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Parigi non vuole cedere sulle successioni

Il parlamento svizzero non vuole saperne della convenzione firmata da Pierre Moscovici ed Eveline Widmer-Schlumpf. Keystone

La convenzione sulle successioni continua ad offuscare il cielo franco-elvetico. All’indomani della decisione della Camera alta del parlamento svizzero di rinviare il dossier al governo, Parigi ribadisce che l’accordo sulla tassazione degli eredi non va rinegoziato.

La Camera dei cantoni ha incaricato martedì il governo elvetico di rinegoziare l’accordo con la Francia integrandovi anche altre questioni fiscali. Una decisione pragmatica?

Il messaggio dei senatori è piuttosto conciliante. Contrariamente alla Camera del popolo (Camera bassa), che in inverno aveva respinto senza tante storie la convenzione firmata in luglio dalla ministra delle finanze Eveline Widmer-Schlumpf e dal suo omologo francese Pierre Moscovici, la Camera alta ha scelto una via più costruttiva: con 35 voti favorevoli contro 4, ha chiesto al governo di riprendere le discussioni con Parigi per giungere a un accordo più globale.

L’assenza di un accordo condurrebbe a un’eccessiva insicurezza giuridica, ritiene il consigliere agli Stati socialista Christian Levrat.

In base alla nuova convenzione, è il paese di domicilio dell’erede, e non più quello del defunto come successo finora, a tassare le successioni. Punto importante: questo tipo di imposte sono più elevate in Francia che in Svizzera. L’accordo non peggiorerebbe quindi soltanto la situazione degli eredi di ricchi francesi domiciliati in Svizzera, ma anche dei cittadini elvetici residenti in Francia.

Nel 2011, Parigi decide di rivedere la convenzione contro la doppia imposizione del 1953, la quale prevede che il diritto applicabile è quello del paese dove era domiciliato il defunto.

Nel luglio 2012, una nuova convenzione è parafata dalla ministra delle finanze Eveline Widmer-Schlumpf. Il testo suscita una forte opposizione in Svizzera, soprattutto nei cantoni romandi.

Nel dicembre 2012, Eveline Widmer-Schlumpf incontra François Hollande a Parigi. Nel giugno 2013, la ministra e il suo omologo francese Pierre Moscovici firmano l’accordo.

Lo scorso dicembre, la camera bassa del parlamento (Camera del Popolo) respinge la convenzione (122 voti contrari, 53 favorevoli e 11 astensioni). Il 18 marzo 2014, la camera alta (camera dei Cantoni) decide di rinviare il dossier al governo.

«Non nella direzione giusta»

I responsabili francesi reagiscono con scetticismo alla decisione dei senatori. «Questo voto non va nella direzione che chiedevamo», commenta il Ministero dell’economia. «Una direzione auspicata dalla vostra ministra Eveline Widmer-Schlumpf».

La Francia è disposta a rinegoziare l’accordo, integrandovi altre questioni fiscali, in particolare concernenti la situazione dei frontalieri? «In occasione della sua visita in Svizzera due settimane fa, Pierre Moscovici ha detto chiaramente che l’accordo non è fatto per essere rinegoziato», si precisa a Bercy, sede del ministero.

D’altronde, anche Eveline Widmer-Schlumpf, consapevole che Parigi non farà concessioni, critica l’ottimismo dei senatori. Secondo la ministra, non vi sono altre soluzioni alla convenzione firmata l’anno scorso. L’alternativa, è l’assenza totale di convenzioni e dunque un vuoto giuridico.

«Molto dannoso»

«In merito alla convenzione sulle successioni non vi è più nulla da discutere», ribadisce il consigliere generale savoiardo Antoine Vielliard. «Se la Svizzera dovesse persistere nel suo rifiuto, sarebbe la prima volta che Berna sopprime un trattato con un paese terzo. Ciò è molto dannoso per le relazioni franco-svizzere».

L’obiettivo della Francia è rendere meno attrattivo l’esilio fiscale in Svizzera. «Sappiate che questa preoccupazione francese è oggi condivisa dalla Germania e dall’Italia, che potrebbero anch’esse voler cambiare le loro convenzioni», avverte Antoine Vielliard, che non capisce la reazione oltraggiata degli svizzeri.

«I miei genitori sono svizzeri e abitano sul territorio elvetico. Mi pare assolutamente normale che la legge che si applica nei miei confronti sia la stessa anche per i miei vicini», aggiunge il consigliere generale, che condanna le false idee diffuse sulla tassazione francese delle successioni. «Il famoso 40% di cui si parla non è quasi mai applicato. La verità è che grazie alle detrazioni l’80% dei francesi non paga alcun diritto».

Catastrofe per gli svizzeri in Francia

Se la convenzione verrà seppellita, una parte dei 180’000 svizzeri domiciliati in Francia rischierà di essere confrontata con un vuoto giuridico o, addirittura, con la doppia imposizione. Per il momento, in Svizzera le imposte sulle successioni dirette (genitori-figli) sono basse o nulle. Ma le cose potrebbero cambiare.

Il Partito socialista ha lanciato un’iniziativa per l’introduzione di una tassa di successione per finanziare l’assicurazione vecchiaia e superstiti (AVS). «Se l’iniziativa dovesse passare, per i cittadini svizzeri residenti in Francia il risultato sarebbe catastrofico», osserva Antoine Vielliard.

L’intransigenza dei parlamentari elvetici sta iniziando ad irritare anche alcuni membri della comunità svizzera in Francia. Ex presidente dell’Unione delle associazioni svizzere di Francia, Serge Lemeslif si rammarica per lo scarso interesse che i deputati a Berna manifestano nei confronti dei problemi degli svizzeri all’estero. «Hanno l’irritante tendenza ad avere questo tipo di discorso: ‘Perché ci annoiano con le loro storie? Avrebbero dovuto rinunciare a partire’».

«I parlamentari romandi hanno preso a cuore questa vicenda non perché provano dell’empatia per gli svizzeri di Francia, ma perché temono che gli esiliati fiscali francesi lascino la Svizzera», sostiene Jean-Paul Aeschlimann, presidente della Società elvetica di Montpellier e del Languedoc-Roussillon.

La rigidità di fronte all’offensiva francese è oggi indifendibile, ritengono i responsabili della comunità svizzera in Francia. «Se la Svizzera rifiuterà di ratificare l’accordo, saranno gli svizzeri di Francia a farne le spese», avverte Jean-Paul Aeschlimann, membro del Consiglio degli svizzeri all’estero.

Svizzeri tornano a casa

A Berna, alcuni parlamentari sembrano accontentarsi dell’assenza di una convenzione. «Non sarebbe un dramma. Con un vuoto giuridico, rischiamo di uscirne perdenti, ma anche la Francia», osserva il senatore liberale radicale Raphaël Comte, citato dalla Tribune de Genève. In altre parole: sotto la minaccia di una nuova convenzione, numerosi espatriati svizzeri saranno tentati di tornare in patria.

«È vero: alcuni svizzeri della mia regione sono recentemente tornati a casa», constata Jean-Paul Aeschlimann. «Ma nelle loro decisioni, l’aumento delle tasse ha pesato certamente di più di questa storia di successioni». E lasciare che gli svizzeri se la cavino da soli – sottolinea – non rappresenta una politica degna di questo nome.

Traduzione dal francese di Luigi Jorio

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