Prospettive svizzere in 10 lingue

Scrittori prima di tutto

I libri e i loro autori per tre giorni sono i protagonisti, a Soletta Keystone

Fra tedesco e jiddisch, francese e rumeno, romancio e greco, alle Giornate letterarie di Soletta c’è spazio anche per l’italiano. Quattro chiacchiere con due autori ticinesi.

Soletta, venerdì. La tranquilla cittadina è appena un poco più vivace del solito. Attorno al Landhaus e al ristorante Kreuz, nella parte bassa della città vecchia, in riva all’Aare, una piccola folla anima quella che una volta l’anno, da ventiquattro anni a questa parte, diventa la capitale della letteratura svizzera.

Il programma di letture, manifestazioni, spettacoli è folto. Troppo folto, dice una collaboratrice dell’Archivio svizzero di letteratura. Il giornalista sottoscritto non può che annuire e aggiungere, a tutta retorica, che c’è solo l’imbarazzo della scelta.

A Soletta si può andare per sentire qualche celebrità del mondo letterario svizzero (quest’anno per esempio Martin Suter o Peter Stamm) oppure si può ricercare la voce nuova o discosta dai principali circuiti della produzione letteraria. Le sorprese non mancano mai, o almeno così mi suggeriscono i colleghi più esperti.

Opto per un’altra via, e cerco le letture in italiano. In programma ci sono due giovani autori ticinesi, Mattia Cavadini e Claudia Quadri.

Scrivere nella Svizzera italiana

Claudia Quadri, nata nel 1965, ha pubblicato nel 2000 il romanzo “Lupe”. Ora sta lavorando ad un secondo romanzo. Matteo Cavadini, nato nel 1970, ha pubblicato nel 1995 la raccolta di racconti «Inganno turrito» e nel 1997 un saggio su Giorgio Manganelli, «La luce nera». Sta per uscire «Sullo sfondo. Cinque paesaggi».

Li incontro dopo la loro lettura davanti al Kreuz, attorno a un tavolone da festa campestre. Non ho letto i loro libri, lo ammetto. Butto il discorso sull’essere scrittori svizzeri di lingua italiana. Il tema ha risvolti politici e sociologici, ma le risposte tendono a mettere in primo piano l’autonomia della letturatura.

«Secondo me la premessa, quando si scrive, non è l’essere svizzeri», osserva Mattia Cavadini. «E non è neppure la difesa della minoranza di lingua italiana. La premessa è la necessità di scrivere.»

Lo scrivere, per Cavadini, non è legato a un luogo o a un’identità: «Quando mi metto a scrivere non ho la consapevolezza della mia identità di ticinese o svizzero. La difesa della lingua, della minoranza, sono discorsi politici, che riguardano poco la letteratura.»

Vantaggi e rischi della provincia

Chiedo se la frontiera a sud, la frontiera con l’Italia, non abbia comunque un ruolo nel lavoro degli scrittori svizzero-italiani. «Sì, ce l’ha», è la risposta unanime. Ma è un ruolo ambivalente, che per certi versi presenta anche dei vantaggi. Rispetto a province italiane di dimensioni analoghe, il Ticino offre parecchio.

«Il Ticino è un cantone molto attento, disponibile ad interessarsi alla propria letteratura », nota Claudia Quadri. «È un cantone altamente mediatizzato, con molti giornali, molte radio, le televisioni, ben disposto a dar voce a chi fa qualcosa. Ma la facilità di apparire, di raggiungere una certa notorietà, comporta dei rischi. Si finisce per diventare ‘lo scrittore ticinese’ prima ancora di diventare uno scrittore. Che invece è quello che conta»

Mattia rincara la dose: «In fondo è facilissimo muoversi nel panorama culturale ticinese, un panorama piccolo, misero, dominato da baronie. È questo il dramma.»

Tra provincia e letteratura, allora, non c’è dubbio a chi vada la preferenza. Scrittori prima di tutto, svizzeri italiani un po’ per caso. E se c’è un pubblico in Italia, che si faccia sentire (ma va bene anche senza).

Andrea Tognina

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