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Ricomincio da Fano

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Una vita all'insegna della tranquillità, lontano dal ritmo frenetico e dai vincoli sociali e culturali di Zurigo: è il sogno che Richard Furrer ha rincorso quattro anni fa decidendo di lasciare la capitale economica svizzera per trasferirsi in un piccolo paese delle Marche.

Agli occhi di un estraneo, la Svizzera incarna il simbolo di un paese dove dominano ricchezza e benessere. Un paese dalle città a portata d’uomo, che offrono numerose opportunità a chi le sa cogliere. La realtà però non è così lineare e anche in uno dei paesi più ricchi al mondo c’è chi non ce la fa ad affrontare le esigenze imposte dalla società e vi si ribella in nome di una libertà più evanescente.

Occhi azzurri e sguardo profondo, Richard Furrer fa parte della generazione di precari di cui tanto si parla, ma poco si sa. Nato e cresciuto a Zurigo, ha seguito per un paio di anni l’università a Friburgo e – dopo aver lasciato gli studi – ha accumulato un lavoro dietro l’altro senza però riuscire a conformarsi alle regole di una società del successo.

«Avevo l’impressione di dover sempre essere al 100%, di dover rispettare delle leggi non scritte, ma di cui tutti erano a conoscenza», racconta Richard. «Bisognava essere ambiziosi, pronti a scavalcare il prossimo per aver successo. Essere disposti a sacrificare il proprio tempo libero per la causa comune, ossia l’utile della ditta, che di comune – in realtà – non aveva molto».

Confrontato alle pressioni della società, alla necessità di “riuscire” nella vita, Richard non ce l’ha fatta ed è sprofondato in un vortice di depressione e sensi di colpa. La compagnia di persone sbagliate e il richiamo del denaro facile, lo hanno poi portato sulla cattiva strada.


«Evitavo i conflitti e le responsabilità delle mie scelte», continua Richard, «ho trascorso la mia giovinezza spendendo i soldi in un modo futile, con week-end all’estero o sbronze tra amici. Nella cerchia zurighese questi comportamenti sono la norma: la gente si annoia e passa il proprio tempo a trovare un modo per sperperare ciò che guadagna».

Un futuro da inventare

Per fuggire dal ritmo frenetico della Svizzera, quattro anni fa Richard ha deciso di raggiungere la nonna in Italia. Trasferirsi a Fano è stato un po’ come ricominciare a scrivere da una pagina bianca: dietro un passato da interpretare e davanti un futuro da inventare. «Qui nelle Marche ho conosciuto un neozelandese che costruisce barche e adesso lavoro con lui. Ho iniziato senza saper nulla, ma ogni giorno imparo qualcosa di nuovo».

Con passo tranquillo, sigaro tra le dita, Richard ci accompagna verso il mare e ci racconta quanto sia essenziale per lui avere trovato un lavoro tranquillo anche se finanziariamente meno appetibile. «In Svizzera uno stipendio “normale” varia dai 4’500 ai 5’000 franchi, mentre qui mi danno 1’500 euro al mese e il costo della vita non è così diverso».

«All’inizio non è stato facile abituarmi a vivere con un salario così basso, ma a Fano non ci sono pressioni sociali come a Zurigo ed è più semplice scegliere di fare una vita semplice senza essere guardati male. Uscire dalla logica consumista in Svizzera è un’impresa coraggiosa e non tutti hanno la forza di riuscirci».

Stimolare il cervello e non solo lo stomaco

Sono parole dure quelle di Richard verso la Svizzera, ma più che una dichiarazione di odio è un appello alla riflessione per un paese forse troppo abituato al benessere e alla ricchezza. D’altronde Richard non ha mai cercato di rinnegare le sue origini e fin dai primi mesi si è rivolto al Circolo svizzero delle Marche per cercare nuovi amici e sentirsi un po’ più a casa.

Da semplice spettatore, nel corso degli anni Richard ha assunto la carica di vicepresidente e prossimamente subentrerà a Nelly Novella alla guida dell’associazione. Un cambiamento ai vertici in sintesi con l’appello lanciato da Irène Beutler-Fauguel – neo presidente del Collegamento svizzero in Italia – per un maggior coinvolgimento dei giovani nelle attività associative.

Ma come far fronte al calo di interesse di cui soffrono non solo i circoli svizzeri in Italia, ma anche le associazioni italiane in Svizzera? Di fronte a questa sfida, Richard sembra avere le idee in chiaro: «Dobbiamo offrire dei servizi di sostegno per i giovani immigrati, una rete sociale e degli stimoli culturali. Il circolo non deve essere soltanto un’occasione per compiacere lo stomaco, ma anche per stimolare il cervello».

«Il problema è che molte delle persone che frequentano la nostra associazione non sono più nella vita attiva e i loro desideri o interessi si riducono a una partita a carte o a una cena in compagnia. È senza’altro un aspetto importante della vita comunitaria – conclude Richard – ma non basta per attirare i giovani e per suscitare la voglia di partecipare, condividere e far sentire la voce degli svizzeri all’estero».

Stefania Summermatter e Françoise Gehring, swissinfo.ch

La colonia svizzera in Italia è cresciuta dopo la fine della seconda guerra mondiale e oggi conta circa 50’000 persone. In Italia risiede la quarta comunità di svizzeri all’estero in ordine di grandezza, dopo quelle di Francia, Germania e Stati Uniti.

Alla fine del 2008 erano registrati 48’147 cittadini elvetici nei tre consolati svizzeri in Italia. I due terzi vivono nel nord del Paese. Nella circoscrizione consolare di Milano ve ne sono 24’536, in quella di Roma 16’623 e in quella di Genova 6’988.
Quattro delle 15 scuole svizzere all’estero si trovano in Italia: a Bergamo, Milano, Roma e Catania.

Il circolo svizzero delle Marche, che conta 80 membri, è stato fondato nel 2004.

In tutte le Marche, regione che conta cinque Province, vivono circa 600 cittadini/e svizzeri/i e con la doppia nazionalità. Quasi la metà, circa 270, vive nella provincia di Pesaro-Urbino.

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