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Carla Del Ponte spera nella consegna di Milosevic entro giugno

La procuratrice del Tribunale penale internazionale Carla Del Ponte Keystone Archive

La procuratrice del Tribunale internazionale per l'ex Jugoslavia e il Ruanda (Tpi), Carla Del Ponte, ha incontrato giovedì a Ginevra la stampa. Il suo lavoro, le sue responsabilità e i compiti che rimangono aperti, come la consegna dell'ex uomo forte di Belgrado, sono stati al centro dell'incontro.

Carla Del Ponte ha osservato che «c’è un grande cambiamento a Belgrado». Secondo la magistrata svizzera, il capo di stato jugoslavo Vojislav Kostunica autorizzerà il trasferimento all’Aja del suo predecessore dopo l’approvazione della nuova legge da parte del parlamento.

Il Tpi dovrebbe rendere prossimamente pubblici gli atti di accusa per i crimini di Milosevic in Croazia e in Bosnia. L’ex capo di Stato jugoslavo è in detenzione a Belgrado dal mese di aprile.

Carla Del Ponte descrive così il suo mandato: “Noi dobbiamo garantire che al termine di un conflitto i responsabili di genocidi, di torture, violenze e di distruzione non rimangano impuniti. Il nostro traguardo è quello di eliminare l’impunità dei potenti”.

Dopo due anni di lavoro Carla Del Ponte si dice soddisfatta. Con immutato slancio ha parlato a Ginevra dei successi e dei progressi, ma anche delle delusioni o dell’impotenza del suo ufficio che non può arrestare i latitanti eccellenti ancora sulle liste del Tribunale. La sua posizione, sotto lo sguardo vigile dell’opinione pubblica internazionale, è difficile. Ma la Del Ponte risponde alle critiche con fatti, dati e argomenti.

Sono ormai lontani dunque i tempi delle sue esternazioni in qualità di procuratrice federale a Berna, esternazioni che facevano sussultare il mondo economico svizzero. A quell’epoca, la Del Ponte era stata attaccata sull’efficienza delle sue battaglie contro il riciclaggio di danaro sporco, contro il segreto bancario, contro i cartelli colombiani della droga o contro il crimine organizzato. Altri attaccavano la non sempre impeccabile base probatoria.

Oggi, alle critiche sulla lentezza delle istruttorie risponde con l’insufficiente collaborazione di alcune parti e con le ristrette risorse di cui dispone il suo ufficio. A chi la ritiene colpevole di dirigere le sue indagini in modo parziale, risponde che “la raccolta di prove non è sempre facile, ma questa è la situazione, non è il programma”.

I primi successi sono già arrivati con la condanna di alcuni esponenti militari croati. Le loro responsabilità sono state appurate dalle indagini della Procura internazionale e avallate dal Tribunale. Inoltre, per la prima volta nella storia, dei responsabili di violenza carnale hanno dovuto rendere conto delle loro azioni di fronte ad una corte. Un successo per Carla Del Ponte, che con questo capo d’accusa ha osato intervenire in un ambito particolarmente difficile.

Malgrado lei stessa ammetta che i parametri per valutare crimini efferati, come quelli del Rwanda o dell’ex Iugoslavia, rimangano al di fuori di una legislazione codificata, “è fondamentale per la comunità internazionale ricercare le vie del consenso, una nuova ‘Common Law’ a cui rifarsi; il nostro contributo deve permettere, ai paesi dilaniati dai conflitti, di poter ripartire.”

swissinfo

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