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Che qualità fanno un buon diplomatico svizzero?

Erich Lessing / Magnum

Il Ministero degli esteri quest'anno ha aperto la procedura di reclutamento per nuovi diplomatici, che rappresenteranno gli interessi della Svizzera all'estero e presso le organizzazioni internazionali. La prassi di selezione è stata criticata perché non forma abbastanza donne e specialisti.

Un articolo del prestigioso settimanale tedesco Die Zeit ha dato uno spazio sorprendentemente ampio alle voci critiche per sfogare rabbia e disappunto.

“Una selezione di questo tipo non è professionale ed è antiquata. […] Non possiamo più permetterci il tipo di diplomatico prodotto dall’attuale procedura. Dobbiamo puntare più in alto”, sostengono in un articolo tre candidate respinte. Le tre donne hanno abbandonato la selezione dopo aver bocciato l’esame scritto nella prima fase della procedura.

Le candidate respinte accusano il comitato di selezione, composto di 11 membri, di ignorare le loro qualifiche accademiche e la loro esperienza professionale, e chiedono la reintroduzione di un sistema di quote per aumentare il numero di donne diplomatiche.

Dominik Furgler, presidente della giuria, affronta la critica con calma. “Non è la prima volta che siamo confrontati con questo tipo di critiche”, ha dichiarato l’ambasciatore svizzero in Egitto a swissinfo.ch, in un’intervista telefonica dal Cairo. Convinto sostenitore della procedura di selezione, applicata per decenni e adattata nel corso degli anni, non esclude però errori.

L’ambasciatore spiega che dieci anni fa il Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) ha sviluppato il cosiddetto modello di competenze, uno strumento di pianificazione di carriera necessario per scovare potenziali candidati e formare i futuri diplomatici. Il modello richiede precise competenze, anche in ambito interculturale e nell’ospitalità, nonché la capacità di lavorare con efficienza in situazioni di crisi.

Un’agenzia di valutazione ha attestato l’alto livello qualitativo della procedura. “Questo dimostra che la nostra prassi di selezione, in linea di massima, è molto buona”, sostiene Furgler, che presiede la giuria di selezione, composta in maggioranza di donne.

Non esclude però che ottimi aspiranti, adatti alla formazione, vengano sottovalutati, perché i loro dossier di candidatura non sono abbastanza convincenti.

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“È cruciale assicurarci che tutti i candidati davvero idonei vengano convocati per una prima valutazione, e che la selezione avvenga solo in seguito”, sostiene. Secondo Furgler, il più grande ostacolo per un candidato è essere ammesso alla prima fase di esami. “Degli oltre 280 candidati nel 2012, solo un’ottantina sono stati invitati al primo test”, spiega.

Accademia diplomatica

Foraus, un think-thank di politica estera composto di studenti, formula un altro tipo di critica.

Il suo presidente, Nicola Forster, crede che sia necessaria una revisione del sistema di formazione nel suo insieme, piuttosto che non una riorganizzazione del sistema di reclutamento o una reintroduzione di quote femminili.

Forster domanda un sistema generalmente più flessibile e adattabile alle necessità in continua evoluzione della diplomazia.

“Sono necessari più mediatori, con profili specialistici, che possano essere inviati con breve preavviso in una zona problematica”, afferma. Questi andrebbero a supportare i diplomatici tradizionali distaccati all’estero.

Una riforma dovrebbe anche promuovere modelli di lavoro più compatibili con le esigenze famigliari e pensati su misura per le persone con talenti eccezionali, sostiene.

Forster si oppone al limite di età per i candidati (attualmente è di 35 anni) in modo da aumentare le chances di chi non soddisfa tutti i requisiti. Raccomanda soprattutto la creazione di “un’accademia diplomatica” per sostituire quella che considera “la formazione sul campo” dei diplomatici svizzeri.

L’anno scorso 282 persone si sono candidate per posti diplomatici; 22 sono state ammesse, di cui quattro donne.

Il DFAE ammette di regola circa dieci candidati all’anno. I numero di candidature varia molto nel corso degli anni, spesso a dipendenza della situazione economica.

Come parte integrante dell’articolo costituzionale sulle pari opportunità, una quota indiretta per le donne ambasciatore, istituita nel 2003 e sospesa l’anno scorso, stabiliva la parità tra i sessi per le assunzioni in diplomazia.

Un altro controverso tentativo per facilitare l’accesso a posti diplomatici per persone che non soddisfano tutti i requisiti è fallito nel 2011.

L’attuale procedura di valutazione in ambito diplomatico data del 1956 ed è stata leggermente modificata negli anni.

