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Sicurezza: il nuovo rapporto scontenta quasi tutti

Dove va l'esercito svizzero? Keystone

Il nuovo rapporto sulla politica di sicurezza ha suscitato commenti poco entusiasti da parte della stampa svizzera, dei partiti e degli ambienti interessati: al documento viene rimproverata l'assenza di risposte concrete.

Il nuovo Rapporto sulla politica di sicurezza – presentato giovedì – prevede alcuni correttivi, ma nessuna rivoluzione: l’esercito e la neutralità resteranno i principali pilastri, mentre non verranno soppressi gli interventi all’estero.

Der Bund e il Tages Anzeiger giudicano il documento un raffazzonamento, un «compromesso poco coraggioso» tra i sette membri dell’esecutivo. Da un lato vi è un ministro della difesa «legato a un concetto “retrò” delle forze armate»; dall’altro, dei colleghi di governo che spingono nella direzione opposta.

I due giornali sottolineano inoltre che – dopo molte discussioni – il rapporto in questione finirà comunque in un cassetto, poiché «il futuro dell’esercito sarà in definitiva influenzato da considerazioni di carattere finanziario e demografico».

Sulla medesima lunghezza d’onda anche la Basler Zeitung. Riferendosi alla prosecuzione degli impieghi all’estero, e alla contemporanea riaffermazione della neutralità armata, il foglio osserva come sia «difficile dire chi si è realmente imposto: il tradizionalista Ueli Maurer oppure l’internazionalista Micheline Calmy-Rey [ministra socialista degli affari esteri]?».

Come lo stomaco di uno struzzo

Anche secondo la Neue Zürcher Zeitung, vi è il rischio che l’esercito venga strumentalizzato a livello politico-ideologico. In particolare per quanto concerne gli impieghi all’estero, «da mesi è in corso un duello tra nazionalisti e internazionalisti», con socialisti e Unione democratica di centro a cercare di profilarsi in direzioni opposte «a scapito dell’esercito e di una politica di sicurezza credibile».

Secondo il quotidiano, il governo ha comunque saputo evitare di restare intrappolato in questa logica: il nuovo rapporto costituisce «una base efficace per organizzare concretamente i compiti dell’esercito e i mezzi necessari».

Il quotidiano Le Temps paragona dal canto suo il rapporto sulla politica di sicurezza a un’esercitazione militare: «Molti botti, un po’ di fumo e – alla fine – vincono tutti, anche se nessuno ha capito il senso della manovra. […] I ministri si sono accapigliati in merito alla partecipazione alle operazioni all’estero, ma alla fine – come lo stomaco di uno struzzo – il compromesso elvetico ha digerito tutto».

Anche la La Liberté è critica in merito a un documento «frutto del mercanteggiamento tra i ministri», che non risolve i problemi di un esercito minato da «battaglioni inoperosi, programmi informatici malfunzionanti, una logistica carente e un ministro nostalgico».

Tutto rinviato

Pur ammettendo che «ci sarà chi, soprattutto a sinistra, non mancherà di criticare l’eccessivo peso dato agli aspetti militari della sicurezza», La Regione osserva: «Non ci si poteva onestamente aspettare una rivoluzione copernicana rispetto all’ultima edizione del documento, anche se ciò sembra aver deluso una parte del mondo politico e non pochi commentatori. Gli scenari internazionali e interni, del resto, non hanno subito sostanziali modifiche nell’ultimo decennio».

Secondo il quotidiano ticinese, «sarebbe stato pretendere troppo, tuttavia, tenuto conto del contesto rappresentato dai condizionamenti ai quali è sottoposto Maurer da parte del suo partito, senza dimenticare che il fuoco incrociato destra-sinistra non molti mesi or sono aveva contribuito ad affossare la missione Atalanta lungo le coste somale».

In definitiva, «per quanto riguarda l’esercito, le principali risposte sono rinviate alla presentazione, promessa entro il prossimo mese di giugno, di un rapporto direttivo per le forze armate. È da questo testo che dovrebbero emergere le scelte che il dipartimento intende compiere sia riguardo ai compiti da attribuire alle forze armate sia in merito all’organizzazione e agli effettivi della truppa».

Di necessità virtù

«Fare di più con meno mezzi. Ossia: fare di necessità virtù. In questi concetti si può riassumere l’orientamento fondamentale del nuovo Rapporto sulla politica di sicurezza […]. Tutto ciò è frutto, bisogna esserne consapevoli, di condizionamenti in buona parte ineludibili, da quelli demografici a quelli finanziari », sintetizza il Corriere del Ticino.

In ogni caso, ammonisce il quotidiano, «non si può accreditare l’illusione che gli strumenti essenziali di una nuova, credibile politica di sicurezza possano scaturire semplicemente dalla somma di nuovi tagli e nuovi compiti, senza sciogliere i nodi che queste operazioni portano al pettine».

Infatti, «la debolezza in casa propria non potrà infatti mai essere la premessa di un’azione internazionale forte e riconosciuta, quindi realmente efficace, a tutela della stabilità. Il problema, a questo punto, è di stabilire con chiarezza qual è la soglia minima al di sotto della quale questa capacità viene meno. Il principio di compensare la quantità con la qualità, per molti aspetti sicuramente valido, ha dei precisi limiti. Valicati i quali diventa solo un pericoloso enunciato-alibi».

swissinfo.ch

L’Unione democratica di centro chiede il ritorno ad una difesa più solida ed indipendente. Gli obiettivi principali della politica di sicurezza sono il mantenimento dell’indipendenza e della neutralità. Un’evoluzione unilaterale verso la cooperazione internazionale non può che indebolire le forze armate, sostengono i democentristi.

A nome del Partito popolare democratico la portavoce Marianne Binder deplora l’assenza di novità. A suo dire, la minaccia viene tratteggiata, ma non si dice nulla delle necessarie reazioni. La mancanza di visioni sarebbe il risultato delle resistenze alla redazione del testo del capo del Dipartimento della difesa, segnato dalla sua appartenenza partitica.

Il Partito borghese democratico giudica positivamente l’orientamento del rapporto, ma auspica una proposta concreta sull’acquisto di un nuovo aereo da combattimento nell’ambito del rapporto sull’esercito, la cui pubblicazione è prevista in estate.

Secondo Pirmin Schwander, presidente dell’Azione per una Svizzera neutrale e indipendente il rapporto – frutto di «una pericolosa e ingenua illusione» – contraddice il principio della neutralità.

La Società svizzera degli ufficiali esprime invece soddisfazione: l’attenzione del documento è puntata sul consolidamento dell’esercito e sui mezzi necessari al conseguimento di questo obiettivo.

Il Gruppo per una Svizzera senza esercito ritiene il rapporto molto lontano dalla realtà: punterebbe sulle alleanze militari invece di imprimere una svolta a favore delle missioni civili di pace. Inoltre, non considererebbe la logica conseguenza dell’attuale crisi dell’esercito, ossia l’abolizione della leva obbligatoria.

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