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Cile: svizzeri coinvolti nella lotta dei Mapuche per la terra

"No alla violenza contro i bambini Mapuche": manifestazione durante il carnevale a Santiago del Cile. Paula López Devia

A inizio gennaio, gli svizzeri Werner Luchsinger e sua moglie sono morti nella loro casa, in seguito a un incendio doloso. L'aggressione segna l'apogeo del conflitto in corso tra proprietari terrieri bianchi e comunità indigene Mapuche, che rivendicano la restituzione di «terre illegalmente acquisiste».

Adam Luschinger ha lasciato il piccolo villaggio di Engi, nel canton Glarona, nel 1883 per cercare fortuna in Cile. Lì ha costruito una casa, ha lavorato la terra e costruito una famiglia. Il 4 gennaio del 2013, un incendio doloso ha però raso al suolo la sua vecchia dimora e ucciso suo pronipote Werner e la sua sposa.

Sul luogo del crimine, le autorità hanno fermato uno sciamano Mapuche, con una ferita d’arma da fuoco. L’uomo è l’unico ad essere finito in manette.

Le comunità indigene negano però ogni responsabilità e parlano di una montatura – orchestrata dalle forze di sicurezza, dai gruppi di estrema destra e dai paramilitari – per colpire al cuore la loro cultura ancestrale.

Da allora, la presenza della polizia nella regione si è fatta più importante e sono aumentate anche le perquisizioni nelle comunità Mapuche. Anche donne e bambini non vengono risparmiati.

Tra le rivendicazioni portate avanti per decenni da questa minoranza etnica figurano in primo luogo la possibilità di avere un territorio e maggiore autonomia propri, l’apertura di negoziati con il governo e la riparazione dei torti subiti.

Autonomia non significa però forzatamente espulsione dei proprietari terrieri, perché con i “cristiani” si potrebbe intavolare un dialogo, spiega a swissinfo uno dei leader della comunità, José Santos Millao.

Tra il 1861 e il 1883 la regione dell’Araucanía, nel Sud del Cile, è teatro di un conflitto che mette in ginocchio le comunità indigene Mapuche, private della loro terra e sull’orlo della miseria.

Tra il 1883 e il 1886, le autorità cilene reclutano coloni in Europa. I primi svizzeri, tra cui Adam Luchsinger, arrivano nel 1883 nel territorio dell’Araucanía.

Fino al 1890, si contano 22’700 espatriati elvetici in Cile.

Gli immigrati ricevono terre e bestiame. Vengono loro rimborsate le spese del viaggio e anticipati due anni di salario. Se il prestito non viene ripagato nel corso degli otto anni successivi, la terra torna nelle mani dello Stato.

Numerosi discendenti di 3° e 4° generazione mantengono tuttora la doppia nazionalità svizzera e cilena.

Dato l’importante numero di svizzeri che risiede e viaggia nella regione, la Svizzera apre nel 2008 un consolato a Temuco.

Attraverso l’ambasciata, l’agenzia di cooperazione svizzera (DSC) finanzia diversi progetti di aiuto allo sviluppo destinati ai cittadini più poveri.

Dove ha origine il conflitto?

Nella seconda metà del 19esimo secolo, il governo cileno incoraggiò la colonizzazione dell’Araucanía, una regione storicamente popolata dai Mapuche, circa 700 km a sud della capitale Santiago. Ai coloni europei furono attribuiti fino a 60 ettari di terra, mentre agli indigeni rimasero soltanto piccoli appezzamenti, che non bastavano nemmeno a garantire loro un sostentamento.

Con la riforma agraria promossa tra il 1964 e il 1970, le comunità Mapuche hanno rivendicato per la prima volta la restituzione di quelle terre ereditate dai loro antenati. Ma il processo ha subito una battuta d’arresto con l’arrivo di Pinochet al potere e la nuova legge che di fatto annullava il concetto caro ai Mapuche di “proprietà comunitaria” e metteva l’accento sulla proprietà individuale.