I candidati devono avere la nazionalità svizzera e non superare i 35 anni. Non è possibile ripresentarsi.

Altri requisiti: padronanza di tre lingue (di cui due nazionali) e diploma universitario. L’esperienza professionale è considerata un vantaggio. Nessun precedente penale.

Generalisti

A Berna, nel suo ufficio alla Direzione delle risorse, l’unità del personale del DFAE, Markus Reubi difende la politica dei diplomatici generalisti.

Questa è vincolata alle dimensioni limitate del corpo diplomatico svizzero. Basandosi sulla sua esperienza in una situazione di crisi, due anni fa in Giappone, Reubi tesse le lodi del sistema svizzero. “Ha dimostrato che i generalisti sanno adattarsi ad una situazione d’emergenza e famigliarizzarsi velocemente con un nuovo tema”.

Aggiunge che la Svizzera tiene conto della possibilità di una certa differenziazione per chi svolge un lavoro diplomatico presso le organizzazioni internazionali o in qualità di esperto di questioni finanziarie ed economiche. “Abbiamo bisogno di diplomatici generalisti preparati a specializzarsi. E questa è, dopotutto, la chiave per trovare il giusto equilibrio tra generalisti e specialisti in ogni missione”.

Reubi afferma che il governo dà importanza alla presenza costante di un rappresentanza diplomatica sul campo, vitale per costruire e mantenere una rete di contatti.

Un sistema ad hoc di cosiddetti “diplomatici mobili”, che vanno e vengono da una regione, non gioverebbe agli interessi della Svizzera, stando a Reubi.

Carriere

“Un diplomatico è qualcuno che pensa due volte prima di dire nulla”, stando ad un gioco di parole attribuito all’ex primo ministro britannico Edward Heath.

L’ambasciatore Furgler sostiene dal canto suo che il compito di un diplomatico, svizzero o meno, è lo stesso: rappresentare gli interessi, di qualsiasi tipo essi siano, di un paese specifico. “La Svizzera non è più unica con i suoi buoni uffici o con la sua neutralità”.

Il ruolo e lo statuto di un ambasciatore sono cambiati nel tempo. I diplomatici facevano parte di un’élite. Ora il glamour sta progressivamente svanendo. “I diplomatici devono comportarsi sempre di più come manager in un contesto altamente complesso”, sostiene Reubi.

Al contrario che negli Stati Uniti, in Svizzera i posti diplomatici non sono assegnati tramite nomine politiche. “Ciò sarebbe incompatibile con il governo multipartitico svizzero”, aggiunge.

Un posto diplomatico viene raramente assegnato a qualcuno che non soddisfa tutti i criteri d’ammissione.

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Manager

Oltre alla tradizionale missione di negoziatore e mediatore, con un talento sociale molto sviluppato, oggigiorno un diplomatico dev’essere a suo agio nell’uso dei diversi media e tenere conto sia degli interessi esteri che di quelli nazionali, dice Reubi.

Qualità di leadership e capacità di lavorare in modo efficace in situazioni di crisi, in particolare in regioni pericolose, stanno inoltre diventando indispensabili.

Ai diplomatici non è più garantita una carriera calma e tranquilla. Tra i membri del corpo diplomatico la competizione per i posti prestigiosi è dura.

“Si possono esprimere preferenze personali, ma non tutti riescono a raggiungere il posto più ambito, quello di ambasciatore”, afferma Reubi.

Vi sono attualmente 348 diplomatici svizzeri attivi in 173 ambasciate, presso organizzazioni internazionali e nella sede centrale a Berna.

La più grande ambasciata svizzera è a Mosca e conta circa 100 impiegati.

Nel 2012 la Svizzera ha aperto nuove ambasciate in Myanmar, Qatar e Kirghizistan. Sono d’altra parte in corso piani per chiudere la rappresentanza in Guatemala e ridurre la rete di consolati svizzeri in tutto il mondo.

La prima donna ambasciatore è stata Francesca Pometta nel 1977. Le donne rappresentano oggigiorno circa il 30% del corpo diplomatico; di cui 18 sono ambasciatrici e sono a capo di una missione svizzera.

Gli inizi della diplomazia svizzera sono stati modesti. Fino al 1860 si contavano solo due rappresentanze permanenti, a Vienna e Parigi.

Un primo tentativo di professionalizzazione del sistema è fallito prima della fine del XIX secolo. L’espansione della rete diplomatica è avvenuta sostanzialmente solo dopo la Prima e la Seconda guerra mondiale. Il culmine è stato raggiunto negli anni ’90.

(traduzione dall’inglese: Francesca Motta)

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