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Ricercatori svizzeri sul “tetto del mondo”

Medici ed alpinisti svizzeri stabiliranno il loro campo base sulle pendici himalayane. swiss-exped.ch

Un gruppo di alpinisti e medici svizzeri parteciperà ad una spedizione nell’Himalaya per studiare gli effetti dell’altitudine sull’organismo.

La meta è la catena montuosa del Kunlun Shan, dove le vette oltrepassano i 7’000 metri.

Come reagisce il corpo umano quando, dopo una rapida ascesa ad altitudini elevate, è vittima dell’edema polmonare d’alta quota?

La risposta a questo interrogativo è l’obiettivo principale della spedizione che, l’anno prossimo, vedrà un gruppo di ricercatori svizzeri partire alla volta dell’Himalaya.

Un progetto simile era già stato intrapreso nel 2003, quando dei volontari hanno scalato una delle montagne svizzere più alte nel massiccio del Monte Rosa, a quota 4’554 metri sul livello del mare.

Sempre più in alto

L’edema polmonare d’alta quota (Epaq), una condizione che colpisce gli alpinisti dopo sforzi fisici ad altitudini superiori ai 2’500 metri, è caratterizzata da un accumulo di liquido nei polmoni.

Le conseguenze sull’organismo si manifestano con difficoltà respiratorie, eccessivo affaticamento, tosse ed emottisi (tosse con sangue). Se non si fa prontamente fronte ai sintomi, possono intervenire uno stato d’incoscienza, il coma ed infine la morte.

Per meglio capire le modalità dell’Epaq, un gruppo di 36 alpinisti, accompagnato da una decina di guide e da quattro medici, affronteranno l’ascesa del Muztagh Ata, una montagna di oltre 7’000 metri nella regione cinese dell’Himalaya.

“Prevediamo dei risultati molto diversi da quelli ottenuti in precedenza sulle Alpi”, dichiara Tobias Merz, medico all’Ospedale universitario di Berna.

“Per registrare i dati che ci interessano, dobbiamo spingerci fino a quell’altitudine, dove la pressione dell’aria e la quantità di ossigeno presente nel sangue sono estremamente basse”, spiega Merz.

Facile ascesa

I medici a seguito degli alpinisti si occuperanno inoltre dello studio dell’effetto della rarefazione dell’ossigeno sul cervello.

I test verranno eseguiti a varie quote, lungo tutta l’ascesa verso la cima della montagna.

“Vogliamo che i volontari si acclimatino gradualmente. Se li facessimo salire fino alla vetta in una volta sola, rischierebbero seriamente la loro vita”, indica Merz a swissinfo.

Secondo il medico e responsabile della spedizione, la scalata non si presenta eccessivamente faticosa. In caso di emergenza, gli alpinisti possono sempre ridiscendere con gli sci a quote meno elevate.

L’unica difficoltà dello studio è, come osserva Merz, l’altitudine elevata: “A 7’000 metri, ogni minima attività rappresenta uno sforzo. Anche per i ricercatori che condurranno le misurazioni, non sarà facile”.

Non solo le persone, ma anche l’equipaggiamento – mai utilizzato a queste altitudini – rischia di essere messo in difficoltà.

“Cavie” da alta quota

A poco meno di un anno dall’esperimento, il team medico ha già cominciato la ricerca dei volontari che scaleranno la montagna cinese.

“Naturalmente necessitano di una certa esperienza come alpinisti e devono godere di una buona condizione fisica, ma non devono essere forzatamente degli esperti”, fa notare Merz.

Per poter confrontare gli effetti dell’altitudine sugli individui “sani” e su quelli già predisposti all’Epaq, una parte delle persone che parteciperà allo studio, dovrà essere già stata vittima, in passato, di patologie legate all’alta quota.

Tutta una serie di esperimenti, indolori, saranno intrapresi, oltre che sulle pendici himalayane, anche prima e dopo la spedizione, a Zurigo.

Nonostante il mese di soggiorno previsto sul “tetto del mondo” possa sembrare un lungo periodo, Tobias Merz avverte che il programma stabilito è estremamente denso.

“A quell’altitudine, ogni cosa necessita di più tempo e non troveremo certo le comode condizioni di lavoro di un laboratorio”.

“Lassù non ci sarà nessuna macchina del caffè a portata di mano”, conclude ironicamente Merz.

swissinfo, Scott Capper
(traduzione: Luigi Jorio)

Un gruppo composto da 36 alpinisti volontari, una decina di guide e 4 medici, sta pianificando una spedizione sulle pendici himalayane per studiare gli effetti dell’altitudine elevata sull’organismo.

Il Muztagh Ata è stato scelto a causa della sua altitudine e della facilità con la quale si possono raggiungere quote elevate.

I ricercatori vogliono approfondire le conoscenze sull’edema polmonare d’alta quota e studiare gli effetti sul cervello di una bassa concentrazione di ossigeno nel sangue.

7’546 metri l’altezza del Muztagh Ata, una vetta della catena montuosa del Kunlun Shan, nella provincia autonoma cinese dello Xinjian.
La cima, a soli 24 chilometri dalla frontiera con il Tagikistan, sovrasta la “Karakoram Highway”, la principale via che conduce in Pakistan.

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