Prospettive svizzere in 10 lingue

Scrivere, leggere e poi anche tradurre

Il Salone del libro: un'atmosfera chiassosa che avvicina ai libri Keystone

Al Salone del libro di Ginevra i titoli si seguono senza fine tra gli stand e le lingue si affiancano. È anche grazie alla traduzione che la cultura prende il volo.

Come nel caso di Madame de Charrière, autrice settecentesca vissuta in Svizzera, che finalmente può essere letta anche in italiano.

Napoleone? Generale, imperatore, morto in esilio a Sant’Elena. Ma anche, indirettamente, la chiave per un mondo che da due secoli non smette di affascinare: l’antico Egitto. La campagna africana di Napoleone doveva servire a sbarrare la strada verso l’India all’Inghilterra, ma in realtà, più che strategico, il suo bottino è stato scientifico.

Basti pensare alla stele di Rosetta. È grazie a questa pietra alta poco più di un metro su cui è scolpita una dedica trilingue (greco, geroglifici e una lingua misteriosa) che Jean-François Champollion riesce, nel 1822, a interpretare la scrittura degli antichi egizi e a spiegare molte cose di una civilizzazione che altrimenti sarebbe rimasta sconosciuta.

Certo, per le lingue viventi la chiave di lettura non è nascosta come quella che ha permesso di interpretare i geroglifici, tuttavia la traduzione, in particolare quella letteraria, è stata e rimane un passo essenziale per permettere al grande pubblico di accostarsi ad altre culture.

Dal francese all’italiano

Quest’anno, con l’Italia ospite d’onore al Salone del libro di Ginevra, il confronto si fa soprattutto tra le due lingue romanze, anche se nei vari spazi espositivi della manifestazione non mancano libri in altre lingue, in particolare tedesco e inglese.

Nel corso di uno degli incontri letterari che fanno un po’ da contrappunto all’ambiente da fiera dove vendita e acquisti sono al centro dell’attenzione, si è parlato delle traversie della traduzione. L’occasione l’ha offerta la prima edizione in italiano dei romanzi epistolari di Isabelle de Charrière (Lettere da Losanna, Lettere di Mistriss Henley, Lettere di Neuchâtel).

Donna di grande cultura, proveniente dalla più alta nobiltà olandese e corteggiata da molti, Madame de Charrière (1740-1805) arriva a Neuchâtel dopo aver sposato il suo precettore, originario della regione. Il suo stile anticonvenzionale, elegante e raffinato è uno dei più originali del Settecento, anche se spesso è stato messo in ombra dalle opere di Madame de Staël, di 25 anni più giovane, già tutta proiettata verso il Romanticismo.

“Era da anni che volevamo tradurre questi romanzi epistolari per farli conoscere in Italia”, afferma Daria Galateria, una delle curatrici dell’edizione italiana e lei stessa scrittrice. “Finalmente, grazie anche al bicentenario della morte di Madame de Charrière e alla presenza dell’Italia al Salone del libro di Ginevra, ci siamo riusciti”.

Traduzioni buone e cattive

Per Jean-Jacques Marchand, professore di letteratura italiana all’Università di Losanna, tradurre Isabelle de Charrière, significa aprire l’Europa del Settecento al lettore italiano. Ma non tutte le traduzioni fanno del bene.

“Ci troviamo di fronte ad una valanga di traduzioni dall’inglese di romanzi di consumo, di valore medio-basso che ha spazzato via la produzione italiana”, constata Marchand. Per comodità si dimentica che l’innovazione non può venire solo dall’esterno e si punta su una produzione globalizzata nella quale “i percorsi sono senza sorprese”, la trama e la lingua banali e la traduzione “un esercizio automatico”.

Altri tempi, insomma, quelli in cui nell’Ottocento l’Italia riguadagnava il ritardo accumulato rispetto alle altre letterature europee grazie alla traduzione dei romantici inglesi e tedeschi. Senza queste traduzioni non ci sarebbe stato un Romanticismo italiano, niente Foscolo, né Manzoni, autori che dal confronto con gli altri hanno saputo trarre un’ispirazione innovatrice e originale.

E lontana è anche l’Antologia americana pubblicata da Elio Vittorini negli anni Quaranta del Novecento. Malgrado l’opposizione del regime fascista, l’Antologia divenne un testo determinante per gli sviluppi successivi della letteratura italiana.

La tradizione della traduzione

Malgrado ci siano ancora delle lacune da colmare, l’Italia è un paese che traduce moltissimo. Traduce molto anche la Svizzera, che con iniziative come la collana CH di Pro Helvetia cerca di far conoscere, prima di tutto al suo interno, le produzioni letterarie delle diverse realtà linguistiche del paese.

Traduce un po’ meno la Francia, dove però, come testimonia Matteo Majorano, professore di letteratura francese all’Università di Bari, si sta verificando un fatto curioso. Gli scrittori francesi, un po’invischiati negli schemi dell’autorappresentazione, stanno riscoprendo la narrabilità grazie al confronto con i nuovi autori italiani che possono leggere in traduzione.

Il Salone del libro permette di cogliere i frutti di questi confronti culturali e la sua chiassosità da fiera, un po’ sconcertante per chi è abituato a librerie e biblioteche dove il silenzio favorisce il raccoglimento e la riflessione, riesce a richiamare l’attenzione sul libro, un atto che di questi tempi è meritorio oltre che interessante.

swissinfo, Doris Lucini, Ginevra

XIX Salone internazionale del libro di Ginevra, 27 aprile – primo maggio 2005.
Italia ospite d’onore insieme alla regione francese del Rodano-Alpi.
Esposizione speciale: Bonaparte in Egitto.
Manifestazioni parallele: Salone africano del libro, Europ’Art, Salone dello studente, Salone della musica, Villaggio alternativo (allestito da organizzazioni umanitarie).

Il padiglione italiano si estende su 350 metri quadrati. Sono esposti oltre 5’000 titoli rappresentativi della produzione editoriale italiana. Più della metà dei volumi sono in traduzione francese.

Nel corso del Salone è stata presentata la prima traduzione italiana dei romanzi epistolari di Isabelle de Charrière. L’opera, in edizione bilingue francese – italiano, è pubblicata da Sellerio editore (Palermo) col titolo “Lettres écrites de Lausanne – Lettere da Losanna”.

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