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Se il salario non basta per vivere

Nel 2003 in Ticino i lavoratori che non riuscivano a sbarcare il lunario erano 12.500 swissinfo.ch

In Ticino i lavoratori poveri sono più numerosi rispetto al resto della Svizzera. Un recente studio dell'Ufficio cantonale di statistica ne illustra la situazione.

Vengono così confermati i dati emersi da altre ricerche svolte su scala nazionale (Caritas, Ufficio federale di statistica”): la prospera Svizzera non è risparmiata dalla povertà.

In Ticino nel 2003 si stimavano 12 mila 500 lavoratori poveri per un tasso sul totale delle persone occupate pari al 10,3 %. A livello nazionale, nello stesso periodo, i “working poor” erano 231 mila per un tasso del 7,4%.

Una cifra, quella nazionale, che segna una lieve decrescita dopo un decennio di stagnazione ma che non cancella, comunque, il problema. Nel 2004, secondo l’Ufficio federale di statistica, i lavoratori poveri erano 211 mila, 20 mila in meno rispetto al 2003.

La paura della povertà

Ma lo spettro dell’indigenza va oltre le cifre. Secondo un sondaggio nazionale promosso dal Crédit Suisse alla fine dello scorso anno, la paura della povertà – legata principalmente alla paura di perdere il proprio lavoro – continua infatti a crescere e ad essere un fattore di ansia per la popolazione.

Proprio alcuni giorni fa il Partito cristiano conservatore, formazione politica nazionale presente solo in alcuni cantoni svizzero tedeschi, ha lanciato un’iniziativa – “Per un contributo di solidarietà” – per obbligare i ricchi ad aiutare i poveri.

Basti pensare che in Svizzera, secondo l’organizzazione Caritas, le persone povere sono un milione, ossia un settimo della popolazione.

La situazione in Ticino

“Nel nostro cantone, a differenza di quanto emerge a livello nazionale – spiegano gli autori dello studio Fabio Losa e Emiliano Soldini – la povertà lavorativa ha un impatto più marcato sulla componente maschile degli occupati (10,7%) rispetto a quella femminile (9,7%)”.

E ad essere più toccati dal fenomeno lavoratori e lavoratrici in età compresa tra i 30 e i 49 anni: il 77% dei “working poor” sono dunque trentenni e quarantenni. Sembrano invece sfuggire alla povertà lavorativa i giovani (fino ai 30 anni): solo il 6% risulta povero.

Nel tessuto della nuova povertà in Ticino si intrecciano inoltre la composizione e la dimensione della famiglia. “Le categorie più colpite dalla povertà lavorativa – precisano gli autori – sono le famiglie monoparentali e la famiglie numerose (coppie con tre o più figli). In entrambi i casi il tasso di working poor supera il 20%”.

Particolarmente esposti sono, poi, i lavoratori e le lavoratrici indipendenti senza impiegati: quasi il 20% non riesce ad avere un reddito sufficiente per porsi e porre la propria famiglia al riparo della povertà.

Giocano anche un ruolo la formazione (più elevata = meno rischi) e la nazionalità: il fenomeno colpisce il 18,6% degli stranieri rispetto al 6,9% degli svizzeri.

Uscire dalla trappola

Ma se i numeri della povertà in Svizzera sono noti, ancora non c’è chiarezza sugli strumenti per combattere il fenomeno e sugli orientamenti politici.

“La povertà non è solo un problema cruciale dal punto di vista dell’etica sociale – afferma nella prefazione del libro Yves Flückiger, professore di economia e Direttore del Dipartimento di economia politica all’Università di Ginevra – ma lo è anche in termine di efficacia economica”.

Gli autori dello studio ticinese non hanno dubbi: occorrono urgenti misure di politica del lavoro e di politica sociale per arginare il problema.

Ecco dunque una serie di proposte: incentivazione alla formazione, riconoscimento dei titoli di studio degli immigrati, maggiori aiuti alle famiglie, applicazione rigorosa delle misure di accompagnamento agli Accordi bilaterali.

L’incentivazione dell’offerta del lavoro femminile, attraverso misure di conciliabilità tra famiglia e lavoro e di pari opportunità, è un’altra delle misure indicate: importantissima, se si pensa che una delle caratteristiche del mercato del lavoro in Ticino nei prossimi 30 anni sarà la femminilizzazione.

Il valore del lavoro

Se partiamo dall’evidenza che la povertà è radicata in Svizzera, occorre però anche un radicale cambiamento nel mondo di concepire il lavoro. “Il lavoro – sottolinea Flückiger – deve rimanere attrattivo, migliorando i salari minimi, rinnovando i contratti collettivi di lavoro”.

“Anche la Banca Mondiale, nel suo ultimo rapporto sullo sviluppo economico – sottolinea il professore – riconosce che le politiche che mirano a migliorare l’equità contribuiscono simultaneamente a favorire la crescita e lo sviluppo umano”.

swissinfo, Françoise Gehring

Nel 2003 in Ticino i lavoratori poveri erano 12.500, pari al 10,3%
In Svizzera erano 231.000 (7,4%)
La soglia di povertà in Ticino è fissata a 2.400 franchi mensili per persona sola e a 4.525 per una famiglia di 4 persone
Il primato del ramo economico con il tasso di “working poor” più elevato spetta agli alberghi e ristoranti: 25,3%

Scarsa formazione, famiglia numerosa e/o monoparentale, nazionalità: sono le condizioni delle persone più a rischio di povertà.

Lo rivela lo studio dell’Ufficio cantonale di statistica “Working but poor in Ticino”, curato da Fabio Losa e Emiliano Soldini in collaborazione con il Dipartimento di scienze aziendali e professionali della SUPSI (Scuola universitaria professionale).

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