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“L’Europa dell’ognuno per sé” colpita al cuore dal dramma dei rifugiati

Da gennaio a luglio 2015, quota 340mila profughi hanno cercato rifugio nell'Unione europea, secondo i dati diffusi da Frontex. Keystone

I corpi senza vita di oltre 70 profughi ritrovati in un camion abbandonato in Austria e centinaia di possibili vittime in due naufragi al largo della Libia: il dramma della migrazione ha scosso una volta di più l’Europa. Per la stampa svizzera questa catena può essere spezzata soltanto attraverso una strategia comunitaria. Per farlo, però, è necessario passare dalle parole agli atti, da "una cacofonia vergognosa" a una maggiore solidarietà. 

“Era solo questione di tempo prima che una tragedia dei migranti, davanti alla nostra porta di casa, scuotesse l’opinione pubblica, scrivono “Tages Anzeiger” e “Der Bund”. Ma è solo la faccia più cruda di un dramma che si gioca tra Vienna e Izmir. Da settimane i profughi stremati raggiungono i Balcani nel loro viaggio verso l’Europa occidentale, accolti da poliziotti che li bastonano e da trafficanti senza scrupoli”.

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Di origine slovacca, con targhe ungheresi, il camion frigorifero da 7,5 tonnellate è stato ritrovato a pochi chilometri dalla frontiera ungherese. Stando alle prime indagini, era partito da Budapest mercoledì all’alba e aveva attraversato il confine nella notte. Al momento non si sa ancora nulla sulle vittime, il cui numero è salito ufficialmente ad oltre 70.

Ironia della sorte, la tragedia del Burgenland (Austria) “è avvenuta proprio sotto il naso” dei dirigenti europei riuniti giovedì a Vienna per un’ennesima riunione di crisi, ricorda il quotidiano “La Liberté”.

Si tratta di una tragedia “agghiacciante”, ha affermato Angela Merkel, “un monito affinché l’Europa sia solidale”. La cancelliera tedesca si è poi detta “assolutamente convinta che la ricca Europa sia in grado di fronteggiare” l’afflusso di richiedenti l’asilo, che tra gennaio e luglio a raggiunto la quota record di 340mila.  

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Se le dichiarazioni di cordoglio e gli appelli alla solidarietà si susseguono ad ogni nuovo dramma della migrazione, nessuna soluzione politica si afficia all’orizzonte e anche la riunione indetta a Vienna non ha finora portato ad alcun risultato concreto. 

Per il caporedattore del quotidiano romando, l’Unione europea sta toccando sempre più il fondo. “L’Europa della disunione e dell’ognuno per sé, è imbarcata in una corsa alla fermezza: barriere in Ungheria, migranti parcheggiati senz’acqua in uno stadio a Kos, incidenti razzisti in Germania. Senza parlare della Slovacchia, che vuole sì accettare qualche siriano, ma a condizione che siano cristiani”. Senza contare i migranti bloccati nella giunga di Calais, accolti con i lacrimogeni in Macedonia, alloggiati in condizioni indecentiCollegamento esterno in un centro per richiedenti l’asilo in Austria, gestito da una filiale della società svizzera ORS.

La macabra scoperta di giovedì in Austria dovrebbe risvegliare l’Europa, affermano senza mezzi termini “Tages Anzeiger” e “Der Bund”. L’urgenza può essere superata soltanto con una strategia comunitaria, che include una ripartizione dei profughi su quote obbligatorie, applicate a tutti gli stati. Ma per farlo è necessaria una maggiore solidarietà. E attualmente in Europa ogni Stato fa ciò che vuole (…). È una cacofonia vergognosa per l’Unione europea da Premio Nobel per la pace”.

Mentre l’attenzione dell’Europa era focalizzata sul dramma sopraggiunto in Austria, giovedì centinaia di migranti avrebbero perso la vita nel naufragio di due barconi al largo delle coste libiche occidentali.

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Secondo l’Organizzazione internazionale delle migrazioni da inizio anno sarebbero almeno 2’300 le persone decedute nel tentativo di attraversare il Mediterraneo.

Intervistato dalla Radiotelevisione svizzera di lingua franceseCollegamento esterno, il presidente del CICR Peter Maurer ricorda dal canto suo che eventi tragici come quello avvenuto in Austria accadono ogni giorno sulle rotte migratorie in Africa, in Medio Oriente e altrove e si dice preoccupato da un possibile aggravarsi dei conflitti attualmente in corso, che potrebbero spingere milioni di persone a lasciare le loro case e a rifugiarsi nei paesi limitrofi, come il Libano o la Giordania. 

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