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Terremoto, un pericolo ancora trascurato

Domenico Giardini rappresenta, tra l'altro, la Svizzera nella Commissione sismologica internazionale. ETH Zurigo

Anche se non figura tra le zone più a rischio, anche il territorio svizzero è minacciato da scosse sismiche che potrebbero provocare gravi conseguenze. Ancora oggi i terremoti non si possono prevedere, ma precise norme di costruzione possono alleviare i pericoli, ricorda il sismologo Domenico Giardini.

Negli ultimi 50 anni la Svizzera è stata risparmiata da terremoti distruttori, ma anche se non avvengono con molta frequenza, essi rimangono un pericolo naturale fortemente sottovalutato nel nostro paese. Ne abbiamo parlato con Domenico Giardini, responsabile del Servizio Sismico svizzero e docente della cattedra di Sismologia e Geodinamica al Politecnico Federale di Zurigo.

swissinfo.ch: Professor Giardini quanto è elevato il pericolo di terremoti in Svizzera e quali sono le zone considerate più a rischio?

Domenico Giardini: Quando si parla di pericolo bisogna immediatamente distinguere tra due aspetti, qual è la probabilità che venga un terremoto e, se esso viene, quali danni può fare. Dal punto dell’attività sismica aspettata noi abbiamo in Svizzera mediamente una volta ogni 80-100 anni un terremoto quale quello avvenuto a L’Aquila nell’aprile del 2009.

Ma abbiamo avuto anche terremoti con distruzioni maggiori, per esempio a Basilea nel 1356 o con gravi danni nel Vallese più o meno ogni secolo: 1755, 1855, 1946. Quindi abbiamo una tradizione di terremoti di quella che si può definire magnitudo 6 o superiore, e se colpiscono direttamente una città fanno danni e anche danni gravi.

Poi bisogna considerare come è costruito il patrimonio delle infrastrutture edilizie e che valore ha. In Svizzera tutto ha un valore molto elevato, quindi un terremoto che colpisca e danneggi l’economia o la rallenti, ha immediatamente delle conseguenze economiche.

Le posso fare un esempio, il governo svizzero stima che, per una ripetizione del terremoto del 1356 a Basilea, considerando solo agli edifici della parte svizzera -non guardando quindi alla Francia o alla Germania o alle infrastrutture industriali- i danni ammonterebbero a oltre 40 miliardi di franchi.

E queste sono naturalmente cifre per cui un governo si deve preparare, deve avere una strategia, delle politiche di assicurazione o comunque una capacità di mobilizzare queste cifre, se e quando venisse il terremoto, per poter far ripartire immediatamente l’economia.

swissinfo.ch: E quali sono le politiche di assicurazione attuate dalla Confederazione?

D.G.: In Svizzera manca un’assicurazione obbligatoria. Siamo assicurati su tutto, i bambini, le biciclette, i gatti, qualsiasi cosa è assicurata però se viene un terremoto l’assicurazione non c’è. La copertura assicurativa obbligatoria che c’è in tutti i cantoni copre tutti i disastri naturali con un principio di solidarietà però non copre i terremoti. E questo significa che non siamo molto ben preparati.

Il tema è stato discusso dal Consiglio federale ma ancora non è stata presa una decisione in proposito, ne sembra che una decisione arriverà subito. Chiaramente se ne parla perché se arriva un terremoto la questione di chi debba pagare, da dove debbano uscire i soldi per la ricostruzione, da dove debbano uscire i soldi per far ripartire l’economia e ricostruire le infrastrutture è una discussione che avviene sia a livello cantonale sia a livello federale.

swissinfo.ch: Professor Giardini, come valuta il fatto che quasi la totalità degli edifici e delle infrastrutture in Svizzera sono costruiti senza rispettare le norme antisismiche?

D.G.: Senza rispettare probabilmente non è un termine corretto. Qui bisogna considerare due fattori. Le norme antisismiche non esistono da tanto tempo. Le più recenti, le norme della SIA 261, datano 4-5 anni e prima ne esistevano altre. La Svizzera ha norme di disegno antisismico già da una trentina d’anni, il problema è che non sono obbligatorie per cui non c’è un meccanismo di controllo. Architetti e ingegneri le applicano però non abbiamo idea di quanto e dove le applichino e quali siano esattamente le eccezioni.

Gli unici due cantoni che hanno norme obbligatorie sono Basilea città e il Vallese, perché hanno una storia sismica ben conosciuta. Però la differenza in termini di aspettativa per quanto riguarda lo scuotimento tra una città come Basilea e Zurigo è solo un fattore 2, non 40.

A livello federale l’uso delle norme antisismiche è invece obbligatorio. Quindi tutti gli edifici federali e cantonali e le infrastrutture costruite anche con finanziamento o co-finanziamento federale devono sottostare alle norme antisismiche. Norme che esistono per tutti gli edifici veramente critici, come ad esempio le centrali nucleari, e prevedono dei coefficienti di maggiore protezione anche per gli edifici quali ospedali e scuole, però non siamo uno dei paesi che ha norme antisismiche obbligatorie e meccanismi di controllo. Questo ancora non c’è.

swissinfo.ch: Professor Giardini, lei si occupa di ricerche applicate e di scenari di rischio legati anche ai grandi impianti. Potrebbe dirci se anche le centrali nucleari svizzere devono temere gli effetti di un terremoto e più in generale quali sono le stime di rischio legate ai progetti nucleari

D.G.: Certo che devono temere i terremoti! Anzi è un fatto noto perché è stato fatto uno studio di rischio -quasi il migliore al mondo oserei dire qui in Svizzera- per le 4 centrali esistenti. Uno studio che si chiama Pegasus ed è stato pubblicizzato dal governo più o meno 2 anni fa. Le conseguenze di questo studio sono chiare nel senso che il fattore di rischio principale per le centrali nucleari svizzere come per quasi tutte le centrali nucleari del mondo è il fattore del rischio sismico, perché altri fattori quali fuoco, inondazione, ecc., possono essere limitati o eliminati quasi completamente in fase di costruzione con misure di protezione.

