di tutta questa mobilitazione?

R. R.: La protesta ha una spontaneità informale. È necessario trasformare e formalizzare le rivendicazioni. A Sao Paulo la legge organica municipale prevede che un’iniziativa popolare debba avere il sostegno del 5% dell’elettorato e inoltre l’approvazione del consiglio comunale. È una cifra molto alta.

In Svizzera, per esempio, per lanciare un’iniziativa basta il 2% circa dell’elettorato. Allora, un prossimo passo dopo le manifestazioni potrebbe essere di chiedere, per iniziativa popolare, di cercare di abbassare questo 5% e permettere così consultazioni popolari dirette più facili.

Ci sono interrogativi sulla legittimità di manifestazioni con 100’000 partecipanti. Un modo di aggirare la questione sarebbe organizzare una consultazione popolare, proporre referendum e plebisciti per formalizzare le rivendicazioni. È facile parlare di 20 centesimi.

Ficha Limpa o Legge complementare no. 135 del 2010 è una legge brasiliana che ha emendato la Legge sulle condizioni di ineleggibilità del 1990, nata in seguito a un progetto di legge di iniziativa popolare lanciato dal giudice Márion Reis. L’iniziativa ha raccolto 1,3 milioni di firme.

La legge dichiara ineleggibile per otto anni un candidato a cui è stato revocato il mandato, si è dimesso per evitare la revoca del mandato o è stato condannato da un organo collegiale (con più di un giudice), anche se la sentenza non è definitiva.

Fonte: Wikipedia

swissinfo.ch: Il Brasile ha già conosciuto alcune consultazioni popolari. Come valuta queste iniziative?

R. R.: Fare una consultazione popolare è facile. Più difficile è organizzare un processo politico. È un lavoro che dipende anche dalla buona volontà dell’elite politica. Va ricordato che l’iniziativa popolare Ficha Limpa (iniziativa che riuscì nel 2009 a imporre una legge contro la corruzione in politica, NdT) ha raccolto 1,3 milioni di firme. Nel 2011, nello stato di Parà, nella regione Nord del Brasile, c’è stata una votazione popolare per la creazione di nuovi stati. La proposta è stata respinta. Ci sono stati errori di comunicazione, oltre a problemi logistici.

(traduzione dal brasiliano e adattamento: Andrea Tognina)

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