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La Quinta Svizzera non vuole essere discriminata dalle banche

Bank employee talking to customer
Aprire un conto in banca è sempre pù difficile e costoso per gli svizzeri all'estero. Keystone

Gli svizzeri all'estero stanno facendo pressione sulle istituzioni del paese affinché sia garantito loro un accesso senza restrizioni ai servizi finanziari. La questione preoccupa la comunità da quasi un decennio. 

«Troppo è troppo», afferma Ariane Rustichelli, direttrice dell’Organizzazione degli svizzeri all’estero (OSE). 

A inizio maggio il Consiglio nazionale ha affossato una mozione depositata da Roland Rino Büchel, esponente dell’Unione democratica di centro (UDC, destra conservatrice), che chiedeva di costringere le grandi banche ad accettare gli svizzeri all’estero come clienti. L’esito del voto è stato risicato (appena tre voti di scarto) e il numero di astenuti particolarmente alto. 

La decisione dei deputati ha sollevato un’ondata di indignazione tra gli svizzeri all’estero, che non hanno mancato di reagire. Due mozioni sono state depositate in parlamento, una da parte del senatore Filippo Lombardi e l’altra della Commissione degli affari esteri del Consiglio nazionale. I due testi ribadiscono le rivendicazioni degli svizzeri all’estero: poter aprire un conto presso le banche di importanza sistemica. Queste banche dispongono infatti, quale contropartita, di una garanzia implicita da parte dello Stato di poter ottenere degli aiuti in caso di bisogno. Attualmente si tratta di UBS, Credit Suisse, Banca cantonale di Zurigo, Raiffeisen e PostFinance. 

Malgrado negli ultimi cinque anni gli interventi in parlamento siano sempre naufragati e le pressioni dell’OSE e del Consiglio degli svizzeri all’estero abbiano portato pochi risultati, Ariane Rustichelli è fiduciosa. «Credo che abbiamo buone possibilità di trovare una soluzione soddisfacente. C’è una consapevolezza più grande del problema e il sostegno in seno al parlamento sta crescendo».

Consiglio e Congresso

Il Congresso degli Svizzeri all’estero si tiene quest’anno dal 18 al 20 agosto a Basilea. A prendere la parola saranno, tra gli altri, il ministro dell’interno Alain Berset, la segretaria di Stato del Dipartimento degli affari esteri Pascale Baeriswyl, la scrittrice Irina Brezna e diversi esperti di migrazione, cultura e istruzione.
Dal canto suo, il Consiglio degli svizzeri all’estero, che conta 140 membri, si riunirà venerdì. Tra i temi all’ordine del giorno figurano la riforma delle pensioni in votazione a settembre, la politica delle banche svizzere e il voto elettronico. 
A fine 2016 erano circa 775mila gli svizzeri residenti all’estero, il 2% in più rispetto all’anno precedente.

Pressione a difesa della Quinta Svizzera

Per chi parte all’estero, soprattutto se solo per qualche anno, poter usufruire di certe prestazioni bancarie è fondamentale, afferma Filippo Lombardi nella mozione. «Gli svizzeri all’estero necessitano di un conto bancario in Svizzera per la stipulazione dell’assicurazione malattie, il versamento dell’AVS, le spese del soggiorno nel Paese di provenienza oppure per la gestione delle entrate e delle uscite legate a un immobile».

Dal 2008, però, è sempre più difficile per gli svizzeri all’estero aprire o mantenere un conto, sottolinea Lombardi, poiché spesso vengono rifiutati come clienti oppure sono costretti a pagare spese molto più alte.

Se la mozione Lombardi prende di mira tutte le banche “too big to fail”, quella depositata dalla Commissione degli affari esteri si concentra sul ruolo di PostFinance. Il testo chiede una modifica della legge sulla Posta, in particolare dell’articolo 43, in modo da permettere alla Quinta Svizzera di accedere ai servizi di PostFinance a condizioni analoghe a quelle praticate per chi vive nella Confederazione. 

Il presidente della Commissione Roland Rino Büchel afferma che c’è un sostegno crescente in seno ai partiti: «È un chiaro segnale di una maggiore sensibilizzazione dell’opinione pubblica. È importante mantenere alta la pressione politica». Colui che ha già depositato tre mozioni sul tema critica in modo acceso i tentativi di Economiesuisse, federazione delle imprese svizzere, di affossare la sua mozione e accusa i lobbisti di usare modi poco corretti per bloccare ogni tentativo di soluzione. 

Roland Rino Büchel e Filippo Lombardi sono membri del Consiglio degli svizzeri all’estero e lavorano in stretta collaborazione col l’OSE, che rappresenta gli interessi dei circa 775mila espatriati registrati presso una rappresentazione all’estero. 

Costi troppo elevati

PostFinance, un’unità della Posta Svizzera, è tra le poche banche disposte ad accettare clienti svizzeri che vivono all’estero. Fornisce servizi di base che includono la possibilità di avere un conto privato, una carta di debito, di effettuare transazioni finanziarie e di utilizzare l’e-banking. 

«Siamo lieti di offrire questi servizi, dice il portavoce di PostFinance Johannes Möri. Ma lo facciamo su base volontaria, a condizioni che ci permettono di coprire i costi. Ci rendiamo conto che le tasse che applichiamo non sono molto popolari tra i nostri clienti svizzeri all’estero. Tuttavia, l’aumento dei requisiti per quanto riguarda gli affari transfrontalieri hanno reso inevitabile un aumento dei costi». 
PostFinance, che fa parte delle cinque principali istituzioni finanziarie del paese, ha aumentato a 25 franchi i costi mensili per cliente a partire dal 2017. 

Secondo Johannes Möri, a queste condizioni è estremamente difficile aumentare la gamma di servizi offerti agli svizzeri all’estero, come l’accesso a carte di credito o prestiti ipotecari. «Non suddividiamo i costi derivanti da un’attività internazionale a tasso forfettario tra l’insieme dei nostri clienti. I costi addebitati ai clienti domiciliati all’estero sono calcolati secondo un sistema basato sull’utente. Qualsiasi altra strategia sarebbe ingiusta nei confronti degli altri clienti».

Inevitabile? 

Il parlamentare Maximilian Reimann, anch’egli membro dell’UDC, concorda sul principio che gli svizzeri all’estero debbano avere accesso alle banche elvetiche. Tuttavia, ritiene che non sia possibile garantire loro le stesse condizioni di chi vive nella Confederazione. 

Il 75% circa degli svizzeri all’estero hanno la doppia cittadinanza. Ciò significa che sono soggetti anche alle leggi di un altro paese, osserva il parlamentare. «Pertanto, le banche svizzere e PostFinance non devono essere obbligate a gestire problemi eccezionali». 

Come Johannes Möri, Maximilian Reimann esclude un sistema di finanziamento incrociato, quale strategia per evitare costi aggiuntivi per i clienti all’estero. E con tono categorico, il parlamentare afferma che le persone che scelgono di vivere all’estero devono anche essere disposte ad accettare alcuni inconvenienti.

Atmosfera combattiva

Nella sede dell’OSE a Berna, l’atmosfera è combattiva. La direttrice Ariane Rustichelli insiste sul fatto che gli svizzeri all’estero sono clienti attrattivi e il tempo delle chiacchiere da bar è ormai superato. 

Rustichelli aggiunge che la Quinta Svizzera è stanca di quei politici che l’accusano di approfittare del sistema, di un governo che non agisce e delle banche che si sbarazzano di clienti meno facoltosi per corteggiare quelli più ricchi. 

Traduzione dall’inglese, Stefania Summermatter

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