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Processo Tamagni: la Corte conferma le pene dell’accusa

swissinfo.ch

Martedì sera si è consumato l'ultimo atto del processo per la morte del giovane ticinese Damiano Tamagni. Dopo 13 ore di Camera di consiglio, la Corte delle Assise criminali di Locarno ha emesso il proprio verdetto.

10 anni a Ivica Grgic (cittadino croato, 22 anni), 10 anni a Marko Tomic (cittadino croato e svizzero, 19 anni), 2,6 anni a Ivan Jurkic (cittadino croato e svizzero, 20 anni), di cui 14 mesi da espiare: queste le condanne per i tre ragazzi che la notte di Carnevale dell’anno scorso hanno colpito a calci e pugni Damiano Tamagni causandone il decesso.

A questa sentenza si è giunti dopo tredici ore di Camera di consiglio, iniziata subito dopo la posa dei quesiti, martedì mattina alle 9.30.

La Corte – composta dal presidente Mauro Ermani, due giudici a latere e cinque assessori giurati (giuria popolare) – ha così espresso il proprio convincimento sulla colpevolezza degli imputati e sul grado di responsabilità di ognuno di loro in quella maledetta notte di Carnevale.

Per i tre imputati è stato dunque sostanzialmente confermato l’atto di accusa. La settimana scorsa la procuratrice pubblica Rosa Item – a cui tutte le parti hanno riconosciuto di aver condotto l’inchiesta in modo rapido, accurato e approfondito – aveva chiesto di 10 anni di reclusione per Ivica Grgic (accusato di omicidio intenzionale), 10,6 anni per Marko Tomic (accusato di omicidio intenzionale) e 3 anni per Ivan Jurkic (accusato di aggressione).

La motivazione della sentenza

Nel motivare la sentenza attorno alle 22.45, il presidente della Corte Mauro Ermani, ha evidenziato l’estrema gravità dei fatti. “Nel giungere a questa sentenza – ha detto il giudice – la Corte ha tenuto conto dell’invito alla serenità e ha formulato il proprio giudizio unicamente in base a criteri afferenti al diritto”.

“Il ruolo della giustizia – ha aggiunto – è quello di accertare i fatti, di procedere ad analisi minuziose degli elementi oggettivi e di valutare le testimonianze con la necessaria prudenza. E i fatti dicono che Damiano è stato ucciso senza che lui avesse assunto minimamente un comportamento che lasciasse presupporre una rissa”.

Il presidente della Corte ha richiamato alcune sentenze del Tribunale federale, come quella che definisce la colpa: gli accusati vanno puniti per ciò che hanno fatto e la sanzione deve essere individualizzata. “Damiano – ha sottlineato il giudice – è morto in seguito ai colpi inferti alla testa. E chi colpisce una vittima indifesa, non può non pensare che può causarne la morte”.

Grandissima tensione

La sentenza è stata emessa in un clima di altissima tensione, dentro e fuori il Tribunale. Non stupisce dunque l’imponente dispiegamento delle forze di polizia chiamate a garantire la sicurezza; un ruolo peraltro assunto con grande calma e fermezza. Di fronte al Tribunale uno striscione “Giustizia per Damiano”, e fuori dall’aula una folla con gli occhi sgranati e puntati verso l’ingresso.

Poco dopo il pronunciamento del verdetto sono scoppiati i pianti delle famiglie degli imputati. E i primi commenti non si sono fatti attendere. “Non discuto la sentenza, ho fiducia nella giustizia. Ma nemmeno cinquant’anni di carcere – dice un’amica di Damiano a swissinfo – ci riporterebbero indietro Damiano. Devono pagare per avercelo portato via per sempre, ma nessuno di noi chiede vendetta. La vendetta non serve a nulla”.

Diverse, come naturale e prevedibile, le valuatzioni dei conoscenti e degli amici dei tre imputati; sebbene tutti riconoscono che debbano pagare per quanto hanno fatto, secondo loro “la pena è troppo severa”. Molti sono convinti che il fattore “straniero” abbia pesato moltissimo.

Ricordare Damiano a un anno dalla tragedia

Per rendere omaggio alla memoria di Damiano ad un anno dalla sua tragica morte, la Fondazione intestata al suo nome propone una fiaccolata. Lo scopo di questa momento di ritrovo e di raccoglimento, spiega la Fondazione, “è di ricordare Damiano e di invitare tutti a riflettere, camminando insieme, quanto sia importante lottare contro la violenza giovanile”.

L’iniziativa della Fondazione, che sarà seguita da una messa, si distingue ancora una volta per il suo grande spessore morale. Uno spessore che contrasta in modo netto e deciso con l’inaudita violenza che di nuovo sta correndo e dilagando su internet, attraverso i blog e “facebook”. A processo non ancora ultimato è scattato l’invito – con toni pesantissimi – ad andare in piazza per contestare le pene richieste dall’accusa, comunque troppo blande per chi ha sete di vendetta.

Una vendetta di cui i familiari e gli amici di Damiano non vogliono sentir parlare. Ricordiamo che all’indomani della scomparsa di Damiano, la famiglia – pur annientata dall’immenso e indescrivibile dolore – aveva invitato tutti a non strumentalizzare la morte di Damiano e a non fomentare odio, razzismo e xenofobia.

swissinfo, Françoise Gehring, Locarno

Al termine del dibattimento, luneì 26 gennaio, il presidente della Corte Mauro Ermani ha dato l’ultima parola, come di consueto, ai tre imputati. Hanno risposto solo due di loro, i due giovani sui quali pesa l’accusa più grave.

Ivica Grgic ha dichiarato: “Mi pento dal primo giorno per quanto è successo e mi pentirò per tutta la vita. Mi dispiace davvero tanto per i familiari di Damiano e per i miei”.

Marko Tomic si è espresso così: “Vorrei chiedere scusa alla famiglia Tamagni per quello che è accaduto. Mi porterò questo dolore per tutta la vita. Mi ha segnato per sempre”.

Su invito della Fondazione Damiano Tamagni, domenica primo febbraio si terrà a Locarno una fiaccolata in memoria di colui che nei cuori di chi lo ha conosciuto resterà per sempre “Dami”.

Inizio alle ore 19 e ritrovo al Park&Ride, stazione ferroviaria di Muralto. Il corteo si dirigerà verso Largo Zorzi, per poi transitare in Piazza Grande, salire in via Marcacci, percorrere via Borghese (dove Damiano è stato ucciso) per giungere in Piazza Sant’Antonio.

Alle 20 è prevista una messa che sarà presieduta dal vescovo di Lugano, Monsignor Piergiacomo Grampa.

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