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Svizzera-Europa: la bontà della via bilaterale

René Schwok, politologo all'Università di Ginevra. Charly Rappo

Il governo ha pubblicato mercoledì un nuovo rapporto sulla sua politica europea. Per il politologo René Schwok, si conferma la via seguita fin qui dalla Svizzera.

Secondo il ricercatore dell’Università di Ginevra, nel suo rapporto il governo svizzero continua a privilegiare la via bilaterale auspicata dalla maggioranza di popolo e parlamento.

Il governo ha confermato di voler proseguire sulla via bilaterale, almeno fino a quando potrà salvaguardare gli interessi politici ed economici del paese.

Per un’analisi del rapporto, abbiamo intervistato René Schwok, politologo presso l’Istituto europeo dell’Università di Ginevra.

swissinfo: Il rapporto Europa 2006 del Consiglio federale sembra scontentare sia chi sostiene l’adesione all’Unione europea sia i suoi oppositori…

René Schwok: Il rapporto è in sintonia con il mandato che la maggior parte dei cittadini e dei deputati hanno affidato al Consiglio federale. Il suo contenuto non mi sorprende: siamo in democrazia e quindi è normale che rifletta la volontà della maggioranza di rifiutare sia l’emarginazione che l’adesione all’Unione europea (Ue).

Non dobbiamo dimenticare che è stato il popolo ad aver voluto questa politica, rifiutando l’iniziativa della Lega dei ticinesi, che chiedeva il ritiro della domanda di adesione, e quella del Nomes (Nuovo movimento europeo svizzero, ndr), per un’accelerazione del processo di avvicinamento all’Europa.

Nel rapporto, mi ha fatto piacere leggere che l’opzione di un’adesione «light» è un’alternativa possibile, mentre nei rapporti precedenti e in alcune dichiarazioni era emerso che un’adesione con deroghe era inverosimile.

Quello che invece mi ha deluso è la mancanza di riferimenti al ruolo svolto dall’Ue. Non sono stati messi sufficientemente in risalto gli sforzi dell’Ue in favore dell’ aumento della prosperità o della stabilizzazione della situazione socio-politica del continente.

swissinfo: Il Consiglio federale ha in sostanza deciso…di non decidere: da un canto conferma l’intenzione di proseguire sul principio dell’apertura, dall’altro non vuole pronunciarsi sull’adesione. Perché non definire una linea chiara e precisa?

R. S.: È vero, non vuole pronunciarsi sull’adesione. Bisogna però considerare che, sostanzialmente, il governo ha riaffermato la politica che la Svizzera segue da 60 anni: né adesione né emarginazione, ma piuttosto una terza via. Terza via che ha avuto diversi nomi nel corso della storia: zona di libero scambio, spazio economico europeo e ora accordi bilaterali.

In quanto alla linea assunta dal governo, ritengo che sia tutto sommato ben definita. D’altronde, nel rapporto è chiaramente spiegato che l’esecutivo intende ancora negoziare una quindicina di accordi e rafforzare la struttura di tali intese.

swissinfo: La Svizzera ha concluso con l’Ue due pacchetti di accordi bilaterali settoriali. Ora intende negoziare accordi simili in alcuni nuovi ambiti (sanità, elettricità, sistema satellitare Galileo, forse anche l’agricoltura). E poi?

R. S.: La Svizzera ha affermato che continuerà a negoziare nuovi accordi bilaterali. Non sotto forma di un terzo pacchetto come invece sembra preferire Bruxelles – che vorrebbe includere nel pacchetto anche la questione della sovranità fiscale dei cantoni – ma piuttosto negoziando gli accordi singolarmente.

Certo è che non mancano le incertezze attorno a questi futuri accordi. Non si conosce ad esempio la lista definitiva dei prossimi negoziati e non si sa se ci saranno dei dossier, voluti dall’Ue, che rischiano di far saltare la totalità dell’intesa. Inoltre, ci si chiede se si riuscirà a ristrutturare gli accordi bilaterali in un accordo quadro.

Bisognerà poi risolvere la questione attorno all’accordo di libero scambio del 1972, che ha dato origine a due interpretazioni opposte: l’Ue, contrariamente alla Svizzera, ritiene che il documento le dà il diritto di criticare le politiche fiscali applicate da alcuni cantoni elvetici.

swissinfo: A proposito del controverso miliardo promesso dalla Svizzera per il fondo di coesione dell’Ue, una bocciatura da parte del popolo svizzero potrebbe mettere in pericolo gli accordi bilaterali. L’esito di una singola votazione può veramente compromettere tutto l’edificio?

R. S.: Dal punto di vista giuridico, per l’Ue sarà difficile rimettere in causa gli accordi che ha già ratificato. Anche se dalla votazione sul miliardo per la coesione dovesse scaturire un no popolare, ho l’impressione che Svizzera e Ue cercheranno altre soluzioni.

Credo comunque che gli svizzeri diranno sì al contributo di un miliardo, visto che hanno già accettato dossier molto più complicati ed emotivamente più delicati come Schengen e l’estensione della libera circolazione delle persone.

swissinfo: Che valore mantiene la domanda elvetica di adesione all’Ue, congelata a Bruxelles da ormai 14 anni?

R. S.: Non darei un’eccessiva importanza al valore o al significato di quella domanda di adesione. A mio modo di vedere si tratta più che altro di un gesto diplomatico effettuato per non irritare l’Ue. Credo che l’Ue sia ben consapevole che, per il momento, l’adesione non entra in linea di conto per Berna.

swissinfo: In questo contesto estremamente pragmatico e variabile, come vede la relazione tra Svizzera e Unione europea fra 10 anni?

R. S.: Probabilmente ci sarà qualche accordo in più ed una maggiore strutturazione dell’intesa. Non vedo cosa potrebbe cambiare in 10 anni per rimettere in discussione la via bilaterale.

Prima di parlare di un’eventuale adesione bisognerà che l’Europa diventi all’improvviso estremamente attrattiva o che il campo rosso-verde si aggiudichi la maggioranza nel parlamento svizzero.

Dobbiamo inoltre riconoscere che la via bilaterale funziona ed è quindi normale proseguire in questa direzione.

swissinfo, intervista di Luigi Jorio e Marzio Pescia

Berna sta valutando la possibilità di ampliare la serie di accordi bilaterali settoriali con l’Unione europea.

Mercoledì, il Consiglio federale ha deciso di avviare colloqui esplorativi in vista di un possibile accordo di libero scambio nel settore agro-alimentare.

I contadini, così come le organizzazioni economiche, l’industria alimentare e i commercianti al dettaglio non si sono detti contrari, sebbene non abbiano nascosto un certo scetticismo.

Il governo deciderà la primavera prossima se avviare o meno i negoziati. Un’intesa vera e propria non sarà pronta prima del 2015.

1972: Svizzera e Comunità europea stipulano un accordo di libero scambio.
1992: Berna deposita una domanda di adesione all’Unione europea. Lo stesso anno, il popolo rifiuta di aderire allo Spazio economico europeo.
2002: entra in vigore il primo pacchetto di accordi bilaterali con l’Unione europea.
2004: Berna e Bruxelles firmano i Bilaterali bis.

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