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Ritagli d’autore

Un'opera di J.J Hauswirth del 1855. Nationalmuseum Schloss Prangins

L'arte di ritagliare la carta è una tradizione tipicamente svizzera. Il museo nazionale di Prangins vi rende omaggio con un'esposizione a cavallo tra passato e presente.

Esposti gli esempi più antichi, e le opere dei finalisti di un concorso indetto per festeggiare il ventesimo anniversario dell’Associazione svizzera del ritaglio di carta.

L’origine dell’arte del ritaglio di carta (da non confondere con il collage, che ne è una variante) si perde nella notte dei tempi: dalla Cina si diffuse in Indonesia e poi in Persia. Attraverso i Balcani raggiunse infine l’Austria e il resto dell’Europa centrale, dove i primi esempi attestati risalgono al 1600.

“In questa forma d’arte si nota un gusto tipicamente svizzero della precisione, del lavoro ben fatto”, fa notare a swissinfo la commissaria dell’esposizione, Helen Bieri Thomson.

Precisione che diventa millimetrica in alcune opere esposte, complicatissimi ritagli eseguiti con forbici o con taglietto, e che sembrano ricami o pizzi barocchi. Interessante invece che in uno dei momenti di maggiore sviluppo di questa forma espressiva, nel Settecento, contasse di più la semplicità.

Il secolo dei Lumi

La moda dei ritratti ritagliati, o silhouettes, è legata alla riscoperta dell’antichità: nel 1748 venne infatti portata alla luce la città di Pompei e improvvisamente i profili dei vasi e delle monete greco-romane ritrovate in quello e in altri siti archeologici suscitarono l’entusiasmo per la perduta semplicità classica.

Anche gli studi effettuati da Kaspar Lavater (1741 –1801) nel campo pseudoscientifico della fisiognomica contribuirono al successo dei ritratti ritagliati: nel secolo dei Lumi si pensava infatti di poter leggere il carattere di una persona semplicemente osservandone il profilo.

Ginevra, grazie a Jean Huber (1721-1786), famoso in tutte le corti europee per i suoi ritratti irriverenti del filosofo Voltaire (che si dice fosse capace di ritagliare anche ad occhi chiusi), diventò un centro d’attrazione importante, con una scuola specializzata, frequentata soprattutto dall’aristocrazia cosmopolita.

Non solo a Ginevra, ma un po’ in tutta Europa il ritaglio divenne un passatempo da ricchi, e fu addirittura introdotto come materia d’insegnamento nel curriculum delle ragazze di buona famiglia, accanto ad altre attività come il pianoforte o il ricamo.

Dalla città, l’arte del ritaglio si diffuse lentamente verso le campagne. Proprio per la scarsità di materiale di cui necessita, carta e forbici, è accessibile anche alle tasche dei meno abbienti. Con pochi mezzi si possono però ottenere effetti spettacolari.

Il gigante dalle dita troppo grosse

Proprio dalla campagna, più precisamente dall’altopiano, proviene uno dei maestri indiscussi di questa arte: il leggendario Johann Jakob Hauswirth (1809-1871). “Era un solitario, un gigante senza fissa dimora, che cominciò solo a quaranta anni a ritagliare i suoi paesaggi di carta”, racconta la curatrice.

Fino ad allora era stato contadino ed operaio, e le sue dita, già grosse di natura e incallite dal duro lavoro, erano così grandi che non entravano nemmeno nelle forbici. Per realizzare le sue finissime opere si fece dunque costruire un’impugnatura speciale.

“A volte eseguiva un’opera solo per pagarsi un pasto caldo o per un po’ di ospitalità. Altre volte si faceva regalare la carta da dolci dei bambini: i suoi temi sono le mucche che salgono al pascolo, le feste popolari, la caccia”, fa notare Helen Bieri.

Ma nelle sue opere vi sono anche altri elementi ricorrenti come i portoni e le finestre a simboleggiare la protezione data dalla casa: quello che mancava all’artista.

Nella sua opera c’è un potere evocativo, quasi onirico. Pur restando naive, il suo stile è molto meno rigido e ripetitivo di quello di tanti suoi emuli.

I moderni

La seconda parte della mostra è dedicata ai contemporanei, artisti che in alcuni casi continuano a propagare immagini di una Svizzera idealizzata, con alpeggi, mucche, chalet di montagna. Altri invece abbandonano completamente l’iconografia classica: al posto delle Alpi, ritagliano pianure del Texas o grattacieli di Manhattan.

Anche le tecniche e gli stili si arricchiscono: dall’espressionismo all’arte cinetica, dalla stilizzazione più estrema alla minuziosa rappresentazione di elementi naturali, come foglie o alberi.

swissinfo, Raffaella Rossello, Château de Prangins

“Papiers découpés: entre tradition et modernité” (Ritagli di carta: fra tradizione e modernità).

Dal 18 novembre 2006 al 25 febbraio 2007 al museo nazionale svizzero del Castello di Prangins.

L’esposizione permanente è dedicata alla vita in Svizzera tra il XVIII e il XIX secolo.

L’arte di ritagliare paesaggi o altri soggetti su carta è arrivata in Svizzera dall’Oriente alla fine del Seicento. La carta è più spesso bianca o nera. Si lavora sugli effetti del contrasto e sul pieno e vuoto.

La parola stessa “Scherenschnitt” è immediatamente associata alla cultura tradizionale e ad un’immagine idilliaca della Svizzera.

A parte i tentativi settecenteschi di farne un’arte con la “A” maiuscola, il ritaglio su carta resta anche oggi un’espressione popolare. I collages di Matisse, Picasso e Paul Klee hanno poco a che spartire infatti con la tradizione elvetica. Ma vi sono anche artisti contemporanei in Svizzera che si sono allontanati dalla tradizione.

In Asia è un’arte ancora molto praticata, che suscita un grandissimo interesse di pubblico. Per ora l’esposizione del Castello di Prangins ha avuto pochi visitatori giapponesi o cinesi, ma molti svizzeri: segno che restano affezionati alle proprie tradizioni.

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