Il rischio sismico è sempre trattato in modo probabilistico, partendo dallo scenario possibile peggiore da proteggere. E queste stime sono variate molto da quello che si prendeva come standard negli anni 60 o 70 quando sono state disegnate la maggior parte delle centrali esistenti al mondo. Oggi si tende a dare molta più incertezza alle stime che si fanno e in uno studio per una centrale nucleare bisogna considerare queste incertezze e andare ad un livello di protezione estremamente elevato.

Comunque la Svizzera è molto attenta a queste problematiche ed esiste un meccanismo di controllo, una commissione nucleare nazionale. L’ente si chiama ENSI, e questo ente ha una serie di specialisti che controllano tutti gli aspetti che riguardano il rischio delle centrali.

Inoltre la Svizzera gioca un ruolo importante nello stabilire gli standard internazionali e lavora molto con l’International Atomic Energy Agency a Vienna per avere degli standard di sicurezza che siano all’altezza di quello che la Svizzera si aspetta, che sono in genere standard molto alti. Il ruolo del servizio sismico in questo caso è quello di collaborare con l’autorità nazionale per far si che le centrali abbiano degli studi di rischio sismico quindi dei parametri di costruzione o riabilitazione o di licenza di operazione che siano all’altezza.

swissinfo.ch: Professor Giardini lei è considerato uno dei massimi esperti di stime di pericolosità e rischio e ha coordinato importanti progetti per l’Unione Europea, l’Unesco e altre unità internazionali. Perché questi modelli di valutazione sono così importanti?

D.G.: Noi sappiamo molto e c’è tantissima conoscenza nel mondo accademico anche nella parte ingegneristica ma non sempre questa viene applicata. Se faccio riferimento a quanto è successo ad Haiti è un disastro, una catastrofe. Ma è una catastrofe annunciata nel senso che se non si applicano le conoscenze che si hanno sia nel disegnare che nel costruire case, ospedali e infrastrutture che resistano all’arrivo di un terremoto in un’area dove il terremoto è aspettato, allora vuol dire che qualcosa è venuto a mancare.

Quindi è un dovere nostro, di tutti noi che lavoriamo in un settore che può apparire come specializzato ma che alla fine ha un diretto utilizzo per la società, far si che le informazioni passino e vengano utilizzate in modo che ci sia una maggiore protezione. Per questo io mi sono sempre impegnato per far si che tutte le conoscenze che stiamo accumulando vengano poi applicate in progetti.

E questo ha a che vedere soprattutto con paesi in via di sviluppo, dove ci sono tante nuove costruzioni, perché la crescita della popolazione è più alta, c’è una maggiore concentrazione in aree urbane e quindi c’è veramente bisogno che vengano usati dei parametri di costruzione, le conoscenze sulle faglie e sui terremoti, in modo che queste resistano.

Paola Beltrame, Zurigo, swissinfo.ch

Il Servizio Sismologico all’ETH di Zurigo registra ogni anno in media dieci terremoti che vengono percepiti dalla popolazione. Si tratta di eventi legati ai movimenti su vasta scala della placca africana ed europea, che hanno provocato tra l’altro la formazione delle Alpi.

L’ultimo terremoto che ha fatto danni in Svizzera si è verificato nel 1991 nei Grigioni. Le aree del paese che presentano un’attività sismica maggiore sono la regione di Basilea, il Vallese, la Svizzera centrale, la zona della valle del Reno nel Cantone di San Gallo, i Grigioni centrali e l’Engadina.

La storia della Svizzera è ricca di terremoti di notevole entità: nel 1356 a Basilea, nel 1855 a Visp e nel 1946 a Sierre. Il Servizio Sismologico Svizzero (SSS) ha pubblicato un catalogo storico dei terremoti della Svizzera in cui sono elencati tutti gli eventi sismici noti a partire dall’anno 250.

Attualmente il SSS è impegnato in un grande progetto per l’OCSE, l’organizzazione per la cooperazione allo sviluppo. Oltre alla valutazione del rischio e della pericolosità sismica su scala mondiale -cioè dove e quando i terremoti possono essere aspettati-, il progetto valuta anche i danni che le scosse potrebbero fare. Questi modelli vengono poi trasmessi agli organismi internazionali perché possano attuare delle politiche di prevenzione adeguate nei paesi in via di sviluppo.

Nato e cresciuto a Bologna dove si è laureato in fisica teorica nel 1987, Giardini ha lavorato all’Università di Harvard, all’Istituto Nazionale Italiano di Geofisica e all’Università di Roma 3. Dal 1997 è professore di Sismologia e Geodinamica al Politecnico Federale di Zurigo oltre che direttore del Servizio Sismologico svizzero.

Esperto di terremoti profondi, di oscillazioni libere della terra e della dinamica del mantello, Giardini si è occupato anche dell’allestimento e digitalizzazione di una rete sismografica a larga banda in ambito mediterraneo.

Oggi è uno dei maggiori esperti di stime di pericolosità e di rischio e dal 1992 coordina programmi di valutazione sismica globale per la riduzione dei disastri naturali (IDNDR). In questo ambito ha coordinato programmi di ricerca, per l’UE, l’Unesco e la NATO.

È attualmente direttore del Centro di Competenza dell’ambiente e della sostenibilità del Politecnico e responsabile della Federazione Globale delle Reti Sismiche Digitali e rappresenta la Svizzera nella Commissione sismologica internazionale.

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