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Il volto della povertà

I poveri in Svizzera sono tra i 700'000 e i 900'000 Keystone

Fannulloni, imbroglioni o approfittatori. È l'immagine che spesso viene associata ai beneficiari dell'aiuto sociale. Un'esposizione itinerante vuole sfatare questi pregiudizi.

A. S. W, 50 anni, è una donna sorridente. Quando era più giovane lavorava come operatrice sanitaria nelle ambulanze di Milano. Entusiasta e con molti sogni da realizzare, si è sposata, si è trasferita in Svizzera e ha dato alla luce due bambine.

Poi tutto è crollato. «Come il Muro di Berlino, nel 1989», racconta con ironia da un monitor televisivo, parlando del divorzio e delle difficoltà legate al lavoro autonomo. Spinta ai limiti delle sue capacità fisiche e psichiche, non ha potuto fare altro che rivolgersi all’aiuto sociale.

«Tutti possiamo essere colpiti, in qualsiasi momento, dalla povertà», rammenta Denise Zwygard, del segretariato centrale della Conferenza svizzera delle istituzioni dell’aiuto sociale (Csias).

Stando alle stime di Caritas, i poveri in Svizzera sono tra i 700’000 e i 900’000.

Povertà vergognosa

Tra il 1986 e il 2006, il costo dell’aiuto sociale è passato da 713 milioni a 3,3 miliardi di franchi, rileva la Csias. Nonostante un miglioramento nel 2008, anno in cui la quota delle persone beneficiarie dell’assistenza sociale è scesa al 2,9% della popolazione (221’000 persone), la situazione è destinata a deteriorarsi.

«La povertà è in aumento: lo constatiamo dalla frequentazione dei nostri negozi», dice a swissinfo.ch Grégoire Praz di Caritas Svizzera. L’anno scorso, in piena crisi, le botteghe gestite dall’organizzazione caritativa hanno registrato un’affluenza record e un giro d’affari in crescita del 14%.

«Tra gli aspetti peggiori della povertà – puntualizza Praz – vi è la stigmatizzazione nei confronti di chi è costretto a vivere nell’indigenza». Una situazione di malessere, che spinge uomini, donne e bambini a sprofondare nell’esclusione sociale.

Una vergogna di essere poveri che si trasforma poi in vergogna a chiedere aiuto. Secondo gli esperti, circa la metà delle persone che potrebbero beneficiare dell’aiuto pubblico non fa valere questo diritto.

Gente come gli altri

Per informare la popolazione sulle cause che portano a vivere nella precarietà, e presentare al contempo l’azione dell’aiuto sociale, la Csias ha allestito l’esposizione itinerante “Si jamais” (“Nel caso”).

Attraverso elementi audiovisivi, testimonianze biografiche, fotografie e oggetti, la mostra – che toccherà una quindicina di città svizzere entro novembre – intende immergere il visitatore nel mondo dei poveri.

Un’immersione che si rivela sorprendente. Non tanto per la scoperta di come si sopravvive con pochi franchi in tasca, quanto per la constatazione – semplice ma non scontata – che i poveri sono in fondo… persone come gli altri.

«Mi piacerebbe semplicemente potermi concedere qualche svago o andare a sciare in inverno. Come fanno gli altri, insomma», spiega al visitatore la voce di H. I., 38 anni, beneficiario dell’aiuto sociale.

Di particolarmente opprimente, confida H. I., vi è il fatto che mia figlia è costretta a rinunciare a molte cose. «Spesso devo dirle di no, e ciò fa male».

Basta poco…

Oltre a dare un volto all’aiuto sociale e ai suoi beneficiari, l’esposizione, lanciata in aprile in concomitanza con l’Anno europeo della lotta alla povertà, è un invito alla riflessione.

Molti non sono probabilmente coscienti del fatto che basta un piccolo avvenimento – un divorzio, un incidente, una malattia o la perdita dell’impiego – per trasformare una vita professionale e sociale ben avviata in una vita da beneficiario dell’aiuto pubblico, osserva Rolf Maegli, vicepresidente della Csias.

«Possiamo però riconoscere prematuramente i rischi potenziali di cadere nella povertà», aggiunge Denise Zwygard, ricordando l’importanza di investire nella formazione dei giovani e di sostenerli nella ricerca di un posto di tirocinio.

L’obiettivo di Csias e Caritas è di ridurre la povertà in Svizzera della metà entro il 2020. Il piano di lotta all’indigenza presentato all’inizio dell’anno mette l’accento, oltre che sulla formazione, sul reinserimento professionale dei disoccupati di lunga durata e sull’integrazione degli stranieri.

Diversa la ricetta anti povertà di Rebecca, 12 anni, la cui visione è stampata su un pannello dell’esposizione “Si jamais“: «Il presidente e la Chiesa potrebbero lanciare un appello per raccogliere donazioni per i poveri. Anche la politica potrebbe fare un’offerta».

Il 24 aprile in Svizzera si tiene la Giornata nazionale di lotta alla povertà.

Con una serie di manifestazioni ed azioni in diverse città, Caritas, la principale organizzazione caritativa elvetica, invita i cantoni a intraprendere misure serie per combattere l’indigenza.

In particolare, ai cantoni è chiesto di elaborare rapporti annuali sulla povertà (come ad esempio già fanno i cantoni di Berna e Zurigo).

L’obiettivo di Caritas è di dimezzare il numero di poveri in Svizzera entro il 2020.

Le persone domiciliate in Svizzera che non riescono a far fronte ai loro bisogni o a quelli della famiglia possono ricevere prestazioni cantonali nel quadro dell’aiuto sociale pubblico.

I cittadini elvetici residenti in un altro paese possono rivolgersi all’Aiuto sociale degli Svizzeri all’estero della Confederazione o all’Organizzazione degli Svizzeri all’estero.

I sostegni oscillano tra i 600 e i 2’600 franchi, secondo il numero di persone che compongono il nucleo famigliare; complessivamente, gli aiuti totalizzano circa 3,3 miliardi di franchi all’anno.

Nel 2008, i beneficiari dell’aiuto pubblico erano 221’262, il 2,9% della popolazione.

Si tratta per la maggior parte di persone sole che vivono in città e di età compresa tra i 18 e i 25 anni; il 46% è di origine straniera.

Oltre la metà dei beneficiari (55%) non dispone di alcun diploma professionale.

Le quote di aiuto sociale più elevate sono state registrate nei cantoni di Basilea Città, Neuchâtel, Vaud, Berna, Ginevra e Zurigo.

(fonti: Ufficio federale di statistica, Conferenza svizzera delle istituzioni dell’aiuto sociale).

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