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Sulla Ascom l’ombra del dissesto finanziario

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La ditta di telecomunicazione Ascom è in crisi. Già fortemente indebitata, nel 2001 ha registrato una perdita di 395,5 milioni di franchi.

La Ascom, la ditta bernese attiva nel settore delle telecomunicazioni, un tempo fiore all’occhiello dell’industria elvetica, naviga in cattive acque.

Nell’anno di esercizio 2001, l’azienda ha registrato un perdita di 395,5 milioni di franchi, contro un utile netto di 67,2 milioni nel 2000. Il giro d’affari è rimasto invariato a 3,143 miliardi di franchi, ha indicato lunedì la Ascom. La società rinuncia a versare un dividendo.

Il taglio di 1100 impieghi annunciato lo scorso giugno è stato portato a termine, ha rilevato Urs T. Fischer, presidente della direzione, nella conferenza sul bilancio tenuta lunedì a Zurigo. Non sono previste ulteriori riduzioni dell’organico, ha aggiunto.

Il giro d’affari è rimasto invariato a 3,143 miliardi di franchi, ha indicato in una nota il gruppo bernese. La perdita al lordo di imposte e interessi (EBIT) si è attestata a 338,3 milioni di franchi, contro un risultato positivo di 75,4 milioni nell’esercizio precedente.

Non tenuto conto dei fattori eccezionali, l’EBIT è negativo per 41 milioni di franchi. L’evoluzione sfavorevole è dovuta a spese eccezionali legate alla ristrutturazione del gruppo, afferma l’Ascom, spiegando che è stata penalizzata anche dal calo registrato nel mercato delle telecomunicazioni.

Per il primo semestre di quest’anno, Ascom prevede una leggera flessione del giro d’affari e un utile operativo prima delle imposte, degli interessi e degli ammortamenti (EBITDA) positivo. L’andamento dell’intero 2002 dipenderà dalla ripresa dei mercati.

Il gruppo bernese è riuscito a ridurre a 631 milioni di franchi l’indebitamento netto, dai 669 milioni del giugno 2001. Tra il marzo 2001 e lo scorso gennaio Ascom ha soppresso 1 033 impieghi nelle attività che ha conservato.

Politica di focalizzazione

Nel periodo in rassegna il gruppo ha continuato la sua politica di focalizzazione, cedendo varie attività, anche se gli introiti sperati non sono stati raggiunti. Il presidente del consiglio di amministrazione Fred Rüssli, citato nella nota, osserva che sarebbe stato irresponsabile attendere tempi migliori prima di vendere.

Il rapporto tra i mezzi propri e il bilancio è sceso dal 35,1 per cento del 2000 al 20,7 per cento, prosegue il gruppo bernese, ricordando che l’obiettivo a media scadenza è del 30 per cento. Grazie alle previste dismissioni (Multimedia & Pay Systems), l’indebitamento scenderà ulteriormente, il che contribuirà a migliorare il rapporto tra i fondi propri e la somma di bilancio, rileva l’Ascom. Il consiglio di amministrazione deciderà prossimamente su ulteriori provvedimenti per rafforzare il mezzi propri.

Una storia gloriosa

Si preannunciano dunque tempi duri per un’avventura iniziata nel miglior spirito pionieristico, 80 anni fa.

Il 29 dicembre del 1922 il bernese Walter Hammer fonda a Soletta, con un gruppo di industriali della regione, la Autophon AG. Presidente del Consiglio di amministrazione è Hermann Obrecht, futuro consigliere federale.

7 anni dopo, nel 1929, la Autophon AG impiega già 100 persone. 20 anni dopo, nell’immediato dopoguerra, la ditta, che ha trasferito la sua sede a Berna, dà lavoro a 800 dipendenti, impiegati nei settori della fabbricazione e dello sviluppo.

A partire dal 1952 la Autophon si espande all’estero, dove fonda alcuni centri di distribuzione. Negli anni sessanta vengono istituiti all’estero anche molti centri di produzione: in Italia, Francia, Belgio e Germania.

Nel 1984 l’impresa, uno dei principali datori di lavoro del canton Berna, rileva la concorrente Gfeller AG. Nasce la Autophon Holding AG. Due anni dopo la società ha 6’000 dipendenti e una cifra d’affari di 800 milioni di franchi.

Il 1987 è l’anno della grande fusione fra Autophon, Hasler e Zellweger Telecommunications. Il nome Autophon sparisce. Nasce la Ascom Holding AG.

L’inizio del declino

Negli anni novanta, inizia il lento declino di quella che era stata una ditta ricca, “fornitrice ufficiale” delle PTT e un’impresa che contava fra i suoi dipendenti i migliori ingegneri e tecnici svizzeri e stranieri.

La fusione del 1987 fra Autophon, Hasler e Zellweger risulta essere solo teorica. La nuova società non ha una sua filosofia imprenditoriale, rivela una disorganizzazione strutturale e le lotte interne avvelenano il clima dell’azienda.

La Ascom soffe inoltre della sua dipendenza da ordinazioni statali. La ditta comincia a guardare oltreoceano e trascura i propri titoli, che nel 1998 registrano una perdita dell’80% del loro valore.

Il provvidenziale intervento dell’investitore privato Müller-Möhl salva momentaneamente la situazione. Il finanziere acquista il 30% delle azioni ed entra nel Consiglio d’amministrazione. Un anno dopo perisce in un incidente aereo.

Strategie sbagliate

La Ascom si lancia allora in una serie di provvedimenti dell’ultima ora: nel 2001, per uscire dalle cifre rosse, dopo aver già licenziato una persona su dieci, decide di vendere il settore poco produttivo di IT Security, che opera nell’ambito della protezione dei dati su Internet.

A livello strategico, nomina nuovi responsabili e snellisce la struttura della ditta suddividendola in quattro unità: i servizi nel campo delle telecomunicazioni, la fornitura di elementi per il fabbisogno energetico, le nuove tecnologie e la messa a punto di sistemi di comunicazione per le imprese.

Ora la ditta bernese, un tempo vanto di città e cantone, intende collaborare maggiormente con università e ospedali e punta molto sulla cosiddetta “powerline communication”, un sistema appena introdotto in Germania, che permette di trasmettere dati e stabilire un collegamento via Internet mediante una semplice presa della corrente.

Secondo gli esperti, tuttavia, i responsabili della Ascom sopravvalutano le ripercussioni positive di questo sistema sulle finanze della società. Per gli analisti una cosa è chiara: la Ascom non ha saputo reagire, al momento opportuno, ai grandi cambiamenti che hanno sconvolto il settore delle telecomunicazioni nell’ultimo decennio e ora ogni ristrutturazione o cambiamento di rotta potrebbero giungere troppo tardi.

Elena Altenburger e agenzie

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