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Rassegna stampa del 21.10.2002

swissinfo.ch

L'Expo.02 è finita. I giornali svizzeri si esprimono in modo critico, ma anche con una vena di nostalgia e soddisfazione sull'esposizione nazionale.

Cosa resterà dell’Expo.02? Solo il futuro potrà dircelo.

Per il cubo di Morat, la nuvola di Yverdon, il ponte di Bienne e la sfera di Neuchâtel la grande opera di smontaggio è cominciata, scrive il Tages Anzeiger di Zurigo. Resteranno le immagini di un’esposizione. Secondo il “Tagi”, la maggior parte della gente può dirsi contenta dell’Expo.

Contento il pubblico: nove persone su dieci, secondo un sondaggio. Contenti, di conseguenza, i politici, che non dovrebbero rimpiangere di avere colmato il deficit a colpi di centinaia di milioni. E contenti anche quei politici che vi si opposero, dal momento che hanno trovato così un buon argomento di campagna. Infine, contenti anche tutti quelli che non hanno boicottato l’Expo, visto che tutto sarà smontato. “L’Expo è stata una festa. Né più né meno. Cara ma bella.”

Anche per il bernese “Der Bund” L’Expo è riuscita a sedurre il pubblico, che nemmeno le lunghe code d’attesa hanno scoraggiato. La riflessione sul fatto di essere svizzeri non è sempre stata possibile, gli organizzatori non hanno costretto il pubblico alla riflessione, ma sicuramente i semi per una discussione futura sono stati piantati. Sulla montagna di immagini che resteranno questi semi potranno germogliare

Fotografie per ricordare domani i colori di oggi

La “NZZ” riporta la chiusura di Expo 02 in prima pagina. All’interno inoltre il quotidiano zurighese abbandona il tradizionale bianco e nero e dedica un inserto a colori alle ultime ore dell’esposizione nazionale. I sorrisi che campeggiano dalle fotografie rimandano al tenore positivo del commento: il pubblico è contento, le arteplages affollatissime anche per l’ultimo atto, organizzatori commossi e con una sola parola in bocca: grazie.

“Insegnare la gioia”, secondo la “NZZ” è stato questo il vero merito di Expo 02. Alle porte delle arteplages si sono lasciati il cinismo, il cattivo umore e la rassegnazione. Una novità per lo svizzero medio che, complici forse anche le lunghe ore d’attesa, si è scoperto capace di osservare quanto lo circonda.

Per fissare l’esperienza Expo si sono scattate una moltitudine di fotografie, un’eredità che permetterà di rievocare l’esperienza vissuta e di comunicarla alle generazioni future. Il “giocattolo nazionale” è dunque portatore di speranza, è l’emblema di una Svizzera che esiste attraverso il “settimo senso” dei suoi cittadini: la capacità di essere felici.

La “Basler Zeitung” apre con le dichiarazioni di soddisfazione e appagamento degli organizzatori: “l’Expo è stata un successo.” All’interno, rinunciando a un commento, si dà spazio alle opinioni di alcuni visitatori provenienti dalla regione basilese. Ancora una volta l’Expo viene promossa, anche se si lamentano le ore d’attesa, i treni stracolmi, le lacune organizzative e soprattutto lo smacco d’immagine dovuto ai problemi iniziali.

Finalmente svizzera (o forse no)

Il “Blick” saluta la riconciliazione di Expo.02 con la bandiera svizzera “Ciò che è cominciato in maggio senza bandiere si è concluso con il monolite avvolto da 900m quadrati di stoffa rossocrociata.”

Il quotidiano zurighese dà risalto al sapore dolce amaro della cerimonia di chiusura: alla felicità per una scommessa vinta si aggiunge la tristezza per un’avventura giunta al termine. “Sparisce un pezzo di poesia” con queste parole si dice addio alla nuvola di Yverdon e ci si interroga sul futuro del monolite.

Per il “Corriere del Ticino” bisogna pur ammettere che l’esposizione è stata visitata da circa la metà degli svizzeri e che in generale è piaciuta. Il CdT è però critico: dal punto di vista organizzativo si è vissuto un “clima di grande e continua improvvisazione”, il buco finanziario si è rivelato impressionante, l’affluenza meno elevata del previsto, soprattutto per i visitatori stranieri. “L’unico settore che può trarre un bilancio positivo è quello della sicurezza, con 10.000 tra poliziotti, militari, pompieri e samaritani.”

Per “la Regione Ticino”, è mancata la riflessione su di noi, sul nostro paese e la nostra comunità. “Il dibattito sui contenuti non è decollato.” Per quanto riguarda le finanze, il giornale ticinese si dice “stupito” per la leggerezza con la quale tanto denaro è stato maneggiato. Insomma, un commento sostanzialmente negativo.

Oggi l’addio, domani le fatture da pagare

“Fine.02” si tinge di malinconia e d’interrogativi il contributo di “Le Temps” sull’atto finale di Expo. Contrariamente ai quotidiani della Svizzera tedesca il foglio romando mette l’accento sulla tristezza insita nella folla accorsa per dire addio all’esposizione nazionale.

Contrariamente al solito le code davanti ai padiglioni non erano lunghissime, chi è andato all’Expo domenica lo ha fatto per ritrovarsi ancora una volta sui luoghi che l’hanno emozionato e non necessariamente per visitarla di nuovo.
“Le Temps” anticipa inoltre la festa che la direzione di Expo.02 organizzerà per i collaboratori, i più colpiti dalla chiusura dei battenti dell’esposizione.

In diversi contributi il quotidiano s’interroga sulle conseguenze sociali di Expo, sul futuro dell’isola della RSR – in vendita per 50’000 franchi – e sui problemi ai quali sarà confrontato il parlamento per risanare le finanze della manifestazione. A questo proposito si sarebbe già mossa la Delegazione delle finanze del parlamento, interessata soprattutto a chiarire i rapporti con gli sponsor. Pur rimanendo critico, il foglio romando qualifica di “male necessario” l’eccessivo ottimismo con il quale ci si è rivolti agli sponsor. Senza questo ottimismo la manifestazione non avrebbe avuto luogo.

Un rito collettivo che ci ha fatto bene

Per “24 heures” la fine di Expo fa tirare un sospiro di sollievo a tutti. In Svizzera finalmente si parlerà d’altro e gli organizzatori della manifestazione potranno riposare dopo aver corso una maratona ad ostacoli. Il quotidiano vodese non manca di sottolineare come una vena di tristezza abbia accompagnato l’ultimo giorno di quest’esposizione mangia milioni.

In fin dei conti però il bilancio è positivo: ciò che la popolazione ha vissuto sulle arteplages è stato un “rito collettivo che sfugge parzialmente alla razionalità” ma importante, in quanto “diverso, ricco d’immaginativa e stimolante.”

Doris Lucini, swissinfo

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