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Ritorna l’arpa incantata di Andreas Vollenweider

Il Dalai Lama mostra di aver apprezzato la musica di Andreas Vollenweider. vollenweider.com

Il musicista, l'unico svizzero vincitore di un Grammy, è tornato con un nuovo CD. Nell'intervista parla delle sue radici e del suo impegno per un mondo migliore.

Dopo una lunga pausa dalla scena pop-rock, durante la quale si è dedicato alle sinfonie e ai figli, Andreas Vollenweider è in tournée dall’anno scorso per promuovere “VOX”.

Andreas Vollenweider è uno dei musicisti svizzeri più conosciuti nel mondo, soprattutto negli Stati Uniti, dove negli anni ’80 era un’icona della musica «New Age», categoria in cui vinse addirittura un Grammy Award nel 1987.

Una definizione che Vollenweider ha sempre trovato abbastanza ridicola per uno stile come il suo che in effetti è difficile da inserire in un genere preciso.

Per la capacità evocativa della sua musica, Vollenweider è stato descritto come un «pittore del suono». Anche chi non lo conosce ha probabilmente già sentito la sua arpa ritmata, e le sue melodie un po’ sognanti, usate come tappeto musicale in tantissimi reportage e documentari televisivi, e per la sua qualità rilassante, come sfondo musicale in molti luoghi pubblici. swissinfo lo ha incontrato per parlare del suo ritorno sulla scena internazionale.

swissinfo: Andreas Vollenweider, lei è cresciuto tra musicisti, suo padre era un concertista classico.

Andreas Vollenweider: C’erano molte personalità creative intorno a me, non solo musicisti e compositori, ma anche pittori, come mia madre e mio nonno, e danzatori. Per me è stata una scelta molto naturale provare diverse forme d’arte.

swissinfo: Perché ha scelto l’arpa?

A. V.: Ho cominciato con il piano, poi con gli strumenti a fiato e vari strumenti a corda. Cercavo quello ideale e ne collezionavo anche parecchi. Uno di questi era una piccola arpa celtica. Non pensavo che proprio l’arpa sarebbe stata importante per il mio futuro. Ma poi ho scoperto la dimensione del ritmo sull’arpa e per me è stata come una rivelazione improvvisa. Attraverso questo strumento ho scoperto che la musica è qualcosa di molto più profondo di una semplice decorazione acustica, ha una dimensione che va al di là della nostra comprensione razionale.

swissinfo: Negli anni ’80 ha avuto molto successo. È riuscito a mantenere quel livello di popolarità?

A. V.: Ho fatto moltissime tournée in tutto il mondo per vent’anni. Poi dopo il Grammy nell’87 ho ridotto e poi smesso. Da allora ho fatto solo qualche concerto sinfonico, progetti che richiedono anche un anno intero per la composizione, ho scritto musica per film e mi sono dedicato ai miei figli, che non volevo crescessero senza mai vedere il padre, come era successo a me. Naturalmente quando si sta lontano dalle scene per così tanto tempo, gli ascoltatori calano. Ma devo dire che sono davvero sorpreso di quanta gente si ricorda ancora di me, soprattutto in America. E ora stiamo guadagnando ascoltatori in altre parti del mondo, dall’India al Sud Africa: nel nostro ultimo concerto in Sud Africa c’erano 40’000 spettatori.

swissinfo: Lei ha suonato anche per il Dalai Lama, durante gli otto giorni di lezioni di buddismo che ha impartito a Zurigo la scorsa estate. Che ha detto della sua musica?

A. V.: Più che con le parole, il Dalai Lama ha dimostrato di apprezzare la mia musica con i gesti. E io apprezzo molto il suo impegno per valorizzare il potenziale positivo dell’individuo. Che è la stessa cosa che cerco di fare anch’io con la mia musica.

swissinfo: Se c’è una qualità svizzera nella sua musica, qual è?

A. V.: Penso che sia esattamente questo: il nostro più meraviglioso contributo al mondo non sono le banche, ma la disponibilità ad aiutare gli altri. Penso alla tradizione umanitaria di cui la Croce rossa è uno dei simboli più evidenti, o quando mettiamo il nostro territorio a disposizione per dei negoziati di pace. Questo è quello che all’estero viene naturalmente associato alla Svizzera. Per questo lo scandalo dei beni nazisti in giacenza nelle banche elvetiche ha danneggiato parecchio questa nostra reputazione. Con la mia musica cerco di servire la causa di una visione del mondo migliore.

swissinfo: Nel suo ultimo album si sente la registrazione di migliaia di persone che per le strade di Londra protestano contro la guerra in Iraq. Né la loro opposizione, né quella di centinaia di intellettuali ed artisti in tutto il mondo ha però fermato la guerra.

A. V.: Penso che sia importante far sapere che non ci piace come vanno queste cose. Vorrei riuscire ad ispirare negli altri il desiderio di dar forma al mondo in cui viviamo, con l’azione. Perché altrimenti se non lo facciamo noi, questa forma ci viene imposta da altri. È importante che ci risvegliamo, perché abbiamo dormito per troppo tempo. È tempo di dire certe cose. Io cerco di farlo con la mia musica. Nell’ultimo album uso per la prima volta anche dei testi.

swissinfo, Raffaella Rossello

Nella sua carriera, Andreas Vollenweider ha venduto più di 10 milioni di album.

Ha collaborato con artisti del calibro di Carly Simon, Bryan Adams e Luciano Pavarotti. Ha all’attivo una quindicina di album.

È l’unico svizzero ad aver vinto un Grammy Award, nel 1987, che gli ha dato una fama mondiale.

Sostiene attivamente diverse associazioni umanitarie e di protezione dell’ambiente.

Dopo una lunga pausa dalle tournée, ora calca di nuovo le scene internazionali per promuovere il suo ultimo CD, intitolato VOX, che per la prima volta non è solo strumentale.

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