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Rio 2016: dei Giochi olimpici forse esemplari

La protezione civile brasiliana all'opera dopo il crollo di parte della pista ciclabile Niemeyer, il 21 aprile 2016, nel quartiere meridionale di Rio de Janeiro. Keystone

Le Olimpiadi di Rio si aprono tra qualche giorno, ma in Brasile il clima è tuttora all’insegna della crisi e del pessimismo. È però con entusiasmo che molti svizzeri, sportivi o immigrati di lungo corso, guardano all’evento e ad alcuni cambiamenti introdotti. 

A qualche giorno dalla cerimonia di apertura del 5 agosto, il clima a Rio de Janeiro è ancora lontano dall’ideale di pace e uguaglianza immaginato da Pierre de Coubertin. L’atmosfera è piuttosto cupa.

Il Brasile sta attraversando una delle peggiori crisi economiche del secolo ed è entrato nel terzo anno consecutivo di recessione. Come se non bastasse, il virus che le autorità chiamano “la tripla epidemia” (Zika, dengue e chikungunya) si sta diffondendo anche in regioni finora risparmiate. E i malati devono fare affidamento su un sistema sanitario sull’orlo del collasso.

Questa crisi non risparmia nemmeno i preparativi dei Giochi olimpiciCollegamento esterno. Il 21 aprile un’onda alta ha provocato il crollo di parte della pista ciclabile che costeggia il mare, provocando la morte di due persone. Situata vicino alla strada dove si terranno le gare di ciclismo, questa infrastruttura è diventata il simbolo dei dubbi sull’organizzazione del grande evento sportivo.

Quando i problemi si trasformano in risorse

“La gente incontrerà una società in conflitto, senza obiettivi, ma i Giochi olimpici saranno un successo in termini di organizzazione. Rio sospenderà le sue attività quotidiane: scuole, imprese, governo, banche saranno chiusi. Agli occhi dei turisti, però, la città darà l’impressione di funzionare”, sostiene Christopher Gaffney.

Ricercatore all’università di Zurigo, questo texano ha vissuto sei anni a Rio de Janeiro, dove ha insegnato in un’università. Secondo lui, le Olimpiadi non si scontrano solo a difficoltà politiche ed economiche. “La cultura olimpica non è molto diffusa in Brasile. Non esistono politiche pubbliche che stimolano la pratica di sport olimpici”, sottolinea Gaffney.

Ma quando il Comitato internazionale olimpico (CIO) ha scelto Rio, il 2 ottobre 2009 – contro città come Tokyo, Madrid e Chicago – la situazione nel paese era ben diversa. L’80% della popolazione sosteneva il governo, l’economia era prospera e c’era praticamente il pieno impiego. Rio de Janeiro era dunque predestinata ad organizzare le Olimpiadi. “È una città che ha perso il diritto di essere capitale, ha visto l’economia partire a Sao Paulo e la politica a Brasilia. In un certo senso era come una principessa un po’ addormentata che aveva bisogno di una nuova speranza”, afferma il giornalista svizzero Ruedi Leuthold, che da anni vive a Rio de Janeiro.

Il sindaco della città considera che la scelta del CIO non sia frutto del caso. “La nostra forza non sta nelle nostre qualità, ma nelle debolezze. Le abbiamo utilizzate per dire che se le Olimpiadi erano sinonimo di trasformazione, allora era a Rio che bisognava andare e non a Tokyo, Madrid o Chicago, che hanno già tutto”, spiega Eduardo Paes in un’intervista a swissinfo.ch.

E a qualche giorno dall’apertura, il sindaco stila un bilancio positivo. “Non è stato facile. Ora però posso dire che abbiamo un modello innovativo, con importanti capitali privati e una quantità enorme di doni. I nostri stadi sono molto semplici”.

Eco positivo

Questo parere è condiviso anche dagli atleti che sono già stati a Rio per allenarsi. A Deodoro, un quartiere situato ad ovest della città, un gruppo di sportivi ha partecipato a una gara organizzata al Centro nazionale di tiro sportivo, durante la seconda metà di aprile. Si tratta di uno dei 44 eventi test in vista dei Giochi olimpici. “Tutto è molto moderno e simile a ciò che abbiamo visto in altre competizioni”, dice Simon Beyeler, membro della squadra svizzera di tiro.

Simon Beyeler, 33 anni, membro della squadra svizzera di tiro. swissinfo.ch

Specializzato nelle armi di piccolo calibro, questo svizzero di 33 anni considera che per quanto riguarda l’organizzazione e la sicurezza, le aspettative sono soddisfate. “Al nostro arrivo all’aeroporto, le autorità hanno controllato il numero di armi che avevamo e al centro di tiro, queste erano sempre sotto chiave. Nessuno poteva accedervi senza autorizzazione”. L’ingresso del complesso sportivo, situato in una zona militare, era inoltre sorvegliato da soldati armati e da due carri armati, per tutti i dieci giorni dell’evento, al quale hanno partecipato 660 sportivi di 88 paesi.

Alla fine della gara la Federazione internazionale di tiro sportivo ha approvato il complesso, chiedendo soltanto qualche piccolo accorgimento. Membro della squadra svizzera, anche Annik Marguet è rimasta soddisfatta ed è convinta che solo dei fattori esterni potrebbero ostacolare il successo delle Olimpiadi. “Si è svolto tutto senza problemi e sono riuscita ad immaginarmi come sarà in agosto. Vi è comunque un ostacolo: il traffico. Un giorno mi ci sono voluti 50 minuti per arrivare fin qui, mentre un altro ci ho messo due ore”, racconta la 34enne.

Giochi esemplari?

Per alcuni osservatori, quelli Rio 2016 potrebbero entrare nella storia come i Giochi olimpici esemplari. “Al giorno d’oggi, si dà più importanza al progetto urbano che agli investimenti colossali per installazioni sportive che non saranno mai più utilizzate. La candidatura di Rio è un buon esempio: due terzi delle strutture esistevano e funzionavano già. Gli investimenti erano dunque minori rispetto ad altri paesi. Il cuore del progetto era proprio la trasformazione urbana”, afferma Christophe Vauthey, vice console generale.

Le aspettative degli organizzatori sono grandi. Si stima che 800 000 turisti assisteranno ai Giochi olimpici e paraolimpici. In totale 15 000 atleti di 206 delegazioni e 3 200 arbitri parteciperanno alle gare. E l’attenzione dei media è garantita con oltre 30 000 giornalisti accreditati.

Nonostante i problemi del paese, molti svizzeri residenti a Rio sono convinti che non avrebbe potuto esserci scelta migliore. “È una città dove la vita scorre per strada. Si può venire con o senza denaro e si trova sempre un modo per divertirsi. Questa città è come un laboratorio sociale, forse il più grande al mondo, con la particolarità che tutti i ceti sociali convivono da tempo nello stesso luogo”, sottolinea l’artista elvetico Walter Riedweg, residente a Rio dal 1998.

(Traduzione di Stefania Summermatter)

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