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Sguardi incrociati sull’America Latina

Eduardo Srur: "Campeggio di angeli". Tende appese verticalmente sul muro del centro d'arte. Fri-Art

Al Centro d'arte contemporanea Fri-Art di Friborgo si riflette sull'idea di radici culturali e d'identità, in un mondo sempre più mobile.

L’esposizione, intitolata «Stopover», interroga la nozione di cammino dell’individuo, lungo tutta la sua esistenza, e di trasformazione della società, che in Sudamerica vuol dire anche confrontarsi con il bagaglio della colonizzazione: del territorio e della cultura.

«Il filosofo e saggista George Steiner, con il quale ho studiato, diceva che l’uomo non è un albero e dunque non mette radici: perché ha le gambe». Lo ricorda Sarah Zürcher, direttrice del centro e curatrice della mostra a colloquio con swissinfo.

Specialmente nel mondo attuale, dominato dalle migrazioni, dalla mobilità, dal mix di culture, non si può più parlare di identità collegandola ad un’idea convenzionale di radicamento.

L’esposizione di Friborgo riflette su quest’idea, mostrando il caleidoscopio delle diverse realtà sudamericane, e delle storie personali degli artisti, molti di loro a cavallo di più culture, emigrati o semplicemente in perenne transito da un continente all’altro.

In cammino, senza una meta precisa

L’arte può essere un fattore di risveglio della coscienza collettiva, o ancora di salvezza personale, come per Tomás Ochoa, che ha chiesto ad un attore argentino senza lavoro e che voleva a tutti i costi continuare ad essere attore, di inscenare eventi di strada per quattro mesi. Ma anche altri video mostrano persone che camminano o si spostano in macchina verso una meta non specificata.

A rafforzare l’idea di movimento quasi fine a se stesso, un paio di scarpe che camminano da sole, in assenza dell’essere umano, animate da una macchina che ricorda le costruzioni di Jean Tinguely.

L’uomo è assente anche dall’installazione «Kill the Bee-st». Le api rappresentano la natura, ma anche il miele, l’oro, l’opulenza. Dell’uomo qui resta solo un guanto, che serve a togliere il miele alle api: lo spirito di rapina con cui i colonizzatori si avventurarono nel Sud del mondo, viene spontaneo pensare.

Diversi linguaggi a confronto

Il tema dell’ambivalenza di sentimenti dell’America Latina nei confronti del Vecchio Continente è ben presente. Julio Villani nell’istallazione intitolata «Il complesso del pappagallo» tratta dell’assimilazione della cultura occidentale in Brasile: un pappagallo si mangia le foto con la faccia di Einstein, i quadri di Picasso, le opere di Man Ray.

Il modernismo brasiliano propagava l’idea che le idee nuove, nel giovane continente, dovessero nascere dal cannibalismo culturale. Distruggere le idee venute dall’Europa mangiandole, assimilandole.

Lia Menna Barreto, di origini indie, usa invece lucertole di plastica appese al muro, in un arabesco che gioca con la tradizione autoctona delle decorazioni murali.

Un’altra artista, Fabiana de Barros, residente a Ginevra, ma molto conosciuta in Brasile, mostra un video in cui la si vede su un’automobile mentre gira per le strade di Sao Paolo.

Sul tetto dell’auto, invece di Taxi, c’è la scritta AUTO PSI. Decine di persone salgono sull’AUTO PSI e commentano diverse immagini, che noi non vediamo. Straordinarie le loro doti naturali di contastorie, con cui esprimono sogni, frustrazioni, e un grande amore per la vita, anche in mezzo a mille difficoltà.

In pellegrinaggio per vedere un’opera esposta a Buenos Aires

Uno dei momenti forti della mostra è il lungo video di Sylvie Blocher intitolato «Living Pictures/ Dignidad» realizzato nel 2002 a Buenos Aires.

Molti abitanti dei quartieri da lei incontrati si sono messi in ghingheri per cantare una canzone, o raccontare la propria storia. Altri parlano della crisi economica in Argentina, che in quel momento era al culmine.

Poi improvvisamente alla fine appare un figlio di desaparecidos e legge una lista di nomi: criminali dell’ex dittatura, tra cui il presidente in carica all’epoca.

Un’opera che ha attirato al museo di Buenos Aires moltissimi visitatori, che facevano la coda per vederla: «Sylvie Blocher non sapeva se poteva presentarla a Buenos Aires così com’era – spiega la curatrice – e infatti i giornali non ne rivelavano il contenuto, ma per attirare la gente ne parlavano continuamente».

Come a dire, il bisogno di perdono, di voltare pagina con il passato non significa dimenticarlo.

swissinfo, Raffaella Rossello, Friborgo

L’esposizione “Stopover” presenta 22 opere di artisti a cavallo tra l’Europa e il Sud America.

Un caleidoscopio di visioni e riflessioni sulla mobilità come condizione esistenziale, la crisi economica, la dittatura, l’inconscio, l’ibridazione culturale, la sperimentazione, la brutalità urbana e la perdita di contatto con la natura.

Alcuni degli artisti esposti risiedono in Svizzera, come Ana Roldàn, che vive a Zurigo, Maria Carmen Perlingeiro, Fabiana Barros e Michel Favre, che vivono a Ginevra o Nils Nova che abita a Lucerna.

«Stopover» al centro d’arte contemporanea di Friborgo Fri-Art.

Dal 18 febbraio al 30 aprile.

Una mostra partita da Parigi, che si è ingrandita e trasformata a Friborgo e che farà tappa anche a São Paolo.

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