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Accordo istituzionale “sì, ma non ad ogni costo”

Una limousine nera con le bandiere svizzera ed europea davanti all entrata del Dipartimento federale degli affari esteri.
Svizzera e Unione europea non sembrano ancora pronte ad imboccare la stessa strada per concludere un accordo quadro istituzionale. Keystone

Sì alle trattative tra Svizzera e Unione europea, no a un accordo quadro istituzionale ad ogni costo. È la linea adottata mercoledì dal Consiglio federale, che ha inoltre designato un nuovo 'mister Europa': a coordinare relazioni e negoziati con l'Ue sarà l'ex ambasciatore Roberto Balzaretti.

Sì o no? A quali condizioni? Subito o più tardi? Il dibattito politico sulle relazioni della Svizzera con l’UE ruota da anni attorno al cosiddetto accordo quadro istituzionaleCollegamento esterno. Se e quando la Confederazione debba aderirvi, è una questione che divide.

Entro il 2018, se ragionevole

Il governo svizzero vuole l’intesa, per garantire al Paese un miglior accesso ai mercati europei, e si è dato mercoledì dieci mesi di tempo per rilanciare le relazioni con l’Unione.

Negli ultimi tempi, ha osservato il consigliere federale Ignazio Cassis, capo del Dipartimento federale degli affari esteri (DFAECollegamento esterno), il clima si è raffreddato a causa della decisione dell’Ue di inserire la Svizzera in una “lista grigia” dei paradisi fiscali e di limitare a un anno l’equivalenza con le norme Ue concessa alla borsa svizzera.

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L’accordo quadro, ha precisato il ministro alla stampa, è però un mezzo, non un fine.

Un nuovo capo negoziatore

Cercare delle relazioni stabili con l’Ue è negli interessi della Svizzera ma “non significa accettare tutte le condizioni che ci saranno sottoposte”. “La qualità è più importante della tempistica”, ha detto Cassis, che ha inoltre annunciato la nomina di Roberto Balzaretti a capo della Direzione degli affari europei (DAECollegamento esterno).

Balzaretti, in passato ambasciatore svizzero all’Ue e attualmente alla Direzione del diritto internazionale pubblico, avrà il titolo di segretario di Stato. 

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L’attuale segretaria di Stato agli affari esteri, Pascale Baeriswyl, “resta responsabile del resto del mondo”, ha spiegato infine il consigliere federale.

Di che si tratta?

Per l’Unione europea (UE) è chiaro che la partecipazione al mercato interno richiede un’applicazione e un’interpretazione uniformi e in simultanea del quadro normativo in costante evoluzione di tale mercato. Bruxelles si aspetta perciò che anche gli accordi bilaterali tra la Svizzera e l’UE vengano costantemente adattati a questo sviluppo giuridico.

Le due parti dal 2014 stanno negoziando un accordo quadro istituzionale. Esso dovrebbe disciplinare il funzionamento di determinati accordi bilaterali (in particolare quelli relativi all’accesso al mercato). Tale accordo dovrebbe permettere di rispondere in particolare alle seguenti questioni:

– Come si può garantire che l’accordo sia interpretato e applicato correttamente o, in caso di necessità, adattato alle nuove circostanze? Con un accordo quadro la Svizzera si impegnerebbe a favore di un’adozione dinamica del diritto dell’UE.
– Come si può controllare l’applicazione uniforme degli accordi?
 Come si può garantire che gli accordi siano interpretati in modo omogeneo?
 Come dovrebbero essere risolte le controversie tra l’UE e la Svizzera?

Secondo la legislazione attuale, la mediazione nelle controversie è di competenza di un organismo tecnico-diplomatico, il cosiddetto comitato misto. Nell’interesse della certezza del diritto, dovrebbe ora essere aggiunto un elemento giudiziario: la Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE) avrebbe la competenza di formulare un parere di diritto. Essa non avrebbe però l’ultima parola. Un litigio continuerebbe ad essere mediato in seno al comitato misto. Entrambe le parti potrebbero tuttavia appellarsi unilateralmente alla CGUE per una decisione d’interpretazione.

Giudici stranieri

In Svizzera tale accordo è molto controverso. Una forte ostilità viene soprattutto dall’Unione democratica di centro (UDC, destra conservatrice), che teme una perdita di sovranità della Svizzera. Secondo l’UDC, la Confederazione sarebbe così costretta a conformarsi agli adeguamenti legislativi dell’UE.

Il partito mette in guardia contro i “giudici stranieri” che avrebbero il potere decisionale in materia di diritto elvetico nelle controversie tra l’UE e la Svizzera.

Ostacoli al commercio

I fautori di una soluzione istituzionale, invece, temono che l’UE possa creare ostacoli commerciali, soprattutto dopo l’attuazione della Brexit. A loro avviso, la Confederazione necessita quindi di nuovi accordi con l’UE nell’interesse della piazza economica svizzera.

Tra gli accordi necessari figura uno quadro che garantirebbe alla Svizzera l’accesso al mercato. Le procedure democratiche della Svizzera sarebbero rispettate. La via referendaria rimarrebbe aperta una volta adottato il nuovo diritto. Un recepimento “automatico” del diritto europeo, paventato dall’UDC, non entrerebbe in linea di conto.

Recentemente, il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker ha lanciato l’idea di un nuovo modello con un collegio arbitrale per risolvere le controversie. Juncker vuole costruire un ponte politico per la Svizzera per disinnescare la polemica sui “giudici stranieri”, dicono osservatori a Bruxelles.

L’UE mira a concludere un accordo quadro istituzionale. Da parte svizzera, il popolo avrebbe l’ultima parola.

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Traduzione dal tedesco: Sonia Fenazzi

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