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STOP AIDS: la campagna della discordia

Un testo incriminato della campagna 2003. stopaids.ch

La nuova campagna pubblica sull'AIDS vuol parlar chiaro. E ha già suscitato la protesta dei vescovi svizzeri.

Ma l’informazione ha sempre meno successo. La provocazione è l’ultima risorsa per rendere attenti su un tema che rimane difficile?

La prevenzione è ancora l’unico mezzo per evitare l’AIDS, dato che un vaccino è ancora lontano dalla realtà. E in questo campo la Svizzera dovrebbe avere una buona esperienza. Lanciate con regolarità e coraggio negli anni Ottanta – immediatamente dopo l’apparizione del virus – le campagne hanno portato da subito ad un calo dei contagi.

Con messaggi annualmente nuovi, l’Ufficio federale della sanità pubblica (Ufsp) ha cercato di tenere alta l’attenzione verso la malattia sessualmente trasmessa. Ma i dati degli anni scorsi hanno segnato per la prima volta un passo indietro.

Dati preoccupanti

In diminuzione fra il 1999 ed il 2000, il numero delle persone infettate dal virus HIV ha ripreso a salire dal 2001. Due anni fa i nuovi casi sono stati 631, con un aumento del 7,7 per cento rispetto al 2000. L’aumento più preoccupante è stato registrato l’anno scorso: le nuove infezioni sono state pari ad una crescita del 25,5 per cento.

Le ragioni sono localizzate nel calo della tensione verso la malattia a quasi vent’anni dalla sua scoperta. Ma si accusa anche la campagna dell’anno scorso che ritraeva, in immagini sessualmente allusive, semplici frutti e verdure.

Per questo la nuova campagna 2003 è molto più esplicita. Intende, come si afferma nel comunicato Ufsp, «far reagire il lettore, chiamando in causa tutta una serie di autorità, istituzioni, gruppi, attori della vita sociale». Posizionati in posti strategici, i cartelloni richiamano le scuole, lo stato, le agenzie viaggi e molti altri alle loro responsabilità.

Non tutti d’accordo

Ma alla Chiesa cattolica, toccata direttamente dal alcuni manifesti, la provocazione non è piaciuta. La Conferenza episcopale svizzera si è detta «sdegnata» per la ridicolizzazione della religione. Una fra le frasi galeotte: «Roma mette il preservativo all’indice, noi vi consigliamo di metterlo altrove». Un’altra di più vecchia data: «Proteggi il tuo prossimo come te stesso: utilizza il preservativo».

In verità la Chiesa cattolica non si dice contraria alla necessità di informare la popolazione, ma ritene «l’utilizzazione derisoria della religione… profondamente scioccante». Il segretario generale della Conferenza episcopale, Marc Aellen, ha ribadito a swissinfo: «Per noi la migliore protezione rimane la fedeltà».

L’Ufficio federale della salute ha risposto mercoledì ritirando i manifesti incriminati. Non si vuole, è stato ribadito, «colpire la sensibilità della chiesa». Colpiti sono comunque solo alcuni degli slogan. In tedesco ne sono stati elaborati 87, 40 in francese e 25 in italiano.

Italiano prudente

Anche la campagna italiana sarà toccata dai tagli concessi alla critica episcopale. Sei motivi che hanno colpito la sensibilità cattolica sono stati cancellati.

Marco Gehring, responsabile della traduzione italiana della campagna, si dice comunque sorpreso e rattristato della rinuncia immediata da parte dell’ Ufsp. «Conosco il problema e la sensibilità degli ambienti conservatori; ho scelto coscientemente dei toni moderati nei testi italiani», afferma il pubblicitario. Pur reinterpretando il concetto tedesco per un pubblico di lingua italiana, Gehring non ha comunque censurato il tema chiesa.

Critiche di fondo

La provocazione non è nuova alle campagne anti AIDS che per definizione toccano un ambito normalmente relegato alla discrezione. Ma all’Ufsp non si mette in discussione il messaggio di fondo: bisogna far riflettere tutti. Si parte dall’agente di viaggio che organizza i viaggi in Tailandia, fino appunto al sacerdote che parla alla coscienza della gente.

Per l’esperto di comunicazione ed ex-segretario generale democristiano, Iwan Rickenbacher, il problema sta nella vicinanza. I manifesti sarebbero stati affissi proprio davanti alle chiese: «Per i vescovi questo era probabilmente troppo».

«Bisognerà vedere quale attenzione sarà riservata alla campagna, dopo il polverone di questi giorni», aggiunge Rickenbacher. «L’importante è analizzare in seguito i risultati; bisogna vedere se il tono polemico e irriverente raggiunge il pubblico a cui è diretto». Altrimenti la provocazione non avrebbe senso.

swissinfo, Daniele Papacella

La campagna è stata lanciata il 22 aprile e presenta una serie di testi, spesso irriverenti, su uno sfondo giallo acido. 87 soggetti sono in tedesco, 40 in francese e 25 in italiano.

Centrale è il collocamento: ogni soggetto trova il suo posto in prossimità degli ambienti legati al tema. Uno slogan sul turismo sessuale viene affisso, di preferenza in un aeroporto o vicino ad un’agenzia di viaggi.

Anche la Chiesa cattolica è toccata dalla campagna. L’umore dei pubblicitari non ha però colpito nel segno. Alcuni manifesti verranno ritirati per non offendere la sensibilità dei fedeli.

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