Da una decina di anni, gli indigeni hanno ripreso a far sentire la loro voce con azioni di protesta spesso radicali. L’occupazione del territorio da parte dei Mapuche ha avuto un impatto importante, nonostante siano poi stati espulsi dalla polizia. Jorge Luchsinger, zio del defunto Werner, che è stato criticato aspramente per le sue dichiarazioni contro le popolazioni autoctone, è così stato obbligato a vendere la sua proprietà allo Stato, a favore dei Mapuche.

emol.com

Una situazione contraddittoria

Per Militza Luchsinger, nipote della coppia assassinata e membro attivo dell’Associazione dei discendenti di coloni svizzeri nell’Araucanía (ADES), la situazione è contraddittoria. Per oltre un secolo, il governo cileno ha promosso l’immigrazione europea, in particolare tedesca e svizzera, racconta. «I miei antenati sono emigrati con le migliori intenzioni. Volevano costruirsi un nuovo futuro lavorando nell’agricoltura. Hanno costruito insediamenti, contribuito a porre fine al banditismo, e a trasformare la regione nel granaio del paese. Abbiamo lavorato fianco a fianco con i Mapuche e ci siamo presi cura a vicenda di queste terre».

Ora la regione sembra stia vivendo un processo d’involuzione: «Siamo attaccati dai banditi e le terre fertili si stanno trasformando in paludi», dice Militza Luchsinger

La sciamana Paola Aroca Cayunao ha lavorato per diversi anni in Svizzera come assistente sociale in un ospedale, prima di fondare un centro di medicina Mapuche a Valdívia, in Cile, nel 2007. Grazie al suo dono di  guaritrice, ereditato dalla nonna,  cerca di dare una mano a ricchi e poveri, bianchi ed indigeni. Un modo tutto suo, ci spiega, per contribuire alla ricostruzione della pace nel paese.

Suo malgrado, Paola Aroca Cayunao sente di essere implicata in questo conflitto per la terra. Anche se non vive nella regione più calda, e non è politicamente attiva, ha paura che in caso di attacco possa essere accusata di terrorismo.

Secondo gli ultimi dati statistici, risalenti al 2002, il 4,6 per cento della popolazione cilena è di origine indigena.

L’87 per cento è di etnia Mapuche. Più della metà vive in città: il 30 per cento circa nella regione dell’Auracanía e il 28 per cento nell’agglomerato di Santiago.

Un terzo circa degli indigenti Mapuche vive sotto la soglia della povertà.

Un futuro incerto

Lo sviluppo della situazione nell’Araucanía è oggetto di attenzione da parte dalla diplomazia elvetica, che si dice preoccupata dall’intensificarsi del conflitto e in particolare dall’attentato contro la coppia di origine svizzera. «Mi aspetto che i responsabili di questo atto siano chiamati davanti alla giustizia», dichiara l’ambasciatrice Yvonne Baumann, dicendosi convinta che «le soluzioni devono essere trovate attraverso il dialogo» e non con la forza.

Già in passato, alcune famiglie svizzere avevano manifestato i loro timori all’ambasciata, ma non era mai stata evocata l’ipotesi di una minaccia imminente, afferma Yvonne Baumann. «Sono prima di tutto le autorità cilene ad avere la responsabilità di garantire la sicurezza».

Secondo Militza Luchsinger la morte dei suoi zii ha creato un clima di maggiore coesione e solidarietà nel vicinato, tra cui vi sono anche diversi svizzeri. La donna si sente minacciata, vivendo a pochi passi da alcuni militanti Mapuche. Ma anche se questa situazione è spesso causa di frustrazione, Militza Luchsinger non vuole abbandonare la sua terra.

Il 60 per cento circa delle famiglie di terza o quarta generazione hanno mantenuto la nazionalità elvetica, stima Militza Luchsinger. La maggior parte parla ancora tedesco e ha parenti in Svizzera. I discendenti dei coloni svizzeri nel sud del paese vedrebbero di buon occhio un sostegno più incisivo da parte delle autorità svizzere. Finora, tuttavia, non hanno chiesto l’intervento dell’ambasciata. «Continuiamo a sperare che il governo cileno trovi una soluzione in modo da poter vivere in pace».

Traduzione dal tedesco, Stefania Summermatter

